Il Sé che parla all'Anima 1992 |
Il suono incessante e
ipnotico della cascata e quello del treno, che passa a intervalli regolari,
sono la colonna sonora della mia conversazione intervista con Vittorio
Mazzucconi, artista la cui poliedrica apertura ci ricorda un uomo del
Rinascimento ma con un lato aristocratico, inteso come un volersi allontanare,
per difendersi dal rumore assordante
della folla di quegli artisti sempre presenti e osannati, molto spesso a torto,
per seguie un suo cammino interiore fatto di silenziosa ricerca, costante e
tormentata, del bello, dell’armonia, dello spirito.
Mazzucconi è tante
cose, oltre che essere un uomo
con cui è un piacere conversare e imparare: architetto, con importanti opere a
livello internazionale, soprattutto a Parigi, pittore, urbanista, filosofo.
Spirito libero da toscano qual’ è, schivo e solitario, vive in un grande spazio
sui Navigli, che lui stesso ha disegnato e dedicato alla sua fondazione-studio.
I suoi quadri dai colori decisi, che sembrano affondare negli abissi, il blu
dell’oltretomba in “After” con Osiride il re dei morti, il rosso di un relitto
di nave de “Il Naufragio” o de “La Sfinge”, i verdi de “L’Arpia”, il viola del
dio del mare nel “Poseydon”, a volte invece più sfumati, tenui, il rosa del
corpo di “Alkemicus” o di “Gioia in Primavera”, l’avorio di un’ala in “Il Sé
che parla all’anima” grandeggiano ovunque, anche uno sull’altro, contro le
pareti, lasciandoci intravvedere cerchi come mandala astrologici, schiene,
mani, maschere, segreti legati alla sua vita, ai suoi amori, al suo passato.
Lo intuisco ma non faccio domande perché
capire, vorrebbe dire razionalizzare lo spirito, la psiche umana, l’eros. Lascio che sia lui a raccontarmi come nasce
la sua pittura. Ed è come se raccontasse come si dipinge un sogno, un incubo,
un risveglio, più o meno amaro. Allora immaginiamolo mentre sceglie un colore
dalla tavolozza e comincia a spanderlo sulla tela bianca, o un grande foglio,
lasciando che la sua mano si faccia guidare da una forza e tensione interiore
che parte dal cuore, si irradia al braccio, poi al pennello fino alla superficie. Le immagini prenderanno forma spontaneamente,
senza preconcetti, solo col procedere e susseguirsi dei movimenti scaturiti
dalla linea dei pensieri e delle sensazioni, nel silenzio e nella
solitudine. Mazzucconi dipinge le
sfumature dell’anima, dell’essere e dell’esistere, senza mai tornare
indietro a ritoccare le tele, a meno di rifonderle completamente e
drammaticamente quando all'amore è seguita la delusione dell'abbandono.
Atlantide (Eros e Psiche) 1978 |
Mi affaccio dalla
finestra della caffetteria, in cui mi riceve, dove anche qui le sue tele arredano
l’ambiente, e vedo un giardino spoglio ma poetico, affacciato sull’acqua del
Naviglio che scorre nel suo divenire. Penso a quanto sarebbe piacevole sedersi
sulle sedie di ghisa, sotto gli alberi, quando le sere sono calde, a
chiacchierare o semplicemente ad ascoltare il rumore dell’acqua e il sibilare
del treno.
L’artista, fin dal
2009, tiene due seminari trimestrali l’anno, in primavera e in autunno,
chiamati “Il Convivio”, consistenti ognuno in una decina di incontri
settimanali dove i partecipanti, pur eterogenei, condividono l’amore per la
conoscenza, l’arte, la filosofia, conversando e scambiandosi idee ed
esperienze.
Fino ad ora si è
parlato de “Il lavoro spirituale”, “Arte e Psiche”, “Sentimento e Ragione”,
“Conosci te stesso”, “Conoscenza e Amore”, “Coscienza”, “Armonia”. Temi
affascinanti su cui Mazzucconi
espone il frutto della sua ricerca filosofica e i partecipanti intervengono
in maniera spontanea e libera. Alla fine della serata una cena conviviale
perché non solo lo spirito ha diritto a essere alimentato.
“Questi seminari non
vanno perduti perché dopo ogni incontro trascrivo gli interventi che poi
racchiudo nei libri che vedi esposti. E’ un grosso lavoro, che mi impegna
molto, ma stimolante, perché mi porta a sviluppare un pensiero e a
condividerlo con altre sensibilità e con le idee dei partecipanti”.
Infatti, su due
lunghi tavoli, all’entrata dello studio, ci sono tanti libri sulla cui
copertina è riprodotto un quadro, quello che meglio rappresenta l’argomento del
seminario. "Arte e Psiche" è l'ultimo uscito (Edizioni Mimesis) e,
con il suo sottotitolo "La vicenda dell'anima attraverso la mia pittura ed
oltre", ci indica subito l'unione fra arte e filosofia che è propria del
nostro protagonista . Egli è anche scrittore, come lo era stato suo padre di
cui, mi confida, sta leggendo, anche con fatica perché sono pagine scritte a
mano, a volte sono solo appunti o note disordinate, un romanzo che non è mai
stato pubblicato. Mi racconta della sua felicità quando, subito prima di
Natale, l’ha trovato dopo anni passati
nel timore e nel dispiacere di averlo perduto.
“Ho passato il Natale
con mio padre…questo mi ha dato una grande commozione e gioia e non mi sono
sentito solo…sai le feste hanno sempre qualcosa di malinconico…per chi vive in
solitudine”. Si commuove mentre dice
così, rivelando un grande rispetto e amore per quel padre che lo aveva
incoraggiato a disegnare col massimo impegno, come è nella tradizione
Fiorentina, pensando giustamente che un pittore comincia con la riproduzione
dal vero e la familiarità con le forme della natura.
Poi cambia argomento
e mi racconta dell’ incontro con un amico pittore, che gli fa provare, per la
prima volta, nel suo studio di Brera, l’emozione dei colori, lui che, avendo
sempre solo disegnato, aveva sviluppato così, fino a quel momento, più
l'architettura che la pittura.
Ci alziamo da tavola,
abbiamo bevuto del buon Barbera, la serata è fredda ma serena, e Vittorio mi
guida per le ampie sale fermandosi davanti ad ogni quadro, quelli esposti e che
non sono tutti, naturalmente, avendone dipinti circa cinquecento, nel corso
della sua carriera.
E’ come fare un
viaggio nella mitologia, nei sentimenti umani, nella magia, nelle profondità
della psiche, tra dèi e angeli, uomini e donne, con il volto appena accennato,
velato o nascosto da una maschera, oppure completamente assente, come se
l’intelletto, il raziocinio, fossero solo un impedimento all’amore, alla
libertà, agli ideali, alla creazione. E anche come se l’identità di alcune
figure femminili fosse sublimata nella
memoria, al di là del loro corpo
sensuale e pieno di un tempo.
Alchemicus 1989 |
Capisco che la
bellezza poetica dei suoi quadri è data dalle proporzioni, dalla tecnica non
disgiunta dalla passione e dall’ispirazione.
Mi riconosco in quelle figure che volano via da qualcuno, da qualcosa,
che si congiungono negli amplessi, che vengono innalzate, amate, incastonate in
spirali colorate, come scale che portano verso il cielo. O verso gli inferi.
Mazzucconi ha usato
colori e pennelli per raccontare le sue storie d’amore non solo per le donne ma
per la conoscenza, l’arte, la bellezza, valori universali che non devono e
possono essere ignorati. Altrimenti si rischia di cadere negli abissi
dell’ignoranza, della volgarità, dell’inutilità. La creazione è un immergersi
nelle viscere delle nostre paure, incubi, solitudini, sofferenze, per tirare
fuori quello che di bello c’è in tutti noi, nessuno escluso.
Il nostro incontro
finisce, ho capito e imparato molte cose, Mazzucconi mi invita a partecipare ai
prossimi seminari, e intanto il Naviglio continua a scorrere e il treno a
passare. Chissà se si sono accorti di noi.
Daria D.
consiglio: http://www.lacrimae-rerum.it/documents/architectures-in-the-post-globalism-era.pdf
RispondiEliminaRaffaele Giovanelli