È questo un prezioso documento in cui i membri della
compagnia “Progetto Brockenhaus” spiegano cosa significhi per loro il proprio spettacolo “La menta sul pavimento”. Lo scritto è firmato da Elisabetta di
Terlizzi, Francesco Manenti e Riccardo Palmieri.
La menta sul pavimento
DESCRIZIONE
Si abbassa lo sguardo e si entra in un luogo deturpato,
abbandonato, bombardato, lasciato alle intemperie.
La sensazione, inizialmente, è quella di violare l’accesso
di una struttura fragile e friabile che potrebbe crollare da un momento
all’altro.
All'ingresso ci sono due marionette in carne ed ossa con le
giunture arrugginite e difficoltà di movimento. Nel petto un cuore di bambino.
Con loro una cassa. Forse il peso della vita e della memoria che ci portiamo
sulle spalle: si può provare a scordarla e dire che non c'è mai stata oppure
giocare con le deformazioni dei nostri ricordi.
Le marionette-bambino assistono ad una trasmissione
televisiva popolare in cui un uomo di potere, il Presidente, vacilla, non sa
dare una risposta ad una domanda molto importante:
“Quale sarà il futuro dei nostri bambini?”
Il suo silenzio non concede via d’uscita. I due rimangono intrappolati
nella mente dell'anziano uomo politico, in quel luogo silenzioso dove le parole
si sgretolano.
Tutto sembra travisare la realtà in modo falso e grottesco.
Corpi capovolti, gambe sospese in aria, movimenti lenti come
in un liquido amniotico: sono corpi ambigui, senza un dritto ed un rovescio,
che si mescolano e si confondono nella lentezza, nella fragilità e nella
mancanza di gravità. E’ un corpo individuale ed al tempo stesso sono due
identità che si fondono. Identità parallele che riveleranno due destini
distinti e troveranno la via d’uscita - la vera uscita - unicamente verso
l'alto.
Un immaginario in cui il potere trasforma gli individui in
oggetti. Immagini in bilico tra il ricordo del passato ed un futuro posticcio
che non vivono solo nella memoria intima e soggettiva del sogno ma abitano una
più ampia dimensione, quella della memoria collettiva, che a sua volta muta, si
trasforma in stanza/contenitore del pensiero e delle sue molteplici, infinite
forme.
La menta sul pavimento, il titolo che da subito è stato
scelto per lo spettacolo, è un infantile gioco di parole che al suo interno
nasconde più ambiguità: il lamento di una donna, il mentire dei bambini, la
mente che tenta di razionalizzare e la freschezza rigenerante della menta.
Come raccontare il rapporto tra il pensiero politico e la
dualità della natura umana. Come raccontare il dramma dei corpi costretti alla
cecità da una cultura contemporanea che non trova risposta alle sue
contraddizioni e si fa massificante e totalitaria.
Il conflitto sociale del nostro tempo, alimentato dalla
natura oramai perversa di una politica distante e alle volte ridicolmente
misera, è mausoleo per spiriti innocenti.
La crisi che tormenta il primo decennio è una crisi di
spirito, una crisi d'anima, prima che essere una crisi economica. Ma qualcosa
confonde. Disturba un livello comprensivo ampio e libero.
Non c'è risposta a nulla anche perché non ci sono domande
giuste. Sono soltanto le macerie, i simulacri delle domande.
L'immaginario che si apre nella ricerca scorre tra Pier
Paolo Pasolini, Carlo Collodi e Federico Fellini, indugia su Dusan Makavejev,
con attenzione particolare al personaggio interpretato dall’artista Ana Prucnal
nel film “Sweet Movie”.
Strumento del linguaggio proposto è il gesto danzato, il
movimento coreografato che dalla azione concreta strappa suggestioni
all'astrazione.
Nello spazio il corpo che si muove e si trasforma, disegna
la storia narrata esulando dalla descrittività ed indaga le diafane atmosfere
dell'infanzia ricordata da una memoria provocata, indotta.
NOTE
Dopo il primo lavoro si è sviluppata la necessità di dar
vita ad uno spettacolo svincolato dall'atto performativo e la necessità di
approfondire ciò che separa ed unisce mondi differenti: il mondo degli adulti e
quello dell' infanzia, il mondo della politica e quello dell'estetica, il mondo
del conformismo e quello comunista, il mondo del teatro e quello della danza.
Il primo studio, che non esaurisce il desiderio di ricerca
delle tematiche, crea i presupposti per la collaborazione con il regista
teatrale Riccardo Palmieri che entra nel progetto in veste di "occhio
esterno" del lavoro. Riccardo Palmieri porta con sé una visione liturgica
del teatro, nel quale particolare attenzione è data al pensiero, alla metafisica
, alla composizione strutturale del lavoro. Con il suo aiuto, in una seconda
trance di prove, abbiamo approfondito il materiale già presente, cercando di
dare una strutturazione più coerente ed unitaria allo spettacolo.
La necessità della contaminazione artistica come strumento
ed allo stesso tempo come obiettivo non è solo sfida concettuale della
contemporaneità ma è contenuto, materiale della ricerca metodologica delle arti
sceniche contemporanee.
Contaminarsi, con il preciso scopo di ibridare linguaggi per
estrapolare chiavi e metodologie nuove: ed in fine aprire una rinnovata
espressione del linguaggio performativo e dell'arte scenica. Danza e Teatro si
confrontano impegnati in un immaginifico dialogo che, da un territorio comune
si snoda prima verso l'una poi verso l'altro, per attraversare, alla fine,
entrambi e poter giungere in territori che si affrancano dalle etichette e
dalle definizioni. In questo territorio comune il teatro, nella sua accezione
più ampia, torna ad essere unità espressiva dove le sue derivazioni e le sue
infinite e possibili varianti trovano forma e contenuto aprendosi ad un
pensiero più forte.
La menta sul pavimento nella struttura scenica appartiene a
questa categoria di ricerca che trova nello sviluppo e nella commistione dei
linguaggi scenici linfa e stimolo espressivo, versando su un’onda libertaria -
ma al tempo stesso codificata e strutturata in un pensiero consapevole - il
proprio potenziale creativo.
L'incontro artistico tra danza, pittura, teatro e video
riserva le sorprese e le aperture di molti campi di indagine le cui
esplorazioni lasciano ancora margine di innovazione. Nella trappola delle
parole, nell'usare ricerca, nuovo, innovativo, è facile cadere nella retorica
ambiziosa della sopravvalutazione del proprio progetto, del proprio spettacolo
riferendosi ad esso come risultato di nuove forme espressive.
Ricercare e innovare significa invece esplorare con maggiore
cura il processo creativo, il percorso artistico che tende ad un risultato
nuovo, cioè differente, da quello che il canone solitamente può indicare.
Nella costruzione de La menta sul pavimento la
commistione danza-pittura-teatro cerca
l'esposizione e la traslazione delle tematiche prese in esame attraverso
l'unione di poetiche differenti - alle volte in conflitto tra loro - con
l'obiettivo di creare uno spettacolo dove esse, riunite ed esplorate, possano
generarne una nuova che ne sia paradossalmente matrice.
Nessun commento:
Posta un commento