Genere: Animazione in Stop
Motion
Regia: Stéphane Aubier,
Vincent Patar
Sceneggiatura: Stéphane
Aubier, Vincent Patar
Produzione: Gebeka Films, La
Parti Production, Made in PM, Mélusine Productions, Beast Production
Distribuzione: Nomad Film
Panico al Villaggio è solo uno dei tanti esempi di film
che in Italia non trovano una giusta distribuzione. Ed è con questo film che
voglio iniziare una rubrica dedicata alla riscoperta di quei film che spesso,
non costituendo un vero e proprio richiamo per il botteghino, passano in
secondo piano (sempre se hanno la fortuna di venire distribuiti, non solo nelle
sale, ma anche successivamente in dvd).
Inizialmente Panico al Villaggio nasce
come una mini serie per bambini, realizzata dai due autori Stéphan Aubier e
Vincent Patar. Successivamente decidono di trasformare le avventure dei tre
insoliti protagonisti, Cavallo, Cow-boy e Indiano, in un lungometraggio.
Quello che rende Panico al Villaggio
un piccolo gioiello d'animazione è l'idea di trasportare i giochi della
nostra infanzia e quella dei nostri genitori, in un mondo di plastilina. I
protagonisti infatti non sono altro che dei classici soldatini (da notare come
Cow-boy e Indiano abbiano i piedi uniti da una piccola base), con l'unica
differenza che questi, fatti di plastilina, posso "muoversi"
liberamente. Il plot del film parte quando Cow-boy e Indiano decidono di
realizzare un barbecue per il compleanno di Cavallo. Da qui finiranno per ritrovarsi
nelle situazioni più assurde, come scoprire un passaggio per Atlantide
attraverso il piccolo laghetto del fattore ad esempio e dove ogni piccola gag
ne genererà un'altra.
La trama è semplice, come lo erano
del resto quelle della serie televisiva, adatta ad un pubblico di bambini,
caratterizzata da humor e nonsense. Quello che stupisce è come l'animazione,
per quanto più grezza rispetto ad altre (il lavoro della Aardman è sicuramente
di un'altra categoria, anche se è proprio quest'ultima a curarsi
dell'adattamento inglese del film) sia realizzata in modo impeccabile e,
sebbene i set non siano realistici, per quanto possano essere realistici dei
set in miniatura, le soluzioni che i due autori trovano per aggirare alcuni
ostacoli di realizzazione sono davvero geniali: ad esempio l'acqua della doccia
fatta con della plastica o il deodorante che è una vera bottiglietta di
profumo, che in scala, rispetto alla grandezza dei personaggi, risulta
gigantesca. Qui non conta la credibilità o il fatto di essere realistici.
Quello che importa davvero è ritrovare quella dimensione ludica tipica
dell'infanzia, dove la fantasia non aveva limiti e l'immaginazione poteva
completare la realtà. Così l'idea di un cavallo che guida un pulmino o che
suona un pianoforte non ci sembra tanto assurda. Il pubblico a cui è destinato
perciò non sono solo i bambini, ma anche gli adulti, che hanno giocato con gli
indiani e i cowboy e che possono rivivere quel tipo di avventure su cui hanno
tanto fantasticato.
Aubier e Patar fanno un lavoro a
tutto tondo, realizzando il film in 260 giorni di riprese utilizzando circa
1500 pupazzi e dando loro stessi le voci a Cowboy e Indiano.
Il film è stato il primo,
d'animazione in stop motion, ad entrare a far parte della selezione ufficiale
del Festival di Cannes nel 2009. Il film ha inoltre vinto il "Platinum
Grand Prize" al Future Film Festival di Bologna nel 2010 e il premio come
miglior lungometraggio al festival Cortoon sempre nello stesso anno. Nel 2009
aveva già ottenuto il Premio Méliès d'argento e il Premio Magritte come miglior
scenografia.
Con un grande successo di critica,
vale la pena riscoprire questo geniale e
grazioso film d'animazione francese, adatto sia ai bambini che agli adulti, per
riscoprire come la fantasia non necessiti di super effetti speciali e per
ritornare indietro ai tempi dei giochi e dei soldatini anche noi.
Olga Renzi
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