06 febbraio, 2012

Il “Faust” di Sokurov. Un Mefistofele da Commedia dell’Arte



Un’atmosfera cupa, in cui si respira un clima di mestizia e povertà e in cui pare che, veramente, i Cavalieri dell’Apocalisse siano scesi sulla terra per portare le loro sciagure. In questi ambienti si aggira il professor Heinrich Faust (Johannes Zeiler), dotto in fisiologia, filosofia e astronomia, che, a seguito della conoscenza del Diavolo Mefistofele (Anton Adasinsky) - a dire il vero nel film non si chiama così, ma Mauritius -, diverrà un assassino, uccidendo, anche se involontariamente, Valentino (Florian Brückner), il fratello di Gretchen, o Margherita (Isolda Dychauk), la ragazza di cui si è innamorato, la quale sarà sedotta dallo stesso Faust a seguito del contratto firmato da quest’ultimo a Mefistofele. Solo alla fine Faust riuscirà a ribellarsi, quando, dopo essere stato eletto “imperatore fantoccio”, in occasione della “Notte classica di Valpurga” (per la verità da Sokurov ridotta solamente all’incontro tra Faust e l’anima di Valentino, trascurando invece l’aspetto più magico di questa notte, senza prendere in considerazione streghe e personaggi mitologici) abbandona Belzebù dopo averlo sepolto di sassi andando verso una voce angelica che lo chiama.
Come nel film è scritto testualmente prima del suo inizio, Il “Faust” di Sokurov è tratto dal soggetto caposaldo della letteratura tedesca e mondiale di Goethe – soffermandosi in particolare sull’innamoramento tra Faust e Margherita, estrapolandola in modo opinabile da un contesto molto più ampio. Adesso, ci vorrebbe un vero e proprio trattato per fare un parallelo tra il film e l’opera letteraria e non mi sembra adeguato in questo ambito di recensione.
È chiaro che si tratta di una “opera filmica di citazione”: le citazioni sono innumerevoli e non si limitano a quelle dalla omonima opera goethiana. Di Goethe ci sono riferimenti anche ad altri scritti, come per esempio alla ballata “Heideröslein” (Rosellina della landa), citata proprio da Mefistofele all’inizio, come metafora di prendere una donna con la forza, nonostante questa cerchi di pungerti – il riferimento è a Margherita. Tra le tante un’altra citazione è quella dal “Don Chisciotte” di Cervantes, perché, alla fine, Dopo che Faust è riuscito a sedurre e possedere Margherita e che la madre della fanciulla (Antje Lewald) è stata uccisa dal Diavolo, i due protagonisti se ne vanno in giro vestiti con armature da teatro, sopra bellissimi cavalli arabi, e sembrano proprio un Sancho Panza e un Don Chisciotte, uomini illusi di essere cavalieri – in questo caso addirittura imperatori. Tante anche le citazioni pittoriche di stampo fiammingo, grazie alle quali molte scene sono costruite.
La grande differenza tra film e libro è che il film è la caricatura del libro, dove si manifestava la vera potenza di Mefistofele (quella potenza che poteva VERAMENTE dare un impero a Faust), mentre nel film il Diavolo manifesta la sua impotenza, in tutti i sensi. Il Mefistofele di Sokurov è un mostro ridicolo, con un corpo mostruoso senza fallo, e preso in giro di conseguenza dalle donne; è poi un buffone, un pervertito che è costretto a cercare di possedere le statue sacre non potendo possedere le donne; è un malato, un usuraio, un inetto che quasi non sa parlare e che non sa neanche scrivere il contratto per Faust (è un Diavolo tra gli uomini). Mefistofele è una creatura a cui nessuno crede, che tutti prendono a calci: il Mefistofele di Sokurov NON È CREDIBILE; non è Mefistofele, è la sua maschera: una maschera da commedia dell’Arte! Mentre quello di Goethe era deciso, attraente, intelligente e, perché no, delle volte anche disponibile a fermarsi a riflettere sul mondo degli uomini, quello del film, che ha vinto il Leone d’oro a Venezia, è tutto l’opposto. Il Diavolo per Sokurov è malato, il male è malato, ed è qui, credo, che il film fallisce, dove non viene attribuita la dignità che si deve al Diavolo, dove non viene attribuita la dignità che si deve al Male, un Male, questo sembra chiaro in Goethe, senza la quale il Bene non può esistere.
Meglio la figura di Faust, coi suoi eterni contrasti interiori tra anima/corpo, vita/morte, che, “per meritarsi” il Diavolo, dà in pegno la sua pietra filosofale. In Goethe comunque si trattava di un Faust molto più deciso a volere incontrare Mefistofele e lo invocava con libri di magia e con tutte le sue forze. La figura di Wagner (Georg Friedrich) è stata resa da Sokurov come un frustato alla ricerca della gloria, ed è per questo che crea “Homunculus”, personaggio qui appena citato, in Goethe fondamentale.
Nonostante questo rendo merito a tutti gli attori, che hanno veramente interpretato i personaggi richiesti al meglio e ritengo interessantissimi anche i tecnicismi registici oramai consoni a Sokurov (lunghe inquadrature estatiche su primissimi piani; inquadrature oblique; gioco di luci diverso per ogni scena, a valore simbolico e significante). Bisogna considerare che questa pellicola è stata girata con un budget piuttosto basso, ed è un merito quello di essere riusciti a sintetizzare le vicende di Faust, Mefistofele e Margherita in pochi ambienti (molti esterni).
Costante del film è la presenza di animali selvatici, perché il Diavolo è associato all’istinto animale. Un Diavolo che di certo in questo film ha perso illegittimamente la propria dignità. Il bell’ angelo ribelle caduto dal cielo è stato reso con più efficacia da altri film (ultimamente “Parnassus”, per fare un esempio) e il mio istinto di citare anche lo splendido personaggio della Morte del “Settimo Sigillo” di Bergman è forte, anche se si rischia di andare un po’ fuori discorso – in questo caso dovremmo chiederci se la Morte e il Diavolo sono la stessa cosa.
In ogni caso un film che vale la pena di essere visto (molto valido sotto il profilo tecnico), anche se la sceneggiatura non convince e anche se la figura di Mefistofele, ribadisco, non è di mio gusto. Ricordo ancora con amore il “Faust” di Murnau e, guardando questo nuovo film, non nascondo che mi è un po’ mancato.




Regia: Aleksander Sokurov
Sceneggiatura: Aleksander Sokurov
Con: Hanna Schygulla, Antoine Monot Jr., Georg Friedrich, Maxim Mehmet, Isolda Dychauk, Joel Kirby, Eva-Maria Kurz, Florian Brückner, Johannes Zeiler
Fotografia: Bruno Delbonnel
Musiche: Alexander Zlamal
Produzione: Proline Film
Distribuzione: Archibald Film
Paese: Russia 2011
Genere: Drammatico
Durata: 134 Min

Stefano Duranti Poccetti  

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