Tre corpi che si muovono dietro ad un tulle bianco, una
storia che li lega, anche se apparentemente non la percepiamo. Scappano, si
cercano, dipendono gli uni dagli altri, si proteggono per nascondere la realtà
meschina e infima. Mal Bianco di Zaches Teatro inizia tutto come un gioco: due
mani muovono alcuni pali di ferro su un piccolo ripiano in un meccanismo simile
a quello degli scacchi, finché non rimangono sole, illuminate da un solo faro
in mezzo ad un buio quasi totale. Vuotata la scena, subentra una figura
femminile con una maschera neutra bianca, il cui corpo, come se fosse
intrappolato ad un lungo bastone, lo fa vivere e muovere su di sé. Sempre più
vicini alla deformazione totale, due dei personaggi si trasformano in animali:
le enormi maschere dotate di becco ci fanno intuire che sono pellicani. I tre,
tolte le maschere che li coprivano, tornano ad unirsi in una danza caotica,
come se sfruttassero tutte le proprie forze per non farsi catturare dalla
morte. Morte che si presenta alla fine attraverso una processione di ombre che
passeggiano in fila indiana: immagine che rimanda a Cecità di Saramago. In
mezzo a tutto questo altre visioni, che non possono fare a meno di
coinvolgerti e immergerti in un vortice di emozioni. Neanche un monologo, un
dialogo, ma le parole non servono per descrivere quel senso di vuoto, di
assenza, di mancanza che l’atmosfera crea. Le musiche contribuiscono a tale
sensazione, seguendo gli attori in ogni loro passo, spingendoli a prendere
alcune “strade” invece che altre, movendoli in una danza inquietante. Una
tremenda angoscia anima i nostri tre performers (Luana Gramegna, Enrica
Zampetti e Gianluca Gabriele), che dimostrano una maestria assoluta
nell’abbinare tecnica ed espressività. 45 minuti volano e ti spingono ad indagare
sulle altre tappe del progetto della compagnia Trilogia della visione, di cui
lo spettacolo fa parte.
Sara Bonci
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