01 settembre, 2012

Al Festival delle Nazioni la Franz Liszt Chamber Orchestra. Tra Ungheria e altro…



Chiesa di San Francesco, Città di Castello. “Festival delle Nazioni”, mercoledì 29 agosto 2012


Nel sacro “teatro” della chiesa di San Francesco risuonano le note della “Sinfonia da camera in do minore op. 110a” di Dmitrij Šostakovič, note liriche e, perché no, ieratiche, rese ancora più intense dall’atmosfera del luogo scelto per il concerto. Bella, sentita, pulita l’esecuzione della “Franz Liszt Chamber Orchestra”, abile nel giocare con il reciproco rapporto tra la parte sinistra dell’organico, composto da violini e viole, e la parte destra, composto da violoncelli e contrabbasso. La musica del compositore russo oscilla tra poetici e sentimentali rimandi romantici e ritmi contemporanei, novecenteschi, in un perfetto connubio di armonia e di ritmia.
L’orchestra si dimostra anche all’altezza del “Concerto in re per orchestra per archi” di Igor Stravinsky, un brano, com’è tipico del musicista, creato dalla successione di chiari ritmi binari e ternari, in cui emergono passi di marcia e danzanti. Questa chiarezza, questa pulizia compositiva, anche minimale, è appresa pienamente dai musicisti in scena, che la rendono al pubblico con grande vitalità e dinamicità.
Dopo l’intervallo si passa al programma ungherese –d’altra parte quest’anno il Festival è dedicato all’Ungheria- e ne è Béla Bartók il primo protagonista, con il suo “Divertimento per orchestra d’archi”. Non sono un grande estimatore di questa composizione, piena di corpi ritmici che s’intrecciano tra di loro, dando luogo a un’infinità, e anche a un caos, di diverse linee melodiche che “stressano” la composizione, facendola divenire inconsistente –o troppo consistente, ad libitum.
Si conclude il concerto con un brano classico, la “Rapsodia Ungherese numero 2 in do diesis minore” di Ferenc Liszt con trascrizione orchestrale di Peter Wolf. La Rapsodia la preferisco per pianoforte, ma anche questa orchestrazione, benché snaturi in parte la partitura pianistica, non è male e gli elementi dell’orchestra, dialogando tra di loro, colorano il brano di piacevoli fioriture timbriche.
L’Orchestra concede anche due fuori programma, terminando la serata con la “Danza Ungherese numero 4” di Brahms, compositore non ungherese, ma che ha scritto “Danze Ungheresi”, ed è proprio su queste note che si compie un’ottima serata di musica, impreziosita da una distinta esecuzione orchestrale.

Stefano Duranti Poccetti

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