09 agosto, 2012

“Il paesaggio necessario”, Grizzana Morandi: Una visita necessaria


Opere di Bottarelli, Cusatelli, Benuzzi

“E’ l’anima di Morandi”.  Mentre Eleonora, che è seduta accanto a me, dice queste parole, io seguo con lo sguardo la farfalla dalle ali nere, puntellate di giallo che, entrata inaspettatamente dalla finestra, compie tre, quattro giri nella casa/studio del pittore Giorgio Morandi.
Non so cosa dire per lo stupore ma penso che abbia ragione.  Vorrei che rimanesse, ma le anime sono sempre in movimento e non possono fermarsi troppo a lungo, proprio come le farfalle.
La casa/studio di Morandi si trova a Grizzana sull’Appennino emiliano ed io lì ci sono andata per tre motivi necessari, legati tra di loro: un’amicizia, una visita e una mostra.
Eleonora Frattarolo è docente all’Accademia di Belle Arti di Bologna e curatrice della mostra, inaugurata pochi giorni fa a Grizzana Morandi, intitolata “Il paesaggio necessario” e che rimarrà aperta fino al 30 ottobre.
L’amicizia con Eleonora è stato un colpo di fulmine, l’ho sentita parlare alla presentazione di un libro e mi ha colpita, non solo per le sue idee molto personali e non “alla moda”, libere e originali, mirate alla divulgazione in maniera semplice e chiara della storia dell’arte e delle correnti contemporanee della creatività, ma per quel modo elegante di muovere le mani, di aggiustarsi i capelli dietro le orecchie o di portarli da una parte, di stare ad ascoltarti con la mano sul fianco, di far tintinnare il braccialetto, del suo modo di vestire con classe, ma non scontato, consapevole, con umiltà, di conoscere e promuovere la bellezza dell’arte e di perseguirla anche nella sua vita.
La casa/studio è una villetta a due piani, con un giardino davanti, la facciata dipinta di giallo, una casa come ce ne sono tante, ma qui ha vissuto Giorgio Morandi e questo la rende speciale, unica, perfino esteticamente bella.
Casa di Giorgio Morandi
Eleonora apre la porta d’entrata e sembra quasi stia per dire “Eccoci maestro, come sta oggi?”.
E’ parte della famiglia, entra sicura nelle varie stanze a spalancare le persiane e la casa si trasforma: la luce del sole invade gli ambienti, si posa sui mobili essenziali, sui letti delle tre sorelle che vivevano con lui, le sedie in quello spigoloso e scomodo stile anni cinquanta, alcuni schizzi a matita appesi alle pareti, il letto del maestro che sembra più una branda e che è corto rispetto alla sua alta statura, come mi fa notare Eleonora. Poi, come se mi volesse far partecipe di un segreto, apre un armadio e mi mostra il suo impermeabile.  Trattengo il fiato per non far volare nemmeno un granello di quella polvere necessaria allo scorrer del tempo.
 La stanza dove il sole sembra entrare più prepotentemente è lo studio del pittore, al secondo piano.
Mi affaccio alla finestra e riconosco il paesaggio che non si stancava di dipingere, come non si stancava di dipingere le bottiglie, le caraffe, i barattoli vuoti dell’Ovomaltina, i fiori secchi o finti, oggetti che avrà consumato con gli occhi per trovarci quell’essenza misteriosa che sta alla base della vita e che solo gli artisti riescono a scoprire. Forse nemmeno Morandi è possibile che l’abbia mai capita, quell’essenza, sennò non avrebbe dipinto gli stessi oggetti e lo stesso paesaggio un’infinità di volte, ma ne ha carpito l’anima, che è molto ma molto di più.
Vedo dalla parte opposta della strada i Fienili del Campiaro, dove la sera prima c’è stata l’inaugurazione della mostra e della ristrutturazione dei due fienili. Il maestro li ha dipinti tante volte, io al massimo li posso fotografare, usando un mezzo meccanico, non un pennello imbevuto di chissà quale mistura di ocra e di verde. Un signore del luogo, incontrato all’esposizione, mi ha raccontato che ha conosciuto il pittore quando aveva sette anni e che un giorno d’estate, mentre era in vacanza dai nonni, si era fermato a osservare il maestro che dipingeva al cavalletto, all’aperto, quel paesaggio “necessario” di cui parla la curatrice della mostra. Morandi si ferma un attimo e gli chiede “Quanti verdi pensi che ci siano se guardi quegli alberi?”. Il bimbo come se fosse stato a scuola, un po’ spaventato dalla curiosa domanda, e anche della risposta che avrebbe dato, ci pensa un po’ e poi dice: “Dieci… maestro?”.   Il maestro fa un sorriso e risponde: “Molti ma molti di più”.  Sono sicura che quella risposta avrà lasciato un segno nella sensibilità di quel bambino.
Eleonora mi racconta qualche episodio legato al maestro ed io intanto poso lo sguardo sugli oggetti che sono gli stessi che lui ha dipinto. Hanno smesso di vivere da quando lui non c’è più, ma sono ancora lì, fisicamente presenti, li posso vedere, mentre il maestro no.  Poi mi ricordo della farfalla e cambio idea.
Giorgio Morandi, Natura morta, 1926
La serata ai Fienili del Campiaro è simpatica e conviviale, ma si sente aleggiare il rammarico che lui non sia con noi.  Il sindaco Graziella Leoni che timidamente sembra nascondere la fascia tricolore tra le sfumature forti del suo vestito, come per confondersi tra la folla, per non farci pesare la sua carica così importante, fa un discorso introduttivo, è commossa, felice, quasi la voce non arriva al pubblico, trattiene le lacrime a forza quando ci dice che con un referendum popolare è stato deciso di unire il nome di Morandi a quello di Grizzana.  Anch’io sarei fiera di essere la prima cittadina di questo piccolo sperduto paese dell’Appennino, che magari pochi conoscono ma che potrebbe stare alla pari con città come New York o Parigi perché Morandi l’ha immortalato nei suoi quadri, perché tra quei calanchi ci aveva visto “ il paesaggio più bello del mondo”.
Dentro i fienili, che pur mantenendo la fisicità di quello che erano un tempo hanno acquistato una dimensione moderna e idonea a ospitare la mostra, le opere degli artisti Lidia Bagnoli, Laura Baldassari, Bruno Benuzzi, Maurizio Bottarelli, Claudio Cusatelli, Giulia Dall’Olio, Daniele Degli Angeli, Massimiliano Fabbri, Dacia Manto, Mauro Mazzali, Graziano Pompili, Massimo Pulini ci accolgono mostrandoci come il paesaggio abbia fatto nascere in ognuno di loro il bisogno necessario di lasciare un segno che sia soprattutto un omaggio alla natura.  Un vaso di fiori dai colori carnali, palafitte stilizzate come pitture rupestri incendiate di rosso, fiori incastonati come insetti nell’ambra, graffiti su cera colorata simili a impronte di polpastrelli, ombre dipinte su carta come sindoni di foglie e grovigli di radici, un letto grande come un campo di zolle di gomma siliconata, marmi su cui si riflette la superficie lunare, nidi di uccelli in un paesaggio inesistente all’occhio umano, non a quello divino, una cupola che sembra continente affiorante da memorie primitive e collettive, figure che si disfano nel verde dei campi e nei riflessi della luce che entra nella stanza, tebaidi di sogno, di sale e di cobalto. Tutto questo è “il paesaggio necessario”.
Tra un’opera e l’altra il mio sguardo non può fare a meno se non di uscire dalle grandi vetrate che attirano la luce della sera e i tanti tantissimi verdi della natura e arrivare alla casa di Morandi che spunta come un girasole, unico, solitario, tra i calanchi.
Interno e opere di Daniele Degli Angeli
Esco dai fienili, il sole sta per tramontare e sullo spiazzo la gente si è radunata per mangiare. Su una lunga tavola apparecchiata una forma di parmigiano scavata nel mezzo, sembra anch’essa un’opera d’arte, troneggia invitante e quando ne metto un pezzetto in bocca, sento il sapore immutato della terra d’Emilia, e mi auguro che rimanga sempre così, nonostante i terremoti, le crisi, le incertezze dei tempi.
Guardo le stelle nel cielo terso, in città ormai non si vedono più, e mi domando perché Morandi non le abbia mai dipinte, sono così belle! Credo che proprio perché sono belle e perfette Morandi non le abbia mai volute dipingere. E’ troppo ovvia la loro bellezza. Morandi non cercava la bellezza che non richiede sforzo per essere compresa, ma quella difficile da percepire, quella che non si vede a occhio nudo, quella che è appannaggio solo degli artisti ma che generosamente ci regalano perché ne possiamo godere anche noi.
Sento che questa visita necessaria a Grizzana Morandi è impregnata di amicizia, di conoscenza, di rispetto, di cultura, di arte. Questi sono i valori per cui dobbiamo continuare a vivere, sperare e lottare, nonostante tutto.


Daria D. 

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