Opere di Bottarelli, Cusatelli, Benuzzi |
“E’ l’anima di
Morandi”. Mentre Eleonora, che è seduta
accanto a me, dice queste parole, io seguo con lo sguardo la farfalla dalle ali
nere, puntellate di giallo che, entrata inaspettatamente dalla finestra, compie
tre, quattro giri nella casa/studio del pittore Giorgio Morandi.
Non so cosa dire per
lo stupore ma penso che abbia ragione.
Vorrei che rimanesse, ma le anime sono sempre in movimento e non possono
fermarsi troppo a lungo, proprio come le farfalle.
La casa/studio di
Morandi si trova a Grizzana sull’Appennino emiliano ed io lì ci sono andata per
tre motivi necessari, legati tra di loro: un’amicizia, una visita e una mostra.
Eleonora Frattarolo è
docente all’Accademia di Belle Arti di Bologna e curatrice della mostra, inaugurata
pochi giorni fa a Grizzana Morandi, intitolata “Il paesaggio necessario” e che
rimarrà aperta fino al 30 ottobre.
L’amicizia con Eleonora
è stato un colpo di fulmine, l’ho sentita parlare alla presentazione di un
libro e mi ha colpita, non solo per le sue idee molto personali e non “alla
moda”, libere e originali, mirate alla divulgazione in maniera semplice e
chiara della storia dell’arte e delle correnti contemporanee della creatività, ma
per quel modo elegante di muovere le mani, di aggiustarsi i capelli dietro le
orecchie o di portarli da una parte, di stare ad ascoltarti con la mano sul
fianco, di far tintinnare il braccialetto, del suo modo di vestire con classe,
ma non scontato, consapevole, con umiltà, di conoscere e promuovere la bellezza
dell’arte e di perseguirla anche nella sua vita.
La casa/studio è una
villetta a due piani, con un giardino davanti, la facciata dipinta di giallo,
una casa come ce ne sono tante, ma qui ha vissuto Giorgio Morandi e questo la
rende speciale, unica, perfino esteticamente bella.
Casa di Giorgio Morandi |
Eleonora apre la porta
d’entrata e sembra quasi stia per dire “Eccoci maestro, come sta oggi?”.
E’ parte della
famiglia, entra sicura nelle varie stanze a spalancare le persiane e la casa si
trasforma: la luce del sole invade gli ambienti, si posa sui mobili essenziali,
sui letti delle tre sorelle che vivevano con lui, le sedie in quello spigoloso
e scomodo stile anni cinquanta, alcuni schizzi a matita appesi alle pareti, il
letto del maestro che sembra più una branda e che è corto rispetto alla sua
alta statura, come mi fa notare Eleonora. Poi, come se mi volesse far partecipe
di un segreto, apre un armadio e mi mostra il suo impermeabile. Trattengo
il fiato per non far volare nemmeno un granello di quella polvere necessaria
allo scorrer del tempo.
La stanza dove il sole sembra entrare più
prepotentemente è lo studio del pittore, al secondo piano.
Mi affaccio alla
finestra e riconosco il paesaggio che non si stancava di dipingere, come non si
stancava di dipingere le bottiglie, le caraffe, i barattoli vuoti
dell’Ovomaltina, i fiori secchi o finti, oggetti che avrà consumato con gli
occhi per trovarci quell’essenza misteriosa che sta alla base della vita e che
solo gli artisti riescono a scoprire. Forse nemmeno Morandi è possibile che l’abbia
mai capita, quell’essenza, sennò non avrebbe dipinto gli stessi oggetti e lo
stesso paesaggio un’infinità di volte, ma ne ha carpito l’anima, che è molto ma
molto di più.
Vedo dalla parte
opposta della strada i Fienili del Campiaro, dove la sera prima c’è stata l’inaugurazione
della mostra e della ristrutturazione dei due fienili. Il maestro li ha dipinti
tante volte, io al massimo li posso fotografare, usando un mezzo meccanico, non
un pennello imbevuto di chissà quale mistura di ocra e di verde. Un signore del
luogo, incontrato all’esposizione, mi ha raccontato che ha conosciuto il
pittore quando aveva sette anni e che un giorno d’estate, mentre era in vacanza
dai nonni, si era fermato a osservare il maestro che dipingeva al cavalletto,
all’aperto, quel paesaggio “necessario” di cui parla la curatrice della mostra.
Morandi si ferma un attimo e gli chiede “Quanti verdi pensi che ci siano se
guardi quegli alberi?”. Il bimbo come se fosse stato a scuola, un po’
spaventato dalla curiosa domanda, e anche della risposta che avrebbe dato, ci
pensa un po’ e poi dice: “Dieci… maestro?”.
Il maestro fa un sorriso e
risponde: “Molti ma molti di più”. Sono
sicura che quella risposta avrà lasciato un segno nella sensibilità di quel
bambino.
Eleonora mi racconta
qualche episodio legato al maestro ed io intanto poso lo sguardo sugli oggetti
che sono gli stessi che lui ha dipinto. Hanno smesso di vivere da quando lui
non c’è più, ma sono ancora lì, fisicamente presenti, li posso vedere, mentre
il maestro no. Poi mi ricordo della farfalla
e cambio idea.
Giorgio Morandi, Natura morta, 1926 |
La serata ai Fienili
del Campiaro è simpatica e conviviale, ma si sente aleggiare il rammarico che lui non sia con noi. Il sindaco Graziella Leoni che timidamente
sembra nascondere la fascia tricolore tra le sfumature forti del suo vestito,
come per confondersi tra la folla, per non farci pesare la sua carica così
importante, fa un discorso introduttivo, è commossa, felice, quasi la voce non
arriva al pubblico, trattiene le lacrime a forza quando ci dice che con un
referendum popolare è stato deciso di unire il nome di Morandi a quello di
Grizzana. Anch’io sarei fiera di essere
la prima cittadina di questo piccolo sperduto paese dell’Appennino, che magari
pochi conoscono ma che potrebbe stare alla pari con città come New York o
Parigi perché Morandi l’ha immortalato nei suoi quadri, perché tra quei
calanchi ci aveva visto “ il paesaggio più bello del mondo”.
Dentro i fienili, che
pur mantenendo la fisicità di quello che erano un tempo hanno acquistato una dimensione
moderna e idonea a ospitare la mostra, le opere degli artisti Lidia Bagnoli,
Laura Baldassari, Bruno Benuzzi, Maurizio Bottarelli, Claudio Cusatelli, Giulia
Dall’Olio, Daniele Degli Angeli, Massimiliano Fabbri, Dacia Manto, Mauro
Mazzali, Graziano Pompili, Massimo Pulini ci accolgono mostrandoci come il
paesaggio abbia fatto nascere in ognuno di loro il bisogno necessario di
lasciare un segno che sia soprattutto un omaggio alla natura. Un vaso di fiori dai colori carnali, palafitte
stilizzate come pitture rupestri incendiate di rosso, fiori incastonati come
insetti nell’ambra, graffiti su cera colorata simili a impronte di
polpastrelli, ombre dipinte su carta come sindoni di foglie e grovigli di
radici, un letto grande come un campo di zolle di gomma siliconata, marmi su
cui si riflette la superficie lunare, nidi di uccelli in un paesaggio
inesistente all’occhio umano, non a quello divino, una cupola che sembra continente
affiorante da memorie primitive e collettive, figure che si disfano nel verde
dei campi e nei riflessi della luce che entra nella stanza, tebaidi di sogno,
di sale e di cobalto. Tutto questo è “il paesaggio necessario”.
Tra un’opera e
l’altra il mio sguardo non può fare a meno se non di uscire dalle grandi
vetrate che attirano la luce della sera e i tanti tantissimi verdi della natura
e arrivare alla casa di Morandi che spunta come un girasole, unico, solitario,
tra i calanchi.
Interno e opere di Daniele Degli Angeli |
Esco dai fienili, il
sole sta per tramontare e sullo spiazzo la gente si è radunata per mangiare. Su
una lunga tavola apparecchiata una forma di parmigiano scavata nel mezzo,
sembra anch’essa un’opera d’arte, troneggia invitante e quando ne metto un
pezzetto in bocca, sento il sapore immutato della terra d’Emilia, e mi auguro
che rimanga sempre così, nonostante i terremoti, le crisi, le incertezze dei
tempi.
Guardo le stelle nel
cielo terso, in città ormai non si vedono più, e mi domando perché Morandi non
le abbia mai dipinte, sono così belle! Credo che proprio perché sono belle e
perfette Morandi non le abbia mai volute dipingere. E’ troppo ovvia la loro
bellezza. Morandi non cercava la bellezza che non richiede sforzo per essere
compresa, ma quella difficile da percepire, quella che non si vede a occhio
nudo, quella che è appannaggio solo degli artisti ma che generosamente ci
regalano perché ne possiamo godere anche noi.
Sento che questa
visita necessaria a Grizzana Morandi è impregnata di amicizia, di conoscenza,
di rispetto, di cultura, di arte. Questi sono i valori per cui dobbiamo
continuare a vivere, sperare e lottare, nonostante tutto.
Daria D.
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