Un’atmosfera cupa, in
cui si respira un clima di mestizia e povertà e in cui pare che, veramente, i
Cavalieri dell’Apocalisse siano scesi sulla terra per portare le loro sciagure.
In questi ambienti si aggira il professor Heinrich Faust (Johannes Zeiler),
dotto in fisiologia, filosofia e astronomia, che, a seguito della conoscenza
del Diavolo Mefistofele (Anton Adasinsky) - a dire il vero nel film non si
chiama così, ma Mauritius -, diverrà un assassino, uccidendo, anche se
involontariamente, Valentino (Florian Brückner), il fratello di Gretchen, o Margherita
(Isolda Dychauk), la ragazza di cui si è innamorato, la quale sarà sedotta
dallo stesso Faust a seguito del contratto firmato da quest’ultimo a
Mefistofele. Solo alla fine Faust riuscirà a ribellarsi, quando, dopo essere
stato eletto “imperatore fantoccio”, in occasione della “Notte classica di
Valpurga” (per la verità da Sokurov ridotta solamente all’incontro tra Faust e
l’anima di Valentino, trascurando invece l’aspetto più magico di questa notte,
senza prendere in considerazione streghe e personaggi mitologici) abbandona
Belzebù dopo averlo sepolto di sassi andando verso una voce angelica che lo
chiama.
Come nel film è scritto
testualmente prima del suo inizio, Il “Faust” di Sokurov è tratto dal soggetto
caposaldo della letteratura tedesca e mondiale di Goethe – soffermandosi in
particolare sull’innamoramento tra Faust e Margherita, estrapolandola in modo
opinabile da un contesto molto più ampio. Adesso, ci vorrebbe un vero e proprio
trattato per fare un parallelo tra il film e l’opera letteraria e non mi sembra
adeguato in questo ambito di recensione.
È chiaro che si tratta
di una “opera filmica di citazione”: le citazioni sono innumerevoli e non si
limitano a quelle dalla omonima opera goethiana. Di Goethe ci sono riferimenti anche
ad altri scritti, come per esempio alla ballata “Heideröslein” (Rosellina della
landa), citata proprio da Mefistofele all’inizio, come metafora di prendere una
donna con la forza, nonostante questa cerchi di pungerti – il riferimento è a
Margherita. Tra le tante un’altra citazione è quella dal “Don Chisciotte” di
Cervantes, perché, alla fine, Dopo che Faust è riuscito a sedurre e possedere
Margherita e che la madre della fanciulla (Antje Lewald) è stata uccisa dal
Diavolo, i due protagonisti se ne vanno in giro vestiti con armature da teatro,
sopra bellissimi cavalli arabi, e sembrano proprio un Sancho Panza e un Don
Chisciotte, uomini illusi di essere cavalieri – in questo caso addirittura
imperatori. Tante anche le citazioni pittoriche di stampo fiammingo, grazie
alle quali molte scene sono costruite.
La grande differenza
tra film e libro è che il film è la caricatura del libro, dove si manifestava
la vera potenza di Mefistofele (quella potenza che poteva VERAMENTE dare un
impero a Faust), mentre nel film il Diavolo manifesta la sua impotenza, in
tutti i sensi. Il Mefistofele di Sokurov è un mostro ridicolo, con un corpo
mostruoso senza fallo, e preso in giro di conseguenza dalle donne; è poi un
buffone, un pervertito che è costretto a cercare di possedere le statue sacre
non potendo possedere le donne; è un malato, un usuraio, un inetto che quasi
non sa parlare e che non sa neanche scrivere il contratto per Faust (è un
Diavolo tra gli uomini). Mefistofele è una creatura a cui nessuno crede, che
tutti prendono a calci: il Mefistofele di Sokurov NON È CREDIBILE; non è
Mefistofele, è la sua maschera: una maschera da commedia dell’Arte! Mentre
quello di Goethe era deciso, attraente, intelligente e, perché no, delle volte
anche disponibile a fermarsi a riflettere sul mondo degli uomini, quello del
film, che ha vinto il Leone d’oro a Venezia, è tutto l’opposto. Il Diavolo per
Sokurov è malato, il male è malato, ed è qui, credo, che il film fallisce, dove
non viene attribuita la dignità che si deve al Diavolo, dove non viene
attribuita la dignità che si deve al Male, un Male, questo sembra chiaro in
Goethe, senza la quale il Bene non può esistere.
Meglio la figura di
Faust, coi suoi eterni contrasti interiori tra anima/corpo, vita/morte, che,
“per meritarsi” il Diavolo, dà in pegno la sua pietra filosofale. In Goethe
comunque si trattava di un Faust molto più deciso a volere incontrare
Mefistofele e lo invocava con libri di magia e con tutte le sue forze. La
figura di Wagner (Georg Friedrich) è stata resa da Sokurov come un frustato
alla ricerca della gloria, ed è per questo che crea “Homunculus”, personaggio
qui appena citato, in Goethe fondamentale.
Nonostante questo rendo
merito a tutti gli attori, che hanno veramente interpretato i personaggi
richiesti al meglio e ritengo interessantissimi anche i tecnicismi registici
oramai consoni a Sokurov (lunghe inquadrature estatiche su primissimi piani;
inquadrature oblique; gioco di luci diverso per ogni scena, a valore simbolico
e significante). Bisogna considerare che questa pellicola è stata girata con un
budget piuttosto basso, ed è un merito quello di essere riusciti a sintetizzare
le vicende di Faust, Mefistofele e Margherita in pochi ambienti (molti
esterni).
Costante del film è la
presenza di animali selvatici, perché il Diavolo è associato all’istinto
animale. Un Diavolo che di certo in questo film ha perso illegittimamente la
propria dignità. Il bell’ angelo ribelle caduto dal cielo è stato reso con più
efficacia da altri film (ultimamente “Parnassus”, per fare un esempio) e il mio
istinto di citare anche lo splendido personaggio della Morte del “Settimo
Sigillo” di Bergman è forte, anche se si rischia di andare un po’ fuori
discorso – in questo caso dovremmo chiederci se la Morte e il Diavolo sono la
stessa cosa.
In ogni caso un film
che vale la pena di essere visto (molto valido sotto il profilo tecnico), anche
se la sceneggiatura non convince e anche se la figura di Mefistofele,
ribadisco, non è di mio gusto. Ricordo ancora con amore il “Faust” di Murnau e,
guardando questo nuovo film, non nascondo che mi è un po’ mancato.
Regia: Aleksander
Sokurov
Sceneggiatura:
Aleksander Sokurov
Con: Hanna Schygulla,
Antoine Monot Jr., Georg Friedrich, Maxim Mehmet, Isolda Dychauk, Joel Kirby,
Eva-Maria Kurz, Florian Brückner, Johannes Zeiler
Fotografia: Bruno
Delbonnel
Musiche: Alexander
Zlamal
Produzione: Proline
Film
Distribuzione:
Archibald Film
Paese: Russia 2011
Genere: Drammatico
Durata: 134 Min
Stefano Duranti
Poccetti
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