Mariella Devia |
Le luci basse e color
d'ambra del Teatro San Carlo di Napoli si confondevano con gli ori e coi
riflessi degli specchi dei palchetti, mentre giungevano a noi, spettatori, gli
squisiti vocalizzi di Mariella Devia e il distinto pianismo di Enrica
Ciccarelli e risuonavano in tutta la bellezza del teatro le note di Ravel, di
Liszt e di Chopin. Questo il cappello allo spettacolo del 17 ottobre nel Teatro
San Carlo di Napoli, dove tutto è cominciato con una composizione per voce e
pianoforte di Maurice Ravel: "Cinq mélodies populaires grecques".
Si sono comportate
benissimo sia la famosa soprano Mariella Devia, capace di cantare con
disinvoltura la musica ritmicamente complessa del compositore francese, sia la
pianista Enrica Ciccarelli, sempre precisa al suo strumento, artefice anche di
una buonissima esecuzione nel brano successivo, sempre di Ravel: una
"Sonatine" per pianoforte, in cui l'italiana si è dimostrata
all'altezza della partitura; è stata anche precisa, forse in questo caso troppo
precisa, nei "Tre sonetti del Petrarca" di Franz Liszt, per
pianoforte e voce, in cui la sua intenzione di essere troppo attinente allo
spartito ha guastato un po' la poesia di questi pezzi, ma non per questo posso
considerare la sua interpretazione non valida, un valore che ha dimostrato di
più in "Un sospiro", sempre di Liszt, un brano solo per pianoforte,
in cui la Ciccarelli ha potuto dare sfogo a tutta la sua libertà
pianisticamente espressiva. "Pace non trovo, e non ho da far guerra,/E
temo, e spero, ed ardo, e son un ghiaccio:/E volo sopra 'l cielo, e giaccio in
terra;/E nulla stringo, e tutto 'l mondo abbraccio.", questa la prima
strofa del sonetto di Petrarca "Pace non trovo", uno di quei tre
sonetti cantati dalla Devia molto bene, forse solo delle volte con qualche
acuto di troppo, più virtuosistico che sensato, vista anche la poeticità della
raccolta lisztiana di questi pezzi, gli "Années de pelerinage",
considerati tra le opere più poetiche e sentimentali mai scritte nella storia
della musica. Nel secondo tempo il programma ha previsto una serie di mazurche
di Fryderyk Chopin in una rielaborazione di Pauline Viardot per voce e
pianoforte. Una rielaborazione piacevole e ben riuscita direi, dove, tra toni
danzanti e melanconici, la pianista e la soprano sono riuscite a esprimere la
leggerezza e la melanconia che contraddistinguono allo stesso tempo il noto
compositore romantico. E per concludere perché non citare una frase di Liszt
per rendere onore al suo bicentenario dalla nascita: "L'uomo respira
liberamente, in mezzo a questa natura amica ... egli può amare, dimenticare e
godere, come prendendo la sua parte di felicità universale".
Stefano Duranti
Poccetti (da ValdichianaOggi, 23 ottobre 2011)
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