21 novembre, 2012

VIAGGIO ATTRAVERSO L'IMPOSSIBILE - sogni di cinema, a cura di Francesco Vignaroli. Dodicesima puntata: "Fuori Orario".



FUORI ORARIO   USA   1985  85'  COLORE
(after hours)

REGIA: MARTIN SCORSESE

INTERPRETI: GRIFFIN DUNNE, ROSANNA ARQUETTE, LINDA FIORENTINO, VERNA BLOOM, TERI GARR, WILL PATTON, JOHN HEARD

EDIZIONE DVD: SI', distribuito da WARNER HOME VIDEO








Dopo il lavoro, Paul Hackett (Dunne), tranquillo e metodico programmatore informatico, conosce una ragazza in un bar notturno newyorkese; lei gli da' appuntamento nel quartiere di Soho, lui commette l'errore di accettarlo: è solo l'inizio di un'odissea notturna in una New York pullulante di personaggi uno più svitato dell'altro.
Per Paul sembra proprio impossibile riuscire a tornare a casa, in una notte in cui gli capiterà veramente di tutto, tutto in una notte: si ritroverà ospite di una scultrice con tendenze sado/maso, assisterà impotente ad un suicidio prima ( Marcy, la ragazza dell'appuntamento) e ad un omicidio poi, rischierà lo scalpo ad un raduno punk, verrà scambiato per un rapinatore di quartiere ed inseguito dalla folla inferocita, finirà "imbalsamato" sotto forma di scultura per salvarsi la pelle, salvo poi venire rubato da una coppia di ladri scalcinati che perderà la preziosa "opera d'arte" proprio davanti ai cancelli del palazzo aziendale, giusto in tempo -ormai è mattina- per timbrare il cartellino...

Gioiellino perduto nel cuore degli '80, questa deliziosa black commedy è tutt'altro che uno Scorsese minore: a quasi dieci anni di distanza dal capolavoro "TAXI DRIVER" (1976), il regista torna a filmare una New York notturna, se possibile, ancora più stravolta e grottesca, passandola stavolta sotto l'infallibile lente deformante dell'ironia. Null'altro che un divertissement - e lo si capisce subito-, un scherzo (con la cadenza dell'incubo) che dura dall'inizio alla fine. Ma che funziona alla perfezione. Impossibile non ridere nell'assistere alle peripezie di un povero disgraziato che ha il torto di trovarsi sempre al posto sbagliato nel momento sbagliato e che ha perennemente stampato negli occhi lo sguardo incredulo e stralunato di chi si è ritrovato a passare di lì per caso. E' il calvario di un brav'uomo qualsiasi -ben incarnato dal volto autoironico e un po' anonimo del bravo Griffin Dunne- che finisce nei guai non appena tenta di sfuggire alla propria soffocante routine, catapultato in un mondo che non gli appartiene e di cui non conosce le regole. Paul, più nello specifico, è un "antipicaro": anziché cavalcare gli eventi e piegarli a proprio vantaggio in virtù di una scaltrezza che non ha, subisce senza saper reagire adeguatamente e paga regolarmente ogni maldestro tentativo di trasgredire (si fuma una canna e va fuori di testa, prova a prendere il treno senza pagare ma viene subito bloccato da un poliziotto, tenta di corrompere un buttafuori e finisce fregato); e cosa c'è di peggio, del resto, per un ordinato impiegato modello abituato a rispettare rigidi orari all'interno di giornate programmate minuto per minuto, che ritrovarsi "fuori orario", anzi, senza orario? L'unica cosa che Paul sa fare è, infatti, guardare l'orologio in continuazione, nella vana illusione di poter ancora esercitare un controllo su una realtà che non ha (più) nessuna logica razionale...

"VOGLIO VIVERE", sussurra Paul alla donna che lo nasconde agli inseguitori. In virtù di questa ingenua rivendicazione esistenzialista -niente affatto scontata- è possibile leggere il film come un sogno di libertà regalato a tutti coloro (impiegati ma non solo) che si sentono imprigionati nella propria quotidianità e che per questo decidono di accettare l'invito di Lou Reed a  prendersi una salutare (?) "WALK ON THE WILD SIDE", un momento di sospensione nell'ignoto foriero di sorprese. Ma c'è poco da fare: se non si è dotati di incredibile flessibilità e spirito di adattamento, si viene immancabilmente respinti, come constata il nostro ("VOLEVO SOLO USCIRE UNA SERA...DOVREI MORIRE PER QUESTO?"); e infatti, la storia si chiude, a compimento di una perfetta circolarità alla quale sembra impossibile sfuggire,  nello stesso luogo in cui era cominciata: il rassicurante ufficio, grigio tripudio di computers, scrivanie, giacche e cravatte, una moltitudine di ripetizioni interrotta soltanto da tristi muri divisori...


Forte della perfetta sceneggiatura di Joseph Minion (un orologio svizzero!), Scorsese confeziona un film gustoso, pieno di trovate irresistibili (giusto per citarne un paio: Paul che prepara cartelli segnaletici per indicare ai poliziotti dove trovare il corpo di Marcy; la casa della cameriera pazza, piena di trappole per topi) e situazioni surreali, intimamente "80s" nella sua ricerca dell'intrattenimento leggero tipica del cinema americano da blockbuster del periodo, un cinema abile nel fiutare l'aria da disimpegno degli "anni da bere" e dell'edonismo reaganiano imperante -idealmente, potremmo individuare nel capolavoro "THE BLUES BROTHERS" di John Landis (1980) l'inizio del "decennio spensierato" del cinema americano, periodo in cui verranno alla luce le tipiche fantacommedie alla "RITORNO AL FUTURO" o alla "CORTO CIRCUITO", piuttosto che le (archeo)avventure leggere di "INDIANA JONES" o quelle, più movimentate, alla "1997"-. Ciò detto, non ci si lasci ingannare: Scorsese non si limita a seguire pedissequamente il trend imperante, non sarebbe proprio da lui! Dietro la rassicurante facciata irridente e grottesca che permea tutto il film, il regista torna ad affrontare le tematiche tutt'altro che d'evasione già presenti in "MEAN STREETS" e nel già citato "TAXI DRIVER", i due quadri newyorkesi precedenti, ripresentandoci una metropoli alle prese con gli stessi problemi che la affliggevano nei '70; così, tra uno sberleffo e una risata, fanno capolino storie di disagio, solitudine, alienazione, insoddisfazione, violenza e morte, ed il ricorso al registro comico/dissacrante -funzionale all'indoramento della pillola- non può nascondere le ansie e le preoccupazioni di un acuto osservatore quale è Scorsese, intellettuale americano angosciato per i mali di cui soffre la sua America. E lo spettatore che abbia già visto "TAXI DRIVER" non può non provare un piccolo brivido nel riconoscere, nel conducente inquadrato di spalle quando Paul sale sul taxi, proprio il famigerato giustiziere in giallo Travis Bickle, salvo poi accorgersi, una volta visto il volto dell'uomo, che in realtà si tratta, al massimo, di un suo cugino minore, appena appena meno psicopatico ma dotato degli stessi occhi folli e allucinati del personaggio reso indimenticabile da De Niro.

Scorsese, premiato come miglior regista al Festival di Cannes, si concede come sua abitudine una brevissima apparizione: è l'uomo che manovra il riflettore al "Club Berlin".

Francesco Vignaroli

6 commenti:

  1. mi sono sempre chiesto come avrebbe fatto Paul a riprendere le chiavi del suo appartamento.. (Fabio)

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  2. mi hai fatto venire la voglia di rivederlo (Daria)

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  3. da cui gli autori bonelliani hanno tratto spunto per un altra meravigliosa storia Dylaniata: Dopo Mezzanotte (Fabio 2)

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  4. http://media.comicvine.com/uploads/0/9116/1825078-26_super.jpg (Fabio 2)

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  5. Bellissima recensione, abile nel descrivere dettagliatamente sia la superficie che i lati nascosti di questo gioiellino di Scorsese: "un cinema abile nel fiutare l'aria da disimpegno degli anni da bere e dell'edonismo reaganiano imperante" ma anche "storie di disagio, solitudine, alienazione, insoddisfazione, violenza e morte", il tutto passato "sotto l'infallibile lente deformante dell'ironia".

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