Milano,
Elsinor Teatro Stabile d’Innovazione, Sala Fontana. Dal 15 al 25 gennaio 2013
Nel buio della sala
sentiamo una sirena, rumori di traffico, un treno che passa, voci di gente che
forse litiga, discute, si chiama, in un quartiere di poveracci presumibilmente
dalla pelle nera, drogati, disperati, senza speranza. Ma non tutti sono così.
Tra di loro c’è un angelo, un angelo nero, che una volta è stato in carcere, un
alcolista e un violento. Già, una volta. Chi ha detto che anche il peggiore
degli esseri umani non possa trovare la redenzione e la salvezza, magari nella
fede? Come avviene in “Sunset Limited”?
Chi ha detto che
questa stessa fede non abbia in fondo nessun potere di persuasione, di
convincimento sulla ragione, sulla cultura, sull’intelligenza, sulla libertà
sacrosanta di ognuno di noi di non accettarla, di respingerla, di confutarla?
Come avviene in “Sunset Limited”?
Non a caso Cormac Mccarthy, in questo romanzo
del 2006, ha usato il treno che va verso il tramonto, appunto perché collega la
Louisiana alla California, come simbolo di questo dialogo drammatico tra il “professore
delle tenebre”, come si definisce il mancato sucida che una mattina decide di
gettarcisi sotto, e quell’angelo nero che lo salverà e lo porterà a casa sua.
In un appartamentino
molto semplice, un divanetto, una cucina, due lampadine nude, un tavolo con
sopra una bibbia e un giornale locale, avviene il dialogo tra queste due anime,
una bianca e una nera, che durerà quasi due ore, ore dense e intense, senza
inutili pause, ritmo all’americana, veloce, botta e risposta, niente di
scontato, di banale, non una frase che non ci faccia pensare e riflettere. Battute venate d’ironia, d’intelligenza da
ambo le parti, quella istintiva e primordiale del Nero e quella sofisticata e
nichilista del Bianco. Entrambe valide, accettabili, rispettabili. Perché qui
non è in gioco solo la questione di credere o no in Dio, anche se la sua
presenza è costante e assidua, ma anche e soprattutto la libertà dell’uomo di disporre
della sua vita. La libertà di credere nella luce o nelle tenebre, nella
felicità o nella disperazione, nella vita o nel suo contrario. Il suicidio come
prova dell’esistenza del libero arbitrio.
Il Nero ci può
apparire più convinto e passionale quando espone le sue tesi al Bianco, stanco
e disilluso, che della vita ha vissuto la drammaticità e la mancanza di
speranza. Ci può sembrare più forte, quando racconta le sue esperienze in
carcere e come ne è uscito, una resurrezione che è diventata la sua bandiera e
ce la metterà tutta per convincere il professore che Dio ci parla se sappiamo
ascoltarlo, che c’è vicino se lo sappiamo vedere. Com’è successo a lui. Le sue tesi non fanno
una grinza se le crediamo ciecamente, senza pensarci un secondo, perché la fede
non va discussa ma sentita.
Il Nero ha sprangato
la porta, sembra volerlo tenere
prigioniero in casa sua, non vuole lasciarlo andare prima di avergli
esposto le sue ragioni e la sua esperienza di fede. Il professore stancamente e
ironicamente lo ascolta, è sempre in procinto di andarsene, eppure rimane e
accetta una tazza di caffè, un pasto caldo, come se sentisse di non potercela
fare a reagire, a controbattere, ad avanzare le sue teorie. Come se sapesse che
andarsene sarebbe un ripiombare nella solitudine e nelle tenebre. Eppure, anche se a volte ci sembra il più
debole, pur nella sua altezzosità, non sentiremo mai un grazie dalla sua bocca,
e superiorità intellettuale, rimarrà sulle sue posizioni di ateo, di disilluso,
di cinico. La felicità di cui il Nero parla come conseguenza della fede, per il
Bianco è solo una condizione contraria alla coscienza umana.
Ma sul palcoscenico
alla fine rimarrà solo il Nero, perché la porta si aprirà per lasciare uscire
il Bianco. Le due anime riprenderanno ciascuna la sua strada, divise
apparentemente, ma facenti parte, invece, di un unico grande disegno che non
può esistere senza la loro presenza e contributo.
Fabio Sonzogni il
Bianco e Fausto Iheme Caroli il Nero riempiono la scena con le loro diversità,
in tutto davvero, ci portano a seguirli fino alla fine, senza una ben ché
minima lentezza, catturando la nostra attenzione per non farci perdere una
virgola, un concetto, un monosillabo del loro impossibile dialogare.
Quando esco dal teatro,
il Sunset ha lasciato posto alla
notte, fredda, piovosa, e mentre ripenso allo spettacolo, non posso che
rallegrarmi che problemi tanto difficili e profondi siano stati raccontati con
semplicità e passione, lasciando agli spettatori la libertà di schierarsi con
il Bianco o con il Nero, due pedine indispensabili sulla stessa scacchiera:
quella della vita.
A voi tutti la prossima mossa…come per esempio
andare a vedere lo spettacolo alla
Teatro Sala Fontana di Milano, via Boltraffio 21, dal 15 al 25 gennaio 2013.
Daria D.
SUNSET
LIMITED
prima nazionale
di Cormac McCarthy
con Fausto Iheme
Caroli (Nero) e Fabio Sonzogni (Bianco)
luci e suono Rossano
Siracusano
assistente alla regia Anna Bonalume
assistente scena e
costumi Paola Danesi
scena e regia Fabio
Sonzogni
durata 1h 55 min
(primo atto 70 minuti, secondo atto 45 minuti, intervallo 10 minuti)
inserito in INVITO A
TEATRO
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