Che vi piaccia o meno, come chitarrista (nel mio caso) o
come strumentista qualsiasi, siete in realtà un cantante. Prima un musicista
accetta questo fatto, prima so che miglioreranno esponenzialmente le capacità musicali di quel musicista.
In un contesto d’improvvisazione o di composizione,
essenzialmente si traduce ciò che l’orecchio sente con le dita. Quando un
musicista si esercita su delle scale o su pattern di scale su alcuni accordi o
passaggi armonici, in teoria non fa altro che abituare le dita ad eseguire la
componente fisica necessaria per costruire il linguaggio della musica. Ma in
realtà non è tutto. Intenzionalmente o meno, il cervello sta anche
“registrando” la musica o il componente musicale di quell’esercizio. Quando il
musicista interiorizza o metabolizza una frase o un passaggio, gli capiterà poi di riuscire a sentirla prima ancora di eseguirla e quindi potrà anticipare
cosa vorrà sentire.
Se si aggiunge l’elemento vocale all’esercizio tecnico sullo
strumento, si imprimeranno più velocemente nel cervello le frasi/tecniche
relative allo studio e si automatizzerà più consapevolmente il nuovo
vocabolario che verrà eseguito istintivamente poi durante la performance.
Inoltre, conoscerete meglio il manico (nel caso della chitarra) e visualizzerete
meglio le distanze tra le note e i rapporti tra i suoni (in pratica gli
intervalli).
Questo non ha nulla a che vedere con il “vocal training” di
chi aspira ad essere cantante (che può tuttavia essere anch’esso utilissimo).
Il concetto qui è di creare un legame ancora più forte tra il vostro cervello
(orecchio) e le vostre dita, in modo da essere completamente padroni delle
vostre scelte melodiche, il che vi renderà migliori compositori o
improvvisatori (nei dovuti tempi ovviamente).
Più sarete in controllo delle vostre scelte melodiche, più sarete poi liberi di concentrarvi sull’utilizzo del tempo o l’aspetto ritmico
della musica (spesso un’area sottovalutata dove invece, a mio parere, si
distinguono i grandi di qualsiasi genere). Di conseguenza i benefici sono
multipli ed interconnessi.
Un buon posto per cominciare sono intervalli di due note.
Scegliete una nota qualsiasi, determinate la tonalità, poi suonate quella nota
e la terza della scala maggiore (si presuppone sappiate formare una scala
maggiore - in caso contrario e se vostro interesse approfondire, contattatemi
pure -). Suonate le due note e poi cantatele, ripetutamente. Poi ripetete
l’esercizio con tutte le note della scala, cominciando con quinta e settima, poi
seconda, quarta e sesta. Prestate particolare attenzione alla terza e settima,
spesso note che riassumono l’accordo sottostante. Passate poi a triadi
(sequenze di tre note alla volta), scale intere e poi accordi interi.
Assicuratevi che ciò che suonate sia in accordo con ciò che cantate. Se non
siete sicuri, registratevi e riascoltate e, se ancora in dubbio, chiedete pure a
qualche familiare o persona di fiducia.
Non dimenticatevi di aggiungere “feeling” al vostro canto, e
di conseguenza anche sullo strumento, replicando ogni sfumatura che potete
immaginare. Un esempio classico è quello del vibrato sugli strumenti a corda.
Anche se non siete appassionati di jazz, un esempio massimo
del concetto sovraesposto lo offre il chitarrista George Benson che spesso
improvvisa e canta contemporaneamente le linee melodiche esposte sullo
strumento, in tempo reale. Ascoltate il brano “At the Mambo Inn” (iniziando al
minuto 4:02), tratto dall’album Tenderly.
Dario Napoli
Sull’autore dell'articolo:
Dario Napoli è un chitarrista professionista, produttore,
compositore e insegnante. Il suo ultimo progetto è DIENNE MANOUCHE e ha
pubblicato un album intitolato GYPSY BOP distribuito anche su itunes e Cdbaby
(http://www.cdbaby.com/cd/diennemanouche). Dario insegna privatamente e al
Laboratorio Musicale Varcobianco di Castiglion del Lago (www.varcobianco.it)
Per chi volesse contattarlo:
darionapoli74@hotmail.com
www.darionapoli.com
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