Sceneggiatura originale: Jacques Tati
Adattamento e regia: Sylvain Chomet
Aiuto regia :Paul Dutton
Scenografo: Bjarne Hansen
Musiche originali: Sylvain Chomet
Capi animazione: Laurent Kircher, Thierry Torres Rubio, Nic Debray,
Victor Ens, Antonio Mengual Llobet, Charlotte Walton, Sandra Gaudi
Montaggio: Sylvain Chomet
Coprodotto da: Canal+, CinéCinéma, France 3
Prodotto da: Bob Last, Sally Chomet
Adattamento e regia: Sylvain Chomet
Aiuto regia :Paul Dutton
Scenografo: Bjarne Hansen
Musiche originali: Sylvain Chomet
Capi animazione: Laurent Kircher, Thierry Torres Rubio, Nic Debray,
Victor Ens, Antonio Mengual Llobet, Charlotte Walton, Sandra Gaudi
Montaggio: Sylvain Chomet
Coprodotto da: Canal+, CinéCinéma, France 3
Prodotto da: Bob Last, Sally Chomet
I maghi esistono e Sylvain Chomet è
uno di questi. Si tratta infatti di vera magia quella che il regista di Appuntamento
a Belleville (Les Triplettes de Belleville, 2003) è riuscita a fare
con questo film. È partito da una
sceneggiatura già esistente e scritta tra il 1956 e il 1959 dal grande regista
e interprete francese Jacques Tati. Tati non era riuscito (o non volle, questo
non è chiaro) a realizzare il film tratto da questa sua sceneggiatura che lo
allontanava non poco dall'icona che aveva fatto di se stesso come Monsieur
Houlot. Chomet riprende in mano questo testo per realizzarne un film
d'animazione tradizionale, dopo averne discusso con la figlia dello stesso
Tati, Sophie Tatischeff, che purtroppo morì dopo pochi mesi dall'inizio della
lavorazione. Già con Appuntamento a Belleville Chomet si era fatto
notare per il suo stile classico, poetico e retrò, sia nella caratterizzazione
dei personaggi che nella struttura visiva del film. L'incontro con Tati è stata
una vera e propria folgorazione. Per quanto diversi e per quanto il tempo li
separi, i due autori hanno molti punti in comune nei loro stili di regia.
Innanzitutto il silenzio che pervade i film di entrambi è incredibile: le poche
parole che possono essere vagamente intuite si possono interpretare come una
sorta di "grammelot". La musica e l'immagine prendono il sopravvento
agli occhi dello spettatore.
Chomet recupera lo stile di Tati
anche per quanto riguarda le inquadrature, prediligendo le figure intere e
mettendo in risalto le mani e i piedi del protagonista, tratti tipici dei
personaggi di Tati.
L'idea de L'illusionista rimane
fondamentalmente la stessa, è una storia tragica, malinconica e
nostalgica che ci mostra il tempo in cui i maghi e le illusioni esistevano ma
che, con il passare del tempo e con i cambiamenti nella società, sono diventati
ormai obsoleti.
Chomet ci mostra con occhio
compassionevole la storia dell'illusionista che tenta di tutto pur di far
credere alla ragazza che lo accompagna per tutto il film che la magia ancora
esiste. Alla fine, però, accortosi che la ragazza ha perso il disincanto
dell'età infantile, anche lui si arrende all'evidenza dei tempi che sono
cambiati. Il personaggio dell'illusionista è un personaggio buono, che suscita
tenerezza, come il Monsieur Houlot di Tati. Stravagante, con la testa tra le nuvole,
Chomet riesce a ricreare Tati attraverso la sua fisionomia e le sue movenze (il
"faccia a faccia" tra il Tati-Illusionista di Chomet e il Monsieur
Houlot di Mon Oncle nel cinema è davvero un delizioso omaggio al regista
francese). Ma l'illusionista non è Houlot. Alla fine si arrende, un po' come il
clown triste e senza scopo che abitava nel suo stesso albergo o il ventriloquo
che vende il proprio burattino. Sono tutti personaggi appartenenti a un'epoca
passata, in cui magia e illusione convivevano.
Degne di particolare nota sono le
scenografie meravigliose che Chomet utilizza per ricreare Edimburgo, dove
ambienta la storia. I colori del cielo, dell' acqua, delle piante e della
natura, creano una vera e propria poesia di immagini. Il film da questo punto
di vista può sembrare una sequenza di quadri in movimento, dal momento che
l'attenzione per i dettagli, per i colori, per le sfumature è davvero
straordinaria.
Pensando a come poteva essere
trattata la sceneggiatura di Tati oggi, non ci sono dubbi che Chomet abbia
fatto la scelta migliore optando per l'animazione tradizionale: un film del
genere è impensabile senza Tati e Chomet riesce miracolosamente a riportarlo
sul grande schermo, con tutta la poesia che Tati riusciva a infondere nei
propri personaggi.
L'illusionista di Chomet ha ricevuto molte
nomination come miglior film d'animazione a diversi e importanti festival,
compreso L'Oscar 2010 (che invece è andato al pixeriano Toy Story 3), ma
è stato elegantemente snobbato. Ragione in più per proporvelo come film da
riscoprire, soprattutto dopo un' accurata visione dei capolavori di Tati,
commovente e nostalgico allo stesso tempo. Chomet è un regista da tenere
d'occhio...chissà quali altri capolavori riuscirà a tirar fuori dal suo
cilindro. Nel frattempo noi ricominciamo a credere alla magia.
Olga Renzi
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