07 aprile, 2012

VIAGGIO ATTRAVERSO L'IMPOSSIBILE - sogni di cinema. Quarta puntata: L' UOMO CHE VISSE NEL FUTURO, a cura di Francesco Vignaroli



L' UOMO CHE VISSE NEL FUTURO 
(the time machine)     
USA, 1960  98'  COLORE

REGIA : GEORGE PAL

INTERPRETI : ROD TAYLOR, YVETTE MIMIEUX, ALAN YOUNG, SEBASTIAN CABOT, TOM HELMORE, DORIS LLOYD, WHIT BISSELL

EDIZIONE DVD : Sì, distribuito da WARNER HOME VIDEO

Regno Unito, sera del 31 Dicembre 1899. Per festeggiare degnamente l'arrivo del nuovo secolo, il giovane scienziato e inventore George (Taylor) invita alcuni amici ad assistere ad un esperimento che, in caso di riuscita, cambierà (letteralmente) la storia dell'uomo: ha inventato la macchina del tempo. Dopo averne fatto scomparire un prototipo in miniatura verso un'epoca imprecisata, davanti agli sguardi derisori e poco interessati degli invitati, decide di collaudare personalmente la macchina vera e propria, destinazione futuro. Dopo tre soste forzate, in corrispondenza di altrettante guerre -i due conflitti mondiali nel 1917 e nel 1940, più l'immaginaria (ma all'epoca purtroppo plausibilissima) apocalisse atomica del 1966-, procede per cause di forza maggiore fino all'anno 802701; il paradisiaco scenario naturale che si mostra al suo sguardo cela in realtà un mondo diviso in due fazioni: in superficie vivono i biondissimi eloi dalle sembianze ancora umane, pacifici, apatici, indolenti, regrediti sia culturalmente che politicamente (non hanno il minimo interesse per il sapere, non conoscono né fuoco né scrittura, non lavorano, non possiedono una struttura sociale, non vi sono istituzioni...); nel sottosuolo vivono i mostruosi Morlocks, umanoidi degenerati e cannibali dotati di tecnologia che trattano gli Eloi alla stegua di bestie d'allevamento, provvedendo al loro sostentamento (cibo e pure vestiti) per poi mangiarseli. Innamoratosi di Weena, la bella Eloi cui ha già salvato una volta la vita (traendola in salvo dalle rapide di un fiume, sotto lo sguardo indifferente degli altri suoi simili), George decide è che arrivato il momento di rovesciare il regime dei Morlocks (che nel frattempo gli hanno sottratto la macchina del tempo) e risvegliare negli Eloi le prerogative umane perdute: curiosità, solidarietà, conoscenza. Solo su queste basi si potrà costruire un ordine nuovo per un mondo nuovo, dove forse ci sarà posto anche per lui.

Sfida alla quarta dimensione dello spazio (il tempo), per questo gioiellino di fantascienza pacifista, progressista e utopica, tratto dal romanzo "LA MACCHINA DEL TEMPO" del 1895 di H.G.Wells (di cui il protagonista rappresenta l'alter ego, come mostra l'iscrizione sulla macchina, "MANUFACTED BY H.G.WELLS").
Negli anni della guerra fredda (è sempre fondamentale contestualizzare un'opera), col rischio di un olocausto atomico ad ogni piè sospinto -la Crisi dei missili di Cuba, che rappresenta il  momento di massimo avvicinamento al punto di non ritorno del conflitto atomico da parte dell'umanità, avverrà soltanto due anni dopo, nell'Ottobre 1962- appaiono più attuali e opportune che mai le intuizioni e le preoccupazioni intorno all'impresa scientifica di cui si fa portatore il protagonista: quali limiti deve porsi la scienza? Quali sono le sue responsabilità (doveri) etiche e sociali? E' giusto che la ricerca scientifica si ponga al servizio dell'industria bellica (come suggerito a George dagli avidi testimoni dell'esperimento, tutti "affaristi" di professione) mettendo le proprie conoscenze a disposizione di un'attività umana potenzialmente (anzi,togliamo pure l'avverbio) più dannosa che utile all'umanità? George ha le idee molto chiare in proposito ed è per questo che rimane allibilto e indignato di fronte alle proposte dei suoi ospiti, che lo sollecitano a trovare il modo di monetizzare la scoperta ("HA MAI PENSATO ALLE POSSIBILITA' COMMERCIALI?") e  ad occuparsi di qustioni ben più utili alla nazione, impegnata nella guerra ai boeri in Sudafrica. Non sono soltanto il fascino dell'ignoto e l'inesauribile sete di sapere a spingere il nostro inventore a compiere questo salto nel buio, c'è anche un forte desiderio di fuggire dal mondo così come è diventato, da questo becero e arido utilitarismo figlio della rivoluzione industriale ormai imperante, che sta traviando l'impresa scientifica dai suoi intenti originari portandola ad allinearsi a nuovi ideali nei quai George sa di non potersi identificare. Nulla sembra vincolarlo al suo presente, non ha neppure (a ribadire la sua radicale alterità al contesto) un legame sentimentale. E' evidente: nel nascente XX secolo non c'è posto per lui, come gli confermerà una volta di più il ritorno dal suo VIAGGIO IMPOSSIBILE. Preso atto di ciò, tanto vale rituffarsi nel MONDO NUOVO, con la speranza di ricominciare in un luogo in cui si può sfuggire alla guerra, il vero convitato di pietra di questa storia, minaccioso leitmotiv (insieme al tempo) onnipresente, sia attraverso un'oscura ma riconoscibilissima presenza nell'aria che attraverso i propri simboli -la stessa sirena che nel '900 segnala il pericolo ( ..."A QUEL TEMPO IN EUROPA, C'ERA UN'ALTRA GUERRA/ E PER CANZONI, SOLO SIRENE D'ALLARME...", Franco Battiato, "ARIA DI RIVOLUZIONE", dall'album capolavoro "SULLE CORDE DI ARIES" del 1973), la ritroviamo nel futuro remoto con una funzione opposta: è lo strumento con cui i Morlocks richiamano gli ignari Eloi verso la morte-. Tutto ciò che gli occorre per ripartire, sono giusto due o tre libri: solo il sapere ci rende liberi!.....................................................................Siamo proprio sicuri che sia un bene "riattivare" il processo conoscitivo nell'uomo? E se la storia si ripetesse e l'uomo ricominciasse a combattere contro i propri simili riappropriandosi dell'atomo in un amen? Non c'è il rischio di ricadere dalla padella nella brace? E se i Morlocks, memori dei disastri del passato, tenessero apposta gli Eloi nell'ignoranza? Per quanto costruito sull'ingiustizia e la prevaricazione, quello raggiunto da Eloi e Morlocks parrebbe un equilibrio solido, anche da un punto di vista demografico (le due specie sembrano numericamente stabili, grazie al controllo operato dai Morlocks), e, soprattutto, sembra eco-compatibile, a giudicare dalla lussureggiante vegetazione che cresce in ogni dove... la limitata tecnologia dei Morlocks serve soltanto -probabilmente, non ci vengono date delucidazioni al riguardo- a garantire il loro sostentamento, seppure a spese di altri esseri viventi barbaramente macellati nelle fabbriche sotterranee (ma noi non facciamo altrettanto??!)...E' dunque possibile per l'uomo, vivere libero, nel pieno possesso delle proprie facoltà mentali e fisiche, senza che ciò rechi danno al Pianeta considerato, nella suggestiva prospettiva di Asimoov, come Gaia, un unico essere vivente? Coniugare libertà e sostenibiltà è la vera sfida del presente; purtroppo, ad oltre 50 anni di distanza dall'uscita del film, non si registrano significativi passi in avanti...


A fronte di una brillante prima parte discorsiva e riflessiva (dove rimane però il duplice rammarico per la mancata incursione nel passato e per un '900 attraversato troppo di fretta), densa di spunti di riflessione (anche in chiave spettacolare: i paradossi temporali qui solo accennati non possono aver lasciato indifferente il regista Robert Zemeckis per il suo "RITORNO AL FUTURO") e chiusa idealmente dall'eruzione vulcanica che pone la pietra tombale sulla "civiltà atomica" (la natura che punisce l'uomo? o forse Dio?), il film si perde un po' sia nella rappresentazione del futuro che nelle sequenze avventurose : l'anno 802701 non appare particolarmente originale e "alieno" come sarebbe ragionevole aspettarsi visto l'enorme lasso temporale che lo separa dal '900, sembra quasi di trovarsi di fronte ad uno scenario ibrido, a metà strada tra il giardino dell'Eden e le antiche civiltà precolombiane, sia per quanto riguarda le scenografie che per lo status generale degli uomini qui rappresentati. D'accordo la fedeltà al romanzo originale, ma forse sarebbe stato più opportuno, in nome delle esigenze filmiche, apportare delle variazioni, così come è stato fatto per vari altri aspetti (alcuni dei quali tutt'altro che secondari, come vedremo tra poco) che vedono il film distinguersi rispetto al romanzo; il conflitto tra gli Eloi e i Morlocks (sul design dei quali sarebbe opportuno chiudere un occhio, dato che il film è del 1960...) non è particolarmente approfondito e tematizzato, dato che la sceneggiatura risulta reticente su alcune importanti questioni: come e quando è avvenuta la degenerazione che ha prodotto i mostri? Come hanno fatto gli uomini a smarrire certe peculiarità fondamentali? Perché gli Eloi parlano ma non scrivono? Cosa li ha resi così ottusi e passivi?...Tutte domande legittime, cui però si può trovar risposta solo leggendo il libro, dato che la sceneggiatura firmata da David Duncan, se pure è meritevole di lode per il già citato discorso sulla scienza agganciato alle problematiche degli anni sessanta "atomofobici" (per evidenti questioni temporali, a Wells questo orizzonte non poteva non risultare estraneo, nel 1895) ha il demerito di appiattire, eliminandole quasi del tutto, le istanze socio-politiche sulle quali Wells ha costruito la storia. Da osservatore estremamente attento e critico della società del suo tempo, ossia l'Inghilterra a cavallo fra la fine dell'800 e la prima metà del '900, lo scrittore e scienziato nota subito con grande tempismo e preoccupazione il principale effetto collaterale, il frutto avvelenato, della rivoluzione industriale (adottando una prospettiva, per idee personali e formazione politico-culturale, "da sinistra") : la contrapposizione sempre più netta tra la classe operaia e i padroni, che presumibilmente sfocierà in uno scontro le cui conseguenze non è dato immaginare. Seguendo questa chiave di lettura, è fin troppo facile riconoscere negli Eloi e nei Morlocks una rappresentazione metaforica delle due classi sociali che la rivoluzione industriale ha messo in conflitto tra loro: gli Eloi sono i discendenti dei padroni, belli, giovani e sani ma resi deboli e superficiali dagli agi e dall'ozio che alla lunga hanno atrofizzato i loro cervelli (l'assenza di bisogni rende inutile l'ingegno); i Morlocks sono gli sfruttati, gli umili lavoratori che condizioni di vita inumane hanno portato alla deformità fisica e morale ma soprattutto allo sviluppo di un sentimento di odio, rancore, avversione nei confronti degli ex- negrieri, sentimento talmente forte da portarli nel corso dei secoli ad ingegnarsi fino al punto di rovesciare i ruoli e preparare la nemesi degli Eloi. Ecco dunque tutte le spiegazioni che cerchiamo, alla luce delle quali diventa più leggibile anche il film; senza di esse, lo scenario appare decisamente più semplicistico e superficiale; le scene d'azione, infine, per chiudere la parentesi critica, sono tutt'altro che memorabili (forse a causa di limiti di budget imposti dalla produzione?) specie se messe in rapporto agli standards del periodo.
Ciò detto, è comunque opportuno ribadire la bontà dell'insieme e rimarcare la genialità di certe trovate che sono valse al film un meritatissimo premio Oscar agli effetti speciali:
il design della macchina, con datario sul cruscotto incorporato; il manichino sulla vetrina del negozio di fronte, sul quale George può notare lo scorrere del tempo attraverso i vari cambi d'abito che testimoniano l'avvicendarsi degli anni e delle epoche; le vertiginose accelerazioni di immagini con le quali viene mostrata la natura che compie i suoi cicli (il sole, la luna, i fiori, gi alberi...) a velocità supersonica, tecnica documentaristica per eccellenza; i libri millenari che si polverizzano istantaneamente sulle mani di George.

Da vedere, in un'ipotetica rassegna cinematografica sulla fantascienza classica, insieme a "IL PIANETA DELLE SCIMMIE" di Franklin Shaffner del 1968, col quale ha più di un punto in comune (su tutto, la paura dell'incubo atomico e la correlata critica dell'impulso autodistruttivo del genere umano).

Francesco Vignaroli

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