Parlare ai giovani nel linguaggio dei giovani non è
cosa facile; ma più difficile, io credo, è interpretare la condizione giovanile
oggi e raccontare le difficoltà di una generazione che, come ben sappiamo, non
ha prospettive di futuro. Per chi, come me, ha vissuto gli anni degli
studi in un periodo storico molto
diverso, anche se poi non così lontano, studiare significava prepararsi alla
vita, quella che ognuno di noi sceglieva, consapevole che dopo la scuola c’era
il lavoro e non sarebbero mancate le
opportunità per inserirvisi. Oggi sappiamo che la situazione del mondo del
lavoro è profondamente cambiata, che la “flessibilità” tanto auspicata negli
Anni Ottanta, è diventata strumento di precariato e disoccupazione, che il
“cambiamento” che il mondo del lavoro richiedeva alla Scuola era un cambiamento
che non portava l’individuo a modificare
certi suoi comportamenti rispetto alle trasformazioni in atto, bensì a una
perdita di identità lavorativa e, con essa, del proprio ruolo sociale. Dico
questo perché ho molto creduto nell’Orientamento e come molti insegnanti
ritenevo che fosse un dovere preparare i giovani all’ingresso nel mondo del
lavoro. Oggi, di fronte alle trasformazioni in atto, mi chiedo in che cosa
abbiamo sbagliato, anche se sono consapevole che è il “sistema” nel suo insieme
che ha generato il paradosso di una generazione “senza futuro”.
Ho voluto premettere tutto questo perché il libro I Giorni dei Giovani Leoni di Gino Pitaro, un giovane autore al suo esordio
con il romanzo, mette a fuoco con
chiarezza la situazione delle nuove generazioni, sospese tra il vecchio e il
nuovo, senza grandi prospettive né
ambizioni, ma con speranze mai del tutto sopite, anzi, direi, con il desiderio
e la capacità di aprirsi a nuovi orizzonti, nel tentativo di creare un mondo
nuovo e diverso.
La storia, ambientata tra il decennio trascorso e gli
ultimi anni del berlusconismo, si svolge in un momento imprecisato eppure
attuale, così come attuali sono i temi trattati e i personaggi nei quali molti
possono riconoscere una parte del proprio vissuto. Mario, il protagonista del
romanzo, è un giovane studente calabrese che studia architettura a Bologna, ma
aspira a iscriversi al DAMS, la facoltà di arte, musica e spettacolo. Vive con
altri quattro amici in una casa in affitto e conduce una vita abbastanza
ordinata, tra università, lavoro al call center e brevi occasioni di svago,
come una serata in discoteca presso un centro sociale o una gita a Saturnia in
tenda con Miriam, Kevin, Francesca e Davide, i ragazzi con i quali condivide
riflessioni ed esperienze. Dal rapporto con gli amici s’intravedono alcuni dei problemi che
maggiormente coinvolgono i giovani di oggi: la canna fumata in compagnia per
evadere dalla solita routine, la noia esistenziale, l’omosessualità dichiarata
da parte di uno del gruppo, la mancanza di obiettivi chiari e precisi da
raggiungere, fino ad arrivare alle corse clandestine in auto, situazione nella
quale Mario rimarrà involontariamente coinvolto.
Ma rispetto agli amici che frequenta Mario è un
“diverso”, così come “diverso” apparirà sempre agli occhi dei colleghi di
lavoro. Il suo mondo, incentrato sulla costruzione del proprio futuro, è
racchiuso tra l’università e il lavoro al call center, attività che svolge con
una serietà pensosa e riflessiva, sempre
pronto a non farsi fagocitare dall’ambiente esterno e, pur se rimane
disponibile nei confronti degli altri, mantiene una propria linea di condotta e
di pensiero che lo rende autonomo e, quindi, diverso agli occhi degli altri. “
Aveva spesso la sensazione – ci dice il narratore nel presentarlo – di essere
una persona che fa fatica a farsi ascoltare non tanto a spiegarsi quanto a
riuscire nell’intento che ciò che comunica sia recepito come qualcosa di
interessante, anche nel senso più modesto del termine, insomma degno di nota”.
Così Mario, che svolge il suo lavoro part-time in un call center sarà sempre al
centro dell’attenzione dei colleghi proprio per la sua riservatezza, per lo
scrupolo con cui svolge un lavoro che altri disprezzano, per il fatto che non
aspira a fare carriera alla Beatwind, ma allo stesso tempo perché, nonostante
tutto, sembra essere più apprezzato degli altri dalla Dirigenza e, quindi,
sistematicamente evitato dai colleghi o messo sotto tiro da Jenny, la team
leader della compagnia telefonica.
Gino Pitaro |
Dal libro emerge uno spaccato del mondo del lavoro che
è sì settoriale, perché teso ad indagare uno dei pochi lavori che oggi sono
riservati a giovani diplomati o laureati, ma coerente con il mondo più grande
che l’Autore lascia intravedere sullo sfondo, fatto di rivalità, di invidie più
o meno esplicite, di frustrazioni e ambizioni mai sopite, con uno scavo
psicologico che mette a nudo la realtà dei vari protagonisti che si aggirano in
un mondo dove tutto è codificato, dettato da regole e imposizioni e dove le
gerarchie sociali rispecchiano quelle che vigono nel mondo esterno. Nei momenti
in cui non arrivano telefonate Mario legge dei libri ed è lì, nel call center,
che scopre che i libri “fanno paura”, perché “chi legge è pericoloso[…] perché
non può essere incasellato in un prospetto, e la cultura è fuori da ogni schema
inerte. Chi è colto – dice il narratore – pensa liberamente, non ha
condizionamenti, e gli altri credono che possa dire o fare qualcosa che li
coinvolga in un modo indesiderato”. E’ questo, a mio avviso, l’emblema della
sua diversità, perché in un mondo in cui la scuola non è più un punto di
riferimento, avere interessi personali, leggere Pavese o Dostoevskij, è
considerata una perdita di tempo, qualcosa che non ha rapporti con il “fare”,
cioè con quella operatività che è la premessa del business, del successo, del
benessere.
In realtà Mario non coltiva solo gli interessi legati
alla sua formazione, ma è aperto come tutti i giovani al “nuovo” e, come loro,
convive con il web, condividendone esperienze e suggestioni. Ama la musica, perché
essa è un tramite fra l’uomo e il mondo (“la musica – si legge a pag.89 –
compie il grande miracolo di farci guardare il mondo con occhi diversi, e ad
ogni ascolto si esce rinnovati e ricettivi alle voci di amore, gioia, rabbia,
disagio e dolore che provengono dal nostro pianeta. Le note trasformano gli
esseri viventi, e cambiando la realtà generano in modo nuovo il mondo intorno”);
ma si interessa anche di ufologia e proprio su Facebook farà amicizia con
Erika, una ragazza che condividerà con lui esperienze ed interessi. Anche
l’amore ha importanza nella vita di Mario, e sia con Miriam che con Erika
proverà, come tutti, le emozioni che questo sentimento può suscitare, aprendosi
gradatamente alla vita e avviandosi verso una maturità emotiva e
comportamentale che avrà bisogno di molte altre prove prima di essere
consolidata.
L’altro versante della vita di Mario è rappresentato
dall’Università. Studente-lavoratore, egli guarda al futuro inserendosi oltre
che nei meccanismi di un mondo del lavoro alienato, in quelli, altrettanto
straniati di un’università vissuta come un “rito”, come un mondo a sé, che è
necessario affrontare se si aspira a qualcosa di diverso nella vita, ma che
certamente non risponde più a quel bisogno di sapere e di crescita culturale
che era alla base del suo statuto primario.
Se questo è il suo vissuto quotidiano, fatto di
piccole o grandi esperienze, di sogni e di lavoro, di studio e riflessioni,
sullo sfondo si affaccia, nitida e ricorrente, l’immagine della sua terra, la
Calabria, “luogo di ritorno – come afferma l’Autore – che diviene metafora di
un rimando esistenziale, oltre che luogo di appartenenza dell’anima”. E’ la
Calabria, quella che il giovane studente si porta dentro, una terra forte e
radicata nelle sue tradizioni, ma anche capace di lottare per il suo riscatto
(si vedano i moti di Reggio, qui rievocati). E’ la sua saggezza atavica,
intrisa di sofferenza e di coraggio, di antiche culture e di accoglienza dove
convivono ancora etnie diverse quella che emerge, a mio avviso, nelle continue
riflessioni del protagonista sulla vita, sul “chi siamo”, sul senso del divino
che è in noi. Ed è proprio qui, nel ritorno alla sua terra e nel contatto con
la stupenda bellezza dei suoi paesaggi che Mario percepisce la sua appartenenza
ad un mondo diverso. Nell’ultima pagina del romanzo si legge infatti: “Si
approssimò sul parapetto del lungomare, respirò profondamente ed ebbe la
percezione intensa e sottile che le esperienze che aveva già vissuto e quelle
del futuro avrebbero fatto di lui un uomo di un mondo nuovo, con altre donne e
uomini nuovi. Non sapeva perché, ma era così”.
E’ stato giustamente osservato che il romanzo può
essere considerato “come un romanzo di formazione giovanile del nuovo
millennio, secondo il concetto di cosa è giovane oggi”, in quanto dalla lettura
emerge con chiarezza l’idea che essere giovani non è più legato allo stato
anagrafico di una persona, bensì è un modo di essere e di rapportarsi con se
stessi e con gli altri. Oggi è giovane chi sa sintonizzarsi sui temi di fondo
che riguardano l’uomo e l’ambiente, chi si batte per un’economia sostenibile,
chi si oppone alla globalizzazione selvaggia in nome di un’individualità che
rifiuta di essere annullata e calpestata, chi aspira a un mondo rinnovato e a
una spiritualità capace di infondere speranza e ridare certezza ai valori,
siano essi quelli ereditati da una tradizione millenaria, o quelli nuovi che
lentamente stanno emergendo. Per questo, come afferma l’Autore, “Il libro
intende rivolgersi a una generazione trasversale, in una realtà sociale dove
‘essere o non essere giovani’ è diventato qualcosa di diverso rispetto al
passato, di dilatato e che si nutre di aspetti esistenziali che una volta erano
parametri rigidi”.
Un libro per tutti, dunque, per giovani e meno
giovani, perché come afferma Mario nel corso di una conversazione con Miriam,
esiste per alcuni una sorta di “gioventù matura” che concede loro il grande
privilegio di non invecchiare e, insieme, “il dramma di morire giovani”. E
questo, a mio avviso, è oggi sempre più possibile, solo che si abbia la forza o
la capacità di porsi in ascolto, sforzandosi di decodificare i messaggi che dal
web si diffondono nella rete globale e uniscono gli uomini in forme di pensiero
e di convivenza nuove e, mi auguro, portatrici di pace e di speranza per
l’umanità.
Fernanda Caprilli
Link utili per saperne di più:
Non male, non male... mi è piaciuto... anche divertente... @Werther89
RispondiEliminaBlue blood......electrical brain storming. VampirellaMonella92
RispondiEliminaIl libro è ambientato nell'università di Bologna e ^I giovani leoni^ era ed è il gruppo dei goliardi universitari, chissà se l'autore si è voluto riferire anche a questo, coincidenza comunque interessante. Marco Zioni.
RispondiEliminaGruppo Atesia, E-care e Almaviva solidali!!! Il romanzo che parla anche di noi, non come nei libri finti ma come in quelli veri! Giulia C.
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