La questione di Taranto è un problema innanzitutto di attualità, ma non per questo un giornale di Spettacolo non può trattarlo. È così che il Corriere ne parla tramite un articolo di Simona Mariucci, che elegantemente fa un parallelo con l’Inferno Dantesco.
A
chi arrivi di lontano la città si mostra per le sue alte torri, rosse come il
fuoco, o come il fuoco spiranti fumo ininterrottamente. Costruzioni di ferro
cingono quella terra sconsolata e non un segno arriva della popolazione. Il
fumo denso e nero crea una nebbia impenetrabile che avvolge tutto
nell’oscurità. Furie infernali ne sono le custodi e fanno ricchi gli abitanti
dei doni a loro propri, rabbia e dolore. Ma il dono più grande è quello
dell’immobilità: Gorgoni tremende pietrificano la gente in una situazione di
perenne stasi e il giorno del riscatto pare inarrivabile. Al dileguarsi della
nebbia la dubbiosa visione diviene atroce: la città è un immenso campo di
tombe, di uomini morti in quell’aria pestilenziale. Il tributo che le Erinni
chiedono è quello del sangue e da quando le torri sono state costruite gli
uomini immolati sono stati circa novanta ogni anno. Altri seicentoquarontotto sono
stati fatti ammalare ogni anno, mediamente. I più vicini alle divinità sono
coloro che trovano lavoro nelle grandi torri. A loro le Erinni destinano morti
per tumori allo stomaco, alla pleura, alla prostata, alla vescica e al
cervello, per malattie neurologiche e cardiache. Intanto, anche la natura si
ribella alle infernali torri con trombe d’aria che scuotono la città e fanno
volare gli uomini fin sul mare.
Decreti
legge, provvedimenti della magistratura, dubbi di incostituzionalità e
conflitti di attribuzione, i proprietari intoccabili. Questa città di Dite
sulla terra, costruita dagli uomini ancor più mostruosamente di quanto Plutone abbia
saputo fare, sembra impossibile da mutare. E’ un Inferno che è stato
autorizzato e che adesso sembra incancellabile. Il dubbio che viene è che queste Furie in realtà non siano altro che
uomini, miserabili uomini che chiedono il sacrificio di altri. E che gli uomini
che dovrebbe salvare la città siano posseduti da altri mostri, diversi ma
ugualmente temibili: avidità, corruzione, paura.
Ma
Taranto non può essere abbandonata così. Taranto è una questione nazionale, di tutti. Per sabato 15 i tarantini organizzano
una manifestazione nella loro città e il loro monito –più che slogan- è questo:
“I morti, i malati e i lavoratori
continuamente ricattati grazie alla mancanza di alternative occupazionali sono
una questione locale, ma la salvaguardia dei diritti, la democrazia ed il
rispetto della Costituzione riguardano l'intera nazione”.
Tra
le possibilità di informazione che internet offre sulla situazione, segnalo il
Comitato dei Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti, presente anche su
Facebook digitando “cittadini e lavoratori liberi e pensanti”. E’ costituito da
un gruppo di tarantini e impiegati dell’Ilva che autonomamente informano sulla
realtà della situazione.
Simona
Mariucci
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