A dare inizio alla 62esima edizione della
Berlinale è stato il film francese in concorso Les adieux à la Reine di Benoit
Jacquot. Il direttore artistico Dieter Kosslick nella presentazione del
festival aveva anticipato: “Our French opening film Les adieux à la reine sets
the tone”. Il tono di cui parla il direttore è che il cinema non è fatto solo
da scene e costumi, ma anche dalle persone che ritrae. L’ edizione 2012 della
Berlinale, infatti, non ignora i tumulti degli ultimi mesi, e sceglie una serie
di film che, quand’anche non riguardino l’attualità in senso stretto, la
chiamano in giudizio da molte prospettive geografiche e storiche. Ci sarà un focus tutto particolare sull’
Africa e su tutti quei paesi che dal cinema sono stati quasi dimenticati.
L’edizione 2012 della Berlinale diventa spettatrice attenta a tutto quello che
succede oggi in Europa e nel mondo: dalla Primavera Araba al Mondo delle
rivolte.
E come poteva cominciare la mostra se non con
un film che racconta la madre di tutte le rivolte? Les adieux à la reine è
tratto dal romanzo della scrittrice e storica francese Chantal Tomas.
Siamo a Versailles nel Luglio del 1789,
l’inquietudine alla corte del Re Luigi
XVI cresce ogni ora che passa e il paese è sull’orlo della Rivoluzione. Dietro
le quinte dei palazzi reali vengono effettuati i piani di emergenza, anche se nessuno
crede che questo segni la fine di tutti gli ordini costituiti,dove la Regina
Maria Antonietta e il suo entourage parlano di fuga. Una delle dame di Maria
Antonietta è Sindonie Laborde che, come lettrice della Regina è un membro della
cerchia ristretta della monarchia. La Regina, preoccupata che la fuga di una
sua prediletta, la duchessa di Polignac, potrebbe fallire, dà istruzioni alla sua serva, facendola vestire
degli abiti della sua amata. La storia potrebbe definirsi una storia d’amore:
un triangolo che coinvolge le donne in questione e un’altra donna, dove, alla
fine, una delle tre si sacrifica per amore. Ma di tutto il film questo è
l’aspetto meno interessante, è solo un pretesto per raccontare qualcosa di più
grande: la fine di un mondo, attraverso una narrazione che ha il suo punto di
vista dall’interno, composto da lunghe inquadrature nelle stanze reali, nei
corridoi e nei giardini reali. Attraverso la testimonianza minuziosa della
serva innamorata della Regina interpretata dalla bravissima Léa Seydoux,
assistiamo agli stanchi riti di una società moribonda, chiusa nella sua reggia
e incapace di vedere e di capire il cambiamento che scuote la Francia; e, allo
stesso tempo, scopriamo i tratti più segreti dei personaggi della corte e
cogliamo la traccia indimenticabile della grazia e della bellezza di una regina
infelice e sventurata, interpretata dall’austriaca Diana Cruger. Il film è
interamente girato in digitale - nella conferenza stampa che ha seguito il
film, il regista ha detto che: “Girare in pellicola è come girare sui cavalli nell’epoca
delle automobili”.
Fare un film di costume in digitale e a basso
costo non era facile, la fotografia è ottima e la musica non è mai banale,
l’unico neo è la scenografia: mancano le grandi panoramiche, manca il respiro
alle inquadrature, ma quello si sa, con un budget limitato non puoi permetterti
tutto.
Antonio Castaldo, Berlino
complimenti sei già un grande della carta stampata !!!!
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