"Inferno" di Andrè Goncalves |
Abbandono l’aria aperta di Milano per entrare
all’interno dello Spazio Oberdan, nella “Black Room”, dove qualcosa di magico
prende vita. Più che magico, si dovrebbe dire infernale, in un ambiente dove
due maschere di Paperino e di Minnie sono collocate in una bruna atmosfera, che
fa pensare a quella dell’Inferno. Le maschere si avvicinano “minacciose” agli
spettatori, come a voler dire: “Lasciate ogni speranza o voi ch’entrate…”.
Benvenuti signore e signori, siete giunti all’Inferno, dove si consumeranno i
Sette Peccati Capitali!
Si comincia con il peccato di Teseo: L’Ira, dove il
racconto di Bettina Bartalesi "Muori!" prende vita con la bravissima Valeria Barreca,
molto abile nei cambi di ritmo, nel passare dai toni alti ai toni bassi, dai
timbri irosi a quelli più lirici; brava a costruire un personaggio complesso –e
doveva farlo veramente in poche parole- in cui venga giustificata
l’esagerazione dell’Ira. Bisogna dire - avrei dovuto dirlo prima, ma non sarà
un problema spiegarlo ora- che le brevi rappresentazioni sceniche portate sul
palco non sono altro che la “trasposizione viva” dei racconti di sette
scrittori arrivati finalisti a questa particolare serata. Solo alla fine
scopriremo il vincitore (se non avete voglia di leggere l’articolo, se siete
dunque degli accidiosi, basterà che leggiate le ultime righe e lo scoprirete),
ma prima di giungere a tale verdetto continuiamo con il secondo peccato
capitale: l’Avarizia, dove entra in scena un ottimo Matteo Tex, con “La morte
aurea del Sign. Gino Lui” di Alessandro Continiello. Qui l’attore sfrutta al
meglio l’intero spazio scenico (non solo inteso come spazio frontale del palco,
ma come intero luogo teatrale), tanto è vero che delle volte ce lo troviamo
davanti, delle volte siamo costretti a girarsi all’indietro, perché Gino Lui
sta ora recitando tra il pubblico: un’ottima costruzione spaziale direi,
peccato che una larga parte degli spettatori è un po’ pigra e vede solo quello
che sta davanti, non avendo l’intenzione di girarsi all’indietro.
Valeria Barreca in "Muori!" |
Si sa che spesso gli “Aspiranti Scrittori” peccano di
Superbia, ed è proprio questo il titolo del terzo peccato capitale, in cui
Rossana Carretto riesce a dare spessore al testo di Fabrizia Scorzoni, che alla
lettura risulta un po’ banale e appariscente, in uno spettacolo che sembra
farci capire questo: In molti scrivono,
ma sono pochi gli scrittori validi, e quelli che sono validi hanno il dono
dell’umiltà.
L’ingresso in scena di Vincenzo Zampa è dirompente e
trasforma la scena in una sorta di night-club, in cui un uomo e una donna,
seminudi e in atteggiamenti sensuali, fanno da cornice all’interpretazione del
protagonista… i protagonisti: lui e una bambola gonfiabile. Si capirà che
parliamo della “Lussuria” e dello spettacolo “Circolo Vizioso”, su racconto di
Paolo Ottomano, dove si fa forte anche l’interazione con il pubblico,
soprattutto con quello femminile – per ovvie ragioni – che l’attore, per così
dire, “infastidisce”. Niente di esagerato comunque, non fatevi tante fantasie e
non stupitevi troppo, il gioco teatrale ha dei limiti che non possono essere
valicati. Bravo Vincenzo Zampa a dare a questo testo forza, slancio e molta
dinamicità, approfittando anche dei luoghi deputati dello spazio scenico e
della complicità col pubblico.
È un dialogo quello tra Rossana Carretto e Silvia
Pernarella, che danno vita a “DONNEsenza AFFARI” di Daria D., riguardo al
peccato dell’Accidia. La Carretto è l’accidiosa, mentre la Pernarella è la
donna frenetica, accecata dallo stress del lavoro e dal raggiungimento dei suoi
obiettivi sociali. Funziona bene questo dialogo contrastante tra la donna
perdigiorno e quella sempre in convulso movimento; due forze contrastanti che,
innescandosi bene tra di loro, creano con puntualità risvolti comici, e fanno
di questa rappresentazione, grazie alla bravura delle due attrici, e anche a un
testo ben congegnato, una piacevole mise
en scène.
Marta Pizzigallo in "L'invidiosa" |
Siamo quasi alla fine e tocca all’Invidia. Marta
Pizzigallo si confronta con il bel racconto “L’invidiosa” di Niva ragazzi e lo
fa molto bene. Sta fissa, accanto a un’entrata secondaria del teatro, quasi al
centro della sala, e recita da ferma. È brava a creare, seppur immobile, lo
spazio scenico intorno a sé: ci riesce soltanto grazie alle modulazioni
timbriche della sua voce. In sottofondo, intanto, echeggiano rumori
onomatopeici che plasmano brillantemente l’atmosfera: si tratta di schiamazzi
d’amore, sospiri di coppie che si danno piacere e buon tempo (così scriveva con
eleganza il Boccaccio). D’altra parte la storia è quella di una donna e della
sua invidia per l’amore provato dalle giovani coppie.
Cosa ci manca adesso? Solo il peccato di Gola, dove
ritroviamo, ancora una volta, Rossana Carretto, insieme a Tito Ciotta
(l’organizzatore dell’evento che non mi dimenticherò di ringraziare nel
finale). “Per il tuo bene” è un testo teatrale di Maria Adele Popolo, in cui
uno scrittore ingrassato viene esortato dalla moglie a dimagrire. Lei farebbe
di tutto per raggiungere il suo scopo, anche comprargli una larva di tenia e
fargliela ingerire! Il dramma è un po’ povero e un po’ banale, ma i due attori
riescono a farlo vivere in modo distinto, riuscendo a dare dinamicità a una
sceneggiatura piuttosto piatta.
La serata si è quasi conclusa, si continua con la
presentazione degli autori in concorso e con un intermezzo musicale molto
interessante, in cui Laura Vignes alla voce e Vanni Terzi alla fisarmonica ci
fanno ascoltare l’elegante musica francese di Édith Piaf. La voce della Vignes è
veramente eccezionale: sensuale e delicata, mai smielata, accompagnata del
resto da un musicista del suo stesso calibro, perfettamente fluido e a suo agio
sullo strumento.
Tito Ciotta in "Per il tuo bene" |
La giuria, composta da giudici competenti nell’ambito
delle discipline dell’Arte (competenti per modo di dire, c’ero anche io,
giudicate un po’ voi) – a parte me, Daniela Basilico, Paolo Bosisio, Claudio
Burdi, Fabrizio Canciani, Wanda Castelnuovo, Vincenzo Costantino, Cristina Di
Canio, Paola Galassi, Ornella Fontana, Salvatore Longo, Daniela Marrapodi,
Maria Pietroleonardo, Andrea Pinketts, Giampiero Raganelli, Emilio Russo, Gigi
Saccomandi, Ambretta Sampietro, Federico Tavola- decreta il racconto vincitore della serata.
Rullo di tamburi… “Il vincitore è ‘DONNEsenzaAFFARI’ di Daria D.!”, afferma la
presentatrice Sabrina Minetti e la serata finisce qui, con la targa consegnata
alla vincitrice. Il mio articolo invece non è ancora finito, perlomeno non
prima di aver reso merito all’organizzatore del tutto: Tito Ciotta, che per
mesi e mesi si è impegnato a rendere reale un sogno e c’è riuscito. Una serata
stupenda “Black Room. La Capitale del Vizio”, in cui è stato interessante capire
il meccanismo che porta un testo letterario a trasformarsi in rappresentazione
(tra gli attori va anche ricordata la partecipazione di Camilla Cattaneo,
Gabrio Monza, Francesca Piscione, Alan Scelfo ed Erica Vitali), e questo è
stato ancora più suggestivo in un’atmosfera che ricordava tanto quella
dell’Inferno.
Stefano Duranti Poccetti
una bambola gonfiabile? ma stiamo scherzando?
RispondiEliminaSì sì, c'era proprio una bambolina gonfiabile con cui l'attore si relazionava (puoi immaginare come. In effetti in Italia una cosa così può sembrare già esagerata, ma, se si si vede quello che combinano altre correnti di teatro all'estero, quello che abbiamo visto a Black Room non è niente! (Luca)
EliminaBravi tutti!!! Davvero ottimi attori !!! Spicca Vincenzo Zampa, anche se facilitato dal tema...e grande merito a Tito. Bellissima serata.
RispondiEliminaGabriele
Serata surreale, divertente; complimenti a tutti gli attori, in particolare a Valeria Barreca e a Vincenzo Zampa. Un ringraziamento di cuore a Tito Ciotta.
RispondiEliminaBettina Bartalesi
Davvero una meravigliosa serata! Strepitoso Tito Ciotta e i suoi spettacolari attori.... speriamo di vederli presto in un nuovo progetto!!!
RispondiEliminaGiulia