Un mondo parallelo, una serie di
personaggi senza tempo che lo abitano, la musica che li accompagna in tutto il
loro viaggio, la guerra che distrugge, la speranza che cerca di combattere contro
la finzione della comprensibilità. Tutto questo in uno spazio indefinito - in
Danimarca e altri paesi dell’Europa - in cui gli attori dell’Odin Teatret si
muovono in modo naturale e spontaneo, anche se di certo non simile alla realtà.
Di verosimile, infatti, c’è ben poco, se non le emozioni che gli attori
riescono ad esprimere, nonostante la mescolanza di lingue (rumeno, danese,
cileno, italiano e inglese) non permetta di comprendere fino in fondo tutti i
dialoghi. La storia è quella dei primi mesi dopo una guerra civile, attorno al
2031. Un’epoca futura, di cui quindi non possiamo già conoscere le fattezze. “Molte
voci, giorno e notte, con molti mezzi, pretendono di spiegarci i differenti
perché della storia che assedia le nostre vite e minaccia di trascinarle nel
caos.” Scrive Barba dimostrando l’inclinazione caotica dello spettacolo.
Un’esplosione di sensi, di allusioni, un bombardamento di figure che non
possono essere vicine alla nostra esperienza, ma che inevitabilmente ci
toccano, come se andassero a ripescare emozioni cui non possiamo dare neanche
un nome. La prima reazione a seguito dello spettacolo è, infatti, di mutismo:
non ci sono parole per descrivere ciò che ci è stato raccontato. Facile
affermare che gli attori, con il corpo, la voce e il canto si sono dimostrati
ottimi performer, ma non è facile capire perché la biografia di quelle persone
sofferenti e tormentate ha innescato una viva partecipazione in noi. Forse
quello che capisce uno spettatore è tutt’altro di quello che, invece, interpreta
un altro, ma non c’è risposta giusta e sbagliata agli interrogativi che i
protagonisti di “La vita cronica” si pongono. Una rifugiata cecena che piange
il marito morto, una madonna nera vestita di strani drappi che delirante taglia
l’aria con una spada, una casalinga rumena intenta a mangiare e pulire in
continuazione che prova più volte a suicidarsi, un avvocato danese, un vecchio
rocker delle isole Faroe, un ragazzo sudamericano che cerca suo padre
scomparso, la vedova di un combattente basco, una violinista di strada, due
mercenari. Questi sono i protagonisti dello spettacolo di Eugenio Barba.
Sara Bonci
"La prima reazione a seguito dello spettacolo è, infatti, di mutismo"
RispondiEliminaSì, in effetti è successo anche a me quando l'ho visto. Tanto che mi sono stupito di come alcune persone tra il pubblico fossero già in grado di formulare opinioni critiche all'istante dopo averlo appena visto, senza rimuginarci su.(Max)
Mi hanno stupito anche gli applausi. Ero lì immobile ed esterefatta e mi sembrava così superfluo e fuori luogo quel convenzionale battere di mani. Sara
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