Era il 1877 quando fu
pubblicato il romanzo di Lev Tolstoij intitolato Anna Karenina, suddiviso in
otto parti e tanto apprezzato da Dostoevskij. L’autore dichiarò di aver
immaginato un «nudo gomito femminile di un elegante braccio aristocratico», e
non poté sottrarsi all’idea di creare e adattare un personaggio che prendesse
vita. L’ultima versione del film, diretta da Joe Wright e sceneggiata da Tom
Stoppard, evidenzia in due ore e dieci minuti tutti i tratti salienti della
vita di una donna coraggiosa e “dannata”.
Ambientato in teatro,
dove ogni cambiamento di scenografia sembra essere un nuovo capitolo, il nuovo
paragrafo di una storia complessa e tormentata in cui il suono dei tamburi e
della locomotiva, dei ventagli e delle galoppate, coincidono in un unico
istante.
Anna Karenina (Keira
Knightley), moglie di Aleksei Aleksandrovič Karenin (Jude Law), un ufficiale
governativo, madre di Serëža e sorella di Stiva, viene chiamata da San
Pietroburgo per persuadere Dolly a non lasciare suo fratello, bensì a perdonare
i suoi tradimenti. Sin dal principio, parlando con la cognata, Anna mostra
quanto l’amore sia o debba essere la priorità. Le chiede dunque di scusarlo, di
accettarlo in nome di quel sentimento nobile che tutto crea e distrugge. Alla
fine di un viaggio che la conduce a Mosca, incontra casualmente l’ufficiale
dell’esercito Aleksej Kirillovič Vronskij (Aaron Johnson), che attende alla
stazione il rientro di sua madre, compagna di viaggio di Anna. Il primo sguardo
sembra aver già segnato il destino dei due.
Qualcuno lo
chiamerebbe un colpo di fulmine, altri una pura attrazione. Ad ogni modo,
quell’attimo lascia un’impronta indelebile. Anna ritorna a San Pietroburgo da
suo marito, Aleksej prende il suo stesso treno. Il giovane ufficiale è oggetto
del desiderio della giovane sorella di Dolly, Katerina Aleksandrovna
Ščerbackaja, soprannominata Kitty; che attendendo una sua proposta di
matrimonio, rifiuta Konstantin Dmitrič Levin, amico di Stiva.
Aleksej sembra non
avere nessuna intenzione di sposarla da quando nella sua vita è entrata con forza la presenza disarmante
della splendida Anna, capace di ammaliare e incantare con modi eleganti,
delicati e raffinati. Ma allo stesso tempo, risulta essere carnefice quanto
vittima: non riesce a non farsi sedurre dall’ufficiale, né a distogliere lo
sguardo ogni qualvolta le si presenti l’occasione; e non rifiuta Aleksej
neanche quando la invita a ballare un valzer: quei passi di danza sembrano
unire i due in un unico corpo, un’unica mente, un’unica anima.
Tutto tace e tutto
diviene immobile: ci sono solo delle leggere note ad accompagnare il loro
intreccio capace di lasciare chiunque senza fiato. Nasce lo scandalo. La gente
commenta e le voci si diffondono sempre più, divenendo urla, schiamazzi,
esclamazioni. Aleksei Karenin chiede alla moglie spiegazioni, ma lei nega.
Eppure la passione, l’amore pian piano la travolge al punto da farle perdere il
controllo e il senno.
Anna si innamora,
questo è il suo più grande peccato. E per quel sentimento è disposta a perdere
tutto: per la prima volta capisce e conosce il significato della parola "felicità". Non accetta più di vivere lontano dal suo amante, neanche per
un’ora. La loro storia d’amore prosegue a gonfie vele, Anna aspetta una
bambina. Decide di parlare al marito, di ammettergli quella verità dolorosa e
crudele.
Non c’è perdono per
l’adulterio, non ci sono amici disposti a supportarti, (eccetto Dolly), quando
tutti ti additano come la “sgualdrina”. Eppure Anna non si dà per vinta:
l’amore deve trionfare, l’amore è il motore più potente.
Coraggiosa, audace,
determinata, ma vittima di quel che i sentimenti possono causare: ti portano in
alto e ti fanno precipitare nella fossa con la stessa intensità e senza alcuna
pietà. Probabilmente Anna era consapevole di ciò. Un vuoto d’amore non si colma
con l’aria, ed è il prezzo da pagare se si vuole assaporare e gustare la
felicità. Magistrale interpretazione
della protagonista; una lieve riduzione di pathos tra il primo e il secondo
tempo è l’unica pecca del film.
“Quando l’amore vi chiama seguitelo. Anche se le sue vie sono dure e
scoscese. E quando le sue ali vi avvolgono affidatevi a lui. Anche se la sua
lama, nascosta tra le piume potrebbe ferirvi. E quando vi parla abbiate fiducia
in lui. Anche se la sua voce può infrangere i vostri sogni come il vento del
nord devasta un giardino. Perché l’amore come vi incorona, allo stesso modo può
crocifiggervi. E come vi fa fiorire, allo stesso modo vi recide.”. Tratto
da “Il Profeta” di Kahlil Gibran.
Francesca Saveria Cimmino
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