16 gennaio, 2013

Prima nazionale di “Sunset limited” di Cormac McCarthy, con Fabio Sonzogni e Fausto Iheme Caroli. Regia e scena di Fabio Sonzogni. Di Daria D.



Milano, Elsinor Teatro Stabile d’Innovazione, Sala Fontana. Dal 15 al 25 gennaio 2013

Nel buio della sala sentiamo una sirena, rumori di traffico, un treno che passa, voci di gente che forse litiga, discute, si chiama, in un quartiere di poveracci presumibilmente dalla pelle nera, drogati, disperati, senza speranza. Ma non tutti sono così. Tra di loro c’è un angelo, un angelo nero, che una volta è stato in carcere, un alcolista e un violento. Già, una volta. Chi ha detto che anche il peggiore degli esseri umani non possa trovare la redenzione e la salvezza, magari nella fede?  Come avviene in “Sunset Limited”?
Chi ha detto che questa stessa fede non abbia in fondo nessun potere di persuasione, di convincimento sulla ragione, sulla cultura, sull’intelligenza, sulla libertà sacrosanta di ognuno di noi di non accettarla, di respingerla, di confutarla? Come avviene in “Sunset Limited”?
 Non a caso Cormac Mccarthy, in questo romanzo del 2006, ha usato il treno che va verso il tramonto, appunto perché collega la Louisiana alla California, come simbolo di questo dialogo drammatico tra il “professore delle tenebre”, come si definisce il mancato sucida che una mattina decide di gettarcisi sotto, e quell’angelo nero che lo salverà e lo porterà a casa sua.
In un appartamentino molto semplice, un divanetto, una cucina, due lampadine nude, un tavolo con sopra una bibbia e un giornale locale, avviene il dialogo tra queste due anime, una bianca e una nera, che durerà quasi due ore, ore dense e intense, senza inutili pause, ritmo all’americana, veloce, botta e risposta, niente di scontato, di banale, non una frase che non ci faccia pensare e riflettere.  Battute venate d’ironia, d’intelligenza da ambo le parti, quella istintiva e primordiale del Nero e quella sofisticata e nichilista del Bianco. Entrambe valide, accettabili, rispettabili. Perché qui non è in gioco solo la questione di credere o no in Dio, anche se la sua presenza è costante e assidua, ma anche e soprattutto la libertà dell’uomo di disporre della sua vita. La libertà di credere nella luce o nelle tenebre, nella felicità o nella disperazione, nella vita o nel suo contrario. Il suicidio come prova dell’esistenza del libero arbitrio.
Il Nero ci può apparire più convinto e passionale quando espone le sue tesi al Bianco, stanco e disilluso, che della vita ha vissuto la drammaticità e la mancanza di speranza. Ci può sembrare più forte, quando racconta le sue esperienze in carcere e come ne è uscito, una resurrezione che è diventata la sua bandiera e ce la metterà tutta per convincere il professore che Dio ci parla se sappiamo ascoltarlo, che c’è vicino se lo sappiamo vedere.  Com’è successo a lui. Le sue tesi non fanno una grinza se le crediamo ciecamente, senza pensarci un secondo, perché la fede non va discussa ma sentita.
Il Nero ha sprangato la porta, sembra volerlo tenere  prigioniero in casa sua, non vuole lasciarlo andare prima di avergli esposto le sue ragioni e la sua esperienza di fede. Il professore stancamente e ironicamente lo ascolta, è sempre in procinto di andarsene, eppure rimane e accetta una tazza di caffè, un pasto caldo, come se sentisse di non potercela fare a reagire, a controbattere, ad avanzare le sue teorie. Come se sapesse che andarsene sarebbe un ripiombare nella solitudine e nelle tenebre.  Eppure, anche se a volte ci sembra il più debole, pur nella sua altezzosità, non sentiremo mai un grazie dalla sua bocca, e superiorità intellettuale, rimarrà sulle sue posizioni di ateo, di disilluso, di cinico. La felicità di cui il Nero parla come conseguenza della fede, per il Bianco è solo una condizione contraria alla coscienza umana.
Ma sul palcoscenico alla fine rimarrà solo il Nero, perché la porta si aprirà per lasciare uscire il Bianco. Le due anime riprenderanno ciascuna la sua strada, divise apparentemente, ma facenti parte, invece, di un unico grande disegno che non può esistere senza la loro presenza e contributo.
Fabio Sonzogni il Bianco e Fausto Iheme Caroli il Nero riempiono la scena con le loro diversità, in tutto davvero, ci portano a seguirli fino alla fine, senza una ben ché minima lentezza, catturando la nostra attenzione per non farci perdere una virgola, un concetto, un monosillabo del loro impossibile dialogare.
Quando esco dal teatro, il Sunset ha lasciato posto alla notte, fredda, piovosa, e mentre ripenso allo spettacolo, non posso che rallegrarmi che problemi tanto difficili e profondi siano stati raccontati con semplicità e passione, lasciando agli spettatori la libertà di schierarsi con il Bianco o con il Nero, due pedine indispensabili sulla stessa scacchiera: quella della vita.
A voi tutti la prossima mossa…come per esempio andare a  vedere lo spettacolo alla Teatro Sala Fontana di Milano, via Boltraffio 21, dal 15 al 25 gennaio 2013.

Daria D.


SUNSET LIMITED
prima nazionale
di Cormac McCarthy
con Fausto Iheme Caroli (Nero) e Fabio Sonzogni (Bianco)
luci e suono Rossano Siracusano
assistente alla regia Anna Bonalume
assistente scena e costumi Paola Danesi
scena e regia Fabio Sonzogni
durata 1h 55 min (primo atto 70 minuti, secondo atto 45 minuti, intervallo 10 minuti)
inserito in INVITO A TEATRO

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