Il Quartetto d'Archi della Scala |
Teatro alla Scala, Milano. Lunedì 7 maggio 2012
Una legge italiana entrata in vigore il primo di gennaio 2012 impedisce ai musicisti dipendenti di enti lirici sinfonici di poter svolgere attività autonoma all'esterno del teatro. Un grosso problema questo, perché significa sicuramente un impoverimento per le stagioni musicali dei teatri della nostra nazione. Anche il Quartetto d'Archi della Scala è rimasto inchiodato da questo sistema, non potendo esibirsi fuori dal teatro milanese. Una cosa, questa, si può dire, veramente assurda e insensata, è questo
il miglior modo per farci del male se si pensa che molta della musica
strumentale italiana dei secoli scorsi si realizza grazie a questa forma musicale. Il prestigioso quartetto di cui abbiamo parlato – formato da Francesco Manara e Pierangelo
Negri al violino, Simone Braconi alla viola e Massimo Polidori al violocello –
si sente amareggiato da questa paradossale normativa (e non ne fa un segreto se
lo dice direttamente agli spettatori durante il concerto), ma non per questo
rinuncia a offrirci una grande serata – dovremmo dire pomeriggio: si è svolto
alle tre – di musica.
Si comincia con Giacomo Puccini e il suo lirico, anzi
elegiaco, “Crisantemi” – visto che prende la nomea di “elegia per quartetto”. Si tratta di un brano molto intenso, emotivo e
anche commovente, che apre poi il percorso (o il viaggio: si tratta di un vero
proprio iter attraverso la musica italiana che va dal Settecento ai giorni
nostri) agli altri autori in programma. Si giunge così al “Quintetto n. 9 in Do
Maggiore G 453 ‘La ritirata di Madrid’ ” di Luigi Boccherini, in cui il quinto
elemento è Giampaolo Bandini alla chitarra. “La Ritirata di Madrid” è un pezzo
straordinario e suonato meravigliosamente dagli interpreti. È un ensemble di
dolcezza e di marce militari. Nell’ultimo movimento – che prende proprio il
nome del quintetto – i musicisti creano brillantemente la percezione spaziale
di una banda militare che prima è lontana, poi si avvicina, poi ancora si
allontana. Il tutto è reso grazie all’interazione tra i piani e i forti della
gamma cromatica. Si ha come la sensazione di essere dentro una casa, affacciati
a una finestra, e di vedere piano piano una marcia di soldati che si
avvicina,
per poi vederla allontanarsi.
Giampaolo Bandini |
L’intervallo si chiude con un brano sempre di Boccherini,
“Fandango”, dai caldi colori spagnoli, che decreta anche l’uscita di scena di
Bandini. Il secondo tempo infatti si apre con un quartetto: “Rimedi per
l’anima” di Nicola Campogrande. Si tratta della prima esecuzione assoluta del
pezzo di questo autore italiano contemporaneo, che anche ai giorni nostri non
rinuncia alla forma musicale del quartetto, quartetto molto breve e strutturato
in tre movimenti: Allegro, Andante e ancora Allegro. Sono stati d’animo che il
compositore ci racconta facendo una commistione tra l’esperienza della musica
romantica e un carattere piuttosto ansioso e frenetico, abbastanza tipico della
musica contemporanea. Onore a Campogrande che, diversamente dalla maggior parte
dei musicisti odierni, cerca una nuova soluzione che per quella forma che
sembra stare andando persa: il quartetto, appunto.
Ottorino Respighi è l’ultimo autore in programma, con il suo
“Quartetto Dorico”, composto in scala modale, in modo dorico, è inutile dirlo
(quella scala di Re senza alterazioni), che offre a questa composizione un
sapore arcaicizzante, iniziando da un “Allegro energico”, passando per un
“Elegiaco”, finendo con una vivace – anche se dai toni un po’ cupi - danza
“Passacaglia”. Tutto queste suddivisioni stanno all’interno di un unico
movimento e questi cambi di ritmo avvengono in un armonico fluire, essendo
collegati con sapienza tra di loro.
I musicisti, artefici complessivamente di una grande prova,
ci salutano con un fuori programma, in onore del Teatro alla Scala, da Verdi e
noi, con loro, ci auguriamo che nel futuro qualcosa cambi per la sorte della situazione musicale italiana!
Stefano Duranti Poccetti
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