19 aprile, 2012

"La favola del figlio cambiato", pareva un deforme, ma diventava un re




Teatro Pietro Aretino, Arezzo. Venerdì 13 aprile 2012


Un cordone rosso che dall’alto si adagia su un palcoscenico vuoto. E una madre, sola e trasandata, che con l’animo lacerato dal dolore racconta la sua storia: le “Donne”, streghe del vento e della notte, le hanno portato via il figlio, scambiandolo con un essere deforme. Inizia così, al Pietro Aretino, “La favola del figlio cambiato” di Luigi Pirandello. Un pubblico rapito da tanto dolore segue la storia affascinato tanto dal testo quanto dall’interpretazione. Pirandello scrive la sua favola in versi e la compagnia recita in modo ammirevole senza tralasciare nessuna rima, seguendo il ritmo poetico. Si avvertono solo un paio di sbavature, sfuggite ai più per la bravura degli attori nel riprenderle. I registi puntano su scenografie essenziali per la riuscita dello spettacolo. Un’ottima intuizione, funzionale alle dimensioni del teatro. In questo modo, il dolore si propaga nel piccolo teatro, che al tempo stesso diventa guscio protettivo e specchio proiettore del dramma materno, la cui eco raggiunge nell’intimo tutto il pubblico femminile. Merito della protagonista (Sara Fabbroni), che con gesti puntuali, urla e allusioni alla notte del rapimento, trasforma il suo dolore intimo in un dolore universale: il dolore del coro delle madri, unite dal lungo cordone rosso -  rimando al cordone ombelicale - che avvolge il ventre di ognuna di loro. Il palcoscenico diventa un luogo cupo, metafora  della nera anima di una madre angosciata.  Niente traspare della Sicilia a cui Pirandello aveva pensato per ambientare la sua favola. La dimensione spazio-temporale si annulla. Una scelta registica questa che punta a rendere la favola pirandelliana possibile in ogni dove: una madre costretta a vivere lontana da suo figlio, che nel frattempo è cresciuto alla reggia come un principe, sebbene malato e infelice.  Per riacquistare la salute, il vero figlio viaggia fino al paese di mare in cui vive sua madre. La sua malinconia svanisce e, rinunciando a tutti gli onori, decide di rimanere con la madre ritrovata. Sopraggiunge Figlio di re (il figlio deforme che le streghe avevano lasciato alla donna) che gli si getta contro cercando di ucciderlo, ma il principe riesce a evitare il colpo. La drammaticità che pervade il personaggio raggiunge il suo culmine nell’urlo acuto e possente che Figlio di re lancia dopo aver mancato il colpo. Il personaggio, il più intenso di tutti, interpretato da Enrico Gasperini, riesce a suscitare nel pubblico un grande effetto empatico, per la grande umanità che trasmette: lui, l’essere deforme sempre calunniato, si ribella, rompendo la calma della scena. E sarà poi lui ad essere incoronato re, circondato dal popolo che gli fa una grande festa, come legittimo che sia. Una favola a lieto fine che presenta tutti gli elementi pirandelliani: dalla sacra maternità alla teoria dell’apparire. “La favola del figlio cambiato”, scritta da Pirandello sul finire della sua carriera, è oggi poco rappresentata, ma si regge su un testo in versi molto raffinato, che la compagnia degli Ostinati ha reso con grande espressività.

La favola del figlio cambiato

di Luigi Pirandello

regia di Amina Kovacevich e Uberto Kovacevich

con Orazio Anania, Mila Arbia, Dina Biagioni, Sara Fabbroni, Enrico Gasperini, Maria Rosa Marchi, Maria Cristina Mazzeschi, Ciro Sommella, Maria Vona
e con Stefano Concialdi, Stefano Graverini e Helenia Rapini
produzione: Libera Accademia del Teatro – Compagnia degli Ostinati


Micaela Caporale

1 commento:

  1. Gran bel lavoro da parte degli attori e dei registi (Ma non avevo dubbi). Gran bel lavoro anche da parte del recensore. Manca solo una nota sulle bellissime musiche che hanno fatto da colonna sonora a questo bellissimo spettacolo, enfatizzando e sottolineando gli aspetti più drammatici e misteriosi; e quelli più "frivoli". (Mira e Scatta)

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