Ettore Tito, Pagine d'Amore |
Donne che aspettano,
che cuciono, che vangano, che piangono, che passeggiano, che dipingono, che
cavalcano, che raccolgono le olive, e tante altre occupazioni e stati d’animo,
possono essere osservate e apprezzate nella mostra “L’odore della luce. Il mondo
femminile nella pittura dell’ '800 e del primo ‘900” a Palazzo della Marra di
Barletta, fino al 19 agosto.
Chi si trovasse
durante le vacanze in quella parte d’Italia così ricca di arte romanica che è
la Puglia, non dovrebbe mancare di fare una visita all’imponente Palazzo
rinascimentale sede innanzitutto della Pinacoteca Giuseppe De Nittis,
l’eccellente pittore cui Barletta diede i natali nel 1846, per un tuffo, non
nel bel mare del Gargano ma, per cambiare, nell’atmosfera raffinata e seducente
della Belle Epoque.
Il titolo della
mostra è forzatamente originale e troppo vasto per riferirsi a una pittura
prettamente italiana, a volte provinciale e secondaria, sebbene non meno
piacevole ed espressiva. Una volta a tu per tu con i quadri, par di sentire,
forse suggestionati dal titolo, l’ odore del fieno, dei fiori, delle lettere
d’amore, delle essenze sui cappelli, della pelle, del muschio, in quelle
atmosfere solari, così italiane, delle campagne, dei giardini, dei parchi,
delle cucine, delle stanze dove creano e amano le donne.
Da una finestra del
palazzo scosto la tenda e vedo in lontananza il mare azzurro, la ruota di un
Luna Park ferma nel pomeriggio silenzioso e afoso, una grande struttura
industriale il cui metallo brilla sotto il sole.
Ritorno ai quadri,
anche qui ci sono il mare e il sole del pomeriggio, la penombra di una stanza,
le luci della sera, il cielo terso, visi di donne che si stagliano nel colore
nitido e preciso, o che sfumano nella tela perdendo consistenza, non l’anima.
Pio Joris, Vanità campestre |
Pittori come Giovanni
Boldini, Giuseppe De Nittis, Telemaco Signorini, Silvestro Lega, Pellizza Da
Volpedo, Odoardo Borrani, Giovanni
Giani,Vincenzo Irolli, Francesco Paolo
Michetti, Pio Joris e tanti altri, dipingono ritratti delicati e commossi delle
donne che hanno popolato il loro mondo e la loro epoca. Omaggiano l’universo
femminile lasciando ai posteri quei documenti inestimabili che sono le opere
pittoriche, attraverso le quali possiamo ripercorrere, come in questo caso, la
storia della donna nella società e nel privato.
Colpisce di Silvestro
Lega “Il primo dolore” in cui una giovanetta vestita di bianco tiene tra le
palme aperte, come fossero un nido, un uccellino morto e lo guarda, senza
lacrime, ma soffrendo, appunto, il suo primo dolore.
Anche Pellizza Da Volpedo messa da parte la sua natura di
cronista pittorico delle schiere contadine e delle lotte di classe, entra in
punta di piedi in una stanza spoglia e monocromatica per cogliere il “Ricordo
di un dolore” di una donna seduta, dall’età indefinita che, con lo sguardo
fisso nel vuoto, tiene in grembo quello che presumibilmente appare un diario. E
tra le pagine Pellizza Da Volpedo ci
lascia una primula seccata, quasi svanita, ma di cui è ancora possibile
riconoscere il giallo e il viola dei petali. Come gialla è la cintura che le
cinge la vita. Non c’è dubbio che quel
dolore sia dovuto a una pena d’amore. E
se così non fosse, ci piace pensarlo lo stesso.
Di Torello Ancillotti
vediamo tre quadri: “La pittrice”, “En revant” e “Rougeur du soir”, che ci
trasportano come fanno Vittorio Corcos con “Istitutrici ai Campi Elisi”, De
Nittis con “Signora in giardino” e Boldini con “Signora con l’ombrellino” in
atmosfere parigine, romantiche e sensuali.
Giovanni Boldini, Signora con l'ombrellino |
Invece Angiolo
Tommasi, pittore livornese, intinge i pennelli nelle zolle di terra e dipinge
“Ultime vangate”, quadro di grandi dimensioni dove alcune contadine affondano
con forza le vanghe nel suolo, ma sembrano farlo con delicatezza e generosità
tutta femminile, come se tenessero tra le mani i loro bambini.
E l’altro Tommasi,
Adolfo, cugino di Angiolo, dipinge un quadro soave e romantico di un “Idillio”,
dove una giovane coppia elegantemente vestita, a ridosso di una staccionata che
divide un campo di frumento da una strada di campagna, conversa d’amore lontano
da sguardi indiscreti ma sotto la luce del sole di un pomeriggio estivo
toscano.
La conversazione e la
lettura sotto il pergolato, sulla riva, sono il tema del quadro di Ettore Tito,
in cui donne sognanti, attente, curiose, ascoltano leggere una “Lettera
d’amore”.
Sposto lo sguardo
dalle tele alle bianche pareti e mi colpisce una bella scelta di poesie di
Neruda, D’Annunzio, Campana e brani tratti dalla Serao, Verga, Capuana.
In un momento
Sono sfiorite le rose
I petali caduti
Perché io non potevo dimenticare le rose
Le cercavamo insieme
Abbiamo trovato delle rose
Erano le sue rose erano le mie rose
Questo viaggio chiamavamo amore
Col nostro sangue e colle nostre lagrime
facevamo le rose
Che brillavano un momento al sole del
mattino
Le abbiamo sfiorite sotto il sole tra i
rovi
Le rose che non erano le nostre rose
Le mie rose le sue rose.
Dino
Campana a Sibilla Aleramo
Subito associo questa
poesia al quadro di Giovanni Giani “Il mattino delle rose. L’attesa” .
Tutto questo vasto
mondo femminile, cui anch’io appartengo, e qui dipinto esclusivamente da mani
maschili, mi gira intorno colorato, gioioso, sofferente, prezioso,
irripetibile. E penso a tutto quello che è successo dopo, i progressi fatti, le
lotte, la nostra emancipazione, e quello che ancora rimane da conquistare. Eppure se riguardo la donna intenta a cucire,
quella che lavora la terra, la signora che si ripara sotto all’ombrello, la
contadinella del quadro di Pio Joris che si vanta della sua bellezza, la madre
al capezzale, la giovane in attesa dell’amore, ho la sensazione che le donne
non siano mai cambiate, eppure in silenzio e con generosità hanno la forza di
cambiare il mondo e di rischiararlo.
Sarà per via di
quella luce…
Daria D.
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