09 febbraio, 2012

Brahms, Grieg, Čajkovskij a Santa Cecilia. Lo scettro al “pittore della tastiera” Evgeny Kissin




Evgeny Kissin
L’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia entra in scena accompagnata dagli applausi del pubblico e, all’arrivo del direttore James Judd, la serata musicale prevista all’Auditorium Parco della Musica di Santa Cecilia di Roma domenica 5 febbraio 2012 comincia sulle note di Johannes Brahms, con la sua “Tragishe Ouvertüre” (Ouverture Tragica) op. 81, gemella di quella più conosciuta: La “Ouverture Accademica”, composta da un tono melodico più leggero e vivace rispetto alla Tragica, molto più drammatica e, del resto, anche assimilata dalla critica, in modo opinabile, al “Coriolano” di Beethoven.
L’orchestra si comporta molto bene sotto la guida di James Judd, che mentre batte il tempo non si dimentica di “disegnare” le emozioni che l’orchestra deve “dipingere”. La strumentazione è molto limpida e pulita e anche gli stacchi più vistosi scorrono tra loro con fluidità, in questo pezzo che, a mio parere, è drammatico, ma non “profondo”. Quelle di Brahms sono ouverture che non seguono un percorso letterario o immaginifico: quella di Brahms è musica per la musica, contrariamente per quanto avviene per le ouverture di Beethoven, di Schumann, per i poemi sinfonici di Liszt. È inconciliabile per me il paragone tra questa Tragica e il Coriolano, dove quest’ultimo ha un’intensità nettamente superiore, avendo intenzione di evocare qualcosa – la Tragica non evoca niente. Dunque grande drammaticità per questo pezzo, una drammaticità puramente musicale e non extra – musicale, un tipo di drammaticità resa benissimo dall’Orchestra di Santa Cecilia.
Il brano termina tra gli applausi e il pianoforte viene accuratamente portato al centro del palcoscenico: è giunto il momento del tanto atteso pianista russo Evgeny Kissin e già ci emozioniamo prima che incominci a suonare. Tutto è pronto ed ecco le prime note del “Concerto il La minore per pianoforte e orchestra op. 16” di Edvard Grieg.
James Judd
A dire il vero non so di preciso cosa dire e cosa scrivere se non che sono rimasto estasiato e quasi paralizzato davanti all’Arte di questo grande pianista, che posso giustamente definire un Artista. Così pulito sulla tastiera come non ho mai sentito nessuno, riesce a unire grande tecnica a grande interpretazione emotiva – a dire il vero per lui la tecnica è automatica, non si deve sforzare, per lui è tutto facile, e allora ha il buon senso di impegnarsi per regalare la spiritualità del brano, facendoci anche commuovere in sala. Ascoltando Kissin non ascolto il pianista che suona, ma ascolto la musica. Quella musica che con lui giunge alla perfezione della “musica delle sfere”. Sotto le sue mani le note acquisiscono un’anima, un’anima che ci arriva fino al cuore. Inutile dire è che il pianista russo è uno dei massimi esponenti contemporanei di questo strumento e sono convinto di dire che un giorno sarà annoverato tra i più grandi interpreti di tutti i tempi. Può darsi che mi sbagli, ma questo non m’importa, quello che m’importa è che mi sento fortunato a essere vissuto nell’epoca di questo grande musicista che, dopo essersi cimentato con questo concerto dai temi scandinavi e in cui si passa da melodie allegre ad altre liriche, concede due bis al suo pubblico: dal “Carnaval”, sempre di Grieg e uno “Studio” di Chopin. Soprattutto nel primo – che è un brano molto colorito musicalmente, Kissin dimostra ancora il suo grande talento e fa scaturire da ogni nota un colore e un’intensità diversa – in effetti lo potrei definire in un certo qual modo il “pittore della tastiera”.
E quando il pittore ha finito il suo quadro se ne va via tra i “bravo!” e le acclamazioni più concitate degli ascoltatori, mentre l’orchestra e il maestro James Judd restano sul palco, perché è giunto il momento della “Sinfonia n. 2 in Do minore op. 17 (Piccola Russia)” di Pëtr Il'ič Čajkovskij.
Se all’inizio si è ascoltata musica per la musica, in questo caso invece udiamo tutt’altro: una vera e propria intenzione di creare immagini e di suscitare forti emozioni. Veramente una Russia in miniatura questa sinfonia, dai toni eroici, mitici, lirici e sentimentali, in cui, come è tipico nella musica del compositore russo, si passa da alti a bassi, da vistosi crescendi a soffici diminuendi, in cui non viene dimenticato il protagonismo di ciascuno strumento della gamma orchestrale, un protagonismo tramite cui si giunge a coloriture timbriche e a globali cromatismi. Tutto questo reso ancora bene dall’Orchestra diretta da James Judd, capace di far dialogare in modo chiaro gli strumenti tra loro.
Una bella serata di musica insomma, in cui non ho trovato sbavature, a parte la mia tosse che, purtroppo, non mi ha lasciato per tutto il concerto e a parte il problema neve, che ha portato l’evento da sabato a domenica. Una neve che forse avrà fatto sentire Kissin più a casa sua. Già, Kissin, è a lui che do lo scettro della serata: al “pittore della tastiera”.

Stefano Duranti Poccetti

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