Piazza Signorelli,
Cortona. “Cortona Mix Festival”, sabato 28 luglio 2012
Apertura in grande
stile per il nuovissimo "CORTONA MIX FESTIVAL", che ha scelto di
affidare al genio di Charlie Chaplin ed al suo capolavoro "TEMPI
MODERNI" il compito di celebrare degnamente la propria serata inaugurale.
Ad impreziosire un evento già di per sé succoso (soprattutto per i cinefili) ha
contribuito la presenza dell' "ORCHESTRA DELLA TOSCANA" che, sotto la
direzione del Maestro statunitense Timothy Brock, ha accompagnato il film dal
vivo eseguendo le musiche originali composte dallo stesso Chaplin; il tutto,
nella suggestiva cornice di Piazza Signorelli, tradizionale sede di spettacoli
all'aperto nelle estati cortonesi.
Un esperimento
decisamente riuscito e gradevole, soddisfacente sia sul versante visivo -il
film è stato riproposto nell'edizione recentemente restaurata- che sonoro
-esecuzioni impeccabili ed in pieno spirito chapliniano (indimenticabile e
sempre commovente il tema di "SMILE"), perfetta fusione tra immagini
e temi musicali, degna dell'edizione originale-; in merito a questo secondo
aspetto tecnico, è opportuno aggiungere che, per prepararsi degnamente
all'evento, il maestro Brock ha proceduto ad un accurato e rigoroso studio
"filologico" delle partiture originali, accedendo direttamente ai
prestigiosi Archivi Chaplin.
Molto incoraggiante,
in ottica festival, la risposta a questa prima chiamata da parte di un pubblico
anagraficamente variegato e partecipe, il cui entusiasmo riapre il dibattito,
innescato dal fenomeno "THE ARTIST" -Premio OSCAR come miglior film
2012-, circa l'attualità del cinema muto e le potenzialità ancora inespresse da
un genere, o piuttosto da un modo di fare cinema, considerato ufficialmente
estinto dalla fine degli anni '20 circa (salvo eccezioni, come lo stesso
Chaplin, che porterà avanti la bandiera del muto fino ai tardi anni '30, e
sporadici ripescaggi nel corso dei decenni successivi). Fa davvero riflettere
il fatto che, nell'epoca del bluff ( Sì! ) del cinema 3D, ultima trovata per
ravvivare un panorama cinematografico asfittico e stagnante, ci siano ancora
così tante persone (tra cui molti giovani) disposte a fare la fila per
assistere alla proiezione di un muto del 1936... forse, dopotutto, i
sostenitori del cinema di sostanza rispetto a quello dell'apparenza (dove
l'orgia rutilante di effetti speciali da capogiro e i brividi tridimensionali
fungono soltanto da specchietti per le allodole piazzati per mascherare
sceneggiature a dir poco inconsistenti) non sono così pochi come il mercato
vorrebbe far credere.
Che dire poi della
freschezza e dell'attualità di un gigante come Chaplin, passato indenne
attraverso le ingiurie del tempo, capace ancora di far ridere e commuovere
anche a distanza di decenni, generazione dopo generazione... cos'è l'eternità
anelata da un artista, se non questo?
Due parole sul film.
Charlot, alle prese
con il lavoro disumano alla catena di montaggio, impazzisce e finisce
ricoverato in ospedale. Appena il tempo di uscirne, guarito ma disoccupato, che
la polizia lo arresta nel corso di una retata contro un gruppo di manifestanti.
In carcere, sventa una rivolta e si riguadagna la libertà; una volta fuori, si
innamora di una giovane orfanella che salva da un arresto per furto, tenta
senza successo vari lavori combinando un disastro dietro l'altro, entra ed esce
di prigione in continuazione, finché sembra arrivare finalmente l'occasione
giusta: i due fidanzati vengono assunti come cantanti in un ristorante-dancing
(imperdibile l'esibizione di Charlot che si mette a improvvisare cantando in
una lingua inesistente, una specie di francese maccheronico e dadaista) facendo
furore, ma l'arrivo delle forze dell'ordine li costringe ad una precipitosa
fuga. Nonostante tutto, si può tentare ancora: il futuro è una lunga e faticosa
strada da percorrere a piedi partendo all'alba, possibilmente col sorriso sulle
labbra, verso un orizzonte forse irraggiungibile.
Tempi moderni, ovvero
l'uomo di fronte al progresso ed alle sue "meraviglie": il fordismo,
lo stress quotidiano, le lotte operaie, la disoccupazione, gli scioperi,
l'emarginazione e, sì, perfino la droga (divertentissima la scena in cui un
Charlot sballato marcia verso la cella girando su se stesso). Ridere pensando e
pensare ridendo: dietro il paravento della consueta dose di gags comiche che
fanno di quest'opera un film inequivocabilmente comico (sì, ma non solo, come accade
sempre con Chaplin), il regista piazza una critica aspra ed irridente della
società industriale e si interroga sull'incidenza della tecnologia nella vita
dell'uomo, guardando al progresso con lo stesso scetticismo-pessimismo che sarà
poi di Kubrick, Tati e Pasolini; il tutto, rinunciando quasi completamente al sonoro -per essere
precisi, più che di film muto dovremmo parlare di un "ibrido", dato
il ricorso qua e là ad effetti sonori utilizzati sia in funzione narrativa che
per ottenere l'effetto comico (come nella scena del tè)-, per affidare ancora
una volta alla potenza delle immagini il compito di veicolare le proprie idee.
Evidente, in
chiusura, l'esortazione alla speranza e all'ottimismo contro rassegnazione e
scoramento: solo continuando a sognare si può trovare la forza per andare
avanti.
Francesco Vignaroli
bravo vigna! (Alessandro)
RispondiEliminaLe musiche di Chaplin sono veramente interessanti, oscillano tra citazioni da Puccini, Bartòk, Liszt, Hoffenbach... Un vero genio Chaplin, che dimostra anche una grande consapevolezza musicale. Bravissimo anche Timothy Brock, un direttore molto comunicativo, sia con il pubblico che con l'orchestra (non si è neanche dimenticato, a fine spettacolo, di rendere omaggio al grande Charlot)...
RispondiEliminaIl bluff del 3D! bravo... (Daria)
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