Paul Gauguin, Da dove veniamo? |
Ai giorni nostri,
siamo soliti conoscere la filosofia come una disciplina da studiare, per un
voto a scuola o per un esame all’università, ma essa davvero è solo una
disciplina da studiare e basta, o e molto di più? Cos’è la filosofia? Potremo
rispondere che è la storia di grandi pensatori e la scienza della saggezza, ma
essa non è solo questo, non è nata per questo ma per la cura dell’uomo,
infatti, la Filosofia è amore per l’altro, essa è l’unica scienza della cura umana:
per riuscire a lottare contro uno stato d’animo che ha condotto l’uomo ad un
malessere o depressione. Questo può sembrare molto strano e un’invenzione a chi
non conosce questo aspetto della filosofia; soprattutto perché attribuiamo la
cura degli stati depressivi alla psicologia. In tale contesto, però, non
sappiamo che quest’ultima deriva dalla filosofia. In una parola non siamo
consapevoli che la filosofia è superiore alla psicologia, che è inferiore, e
tra l’altro la divina filosofia è la vera cura di sé, e di tutta
l’umanità. La filosofia è madre della
psicologia, della pedagogia, della sociologia… tutto deriva dalla filosofia,
madre superiore e immortale, la guida dell’uomo fin dall’origine di
quest’ultimo. Ma che differenza c’è tra psicologia e filosofia?
La psicologia
definisce le problematiche dell’uomo come problemi psicologici. Essa cura
quindi l’individuo sulla base dei principi psicologici, quindi si basa sulla
medicina. Per la filosofia invece non esistono problemi psicologici, anzi, non
esistono nemmeno i problemi, è la persona che pensa di averceli. Per essa, e
con essa la persona viene considerata dal punto di vista della propria
sensibilità e fragilità. E queste sono al mio avviso le vere questioni che
conducono un singolo individuo allo stato depressivo. In tale caso, solo la
filosofia può aiutare l’uomo. La psicologia non è in grado di farlo, poiché
essa si occupa dello studio dei comportamenti e dei processi mentali della
persona, nel senso proprio di problemi psicologici; quelli che provocherebbero
più o meno, dal punto di vista della psicologia, dei traumi mentali, ma nello
stato depressivo, non esiste una causa psicologica, ma una causa derivata dalla
fragilità dell’individuo. In tale caso, l’uomo si trova in una condizione in
cui si chiede il perché? Non riesce ad affrontale la situazione in cui si
trova, non riesce a dare o a trovare una spiegazione di questa, non riesce in
una parola, come dice nel suo saggio Vito Mancuso (teologo del nostro tempo) a
definire la sua vita autentica; L’uomo davanti al suo stato di sconforto (in
cui pensa e crede di avere problemi) si sente inautentico. Possiamo costruire
l’immagine dell’uomo in uno stato in cui si domanda che senso ha la sua
esistenza? In effetti, come sostiene Mancuso, nella nostra esistenza ci
domandiamo molte volte come possiamo definire la nostra vita autentica (termine
introdotto dal filosofo Martin Heidegger come anche il suo contrario:
inautenticità), un aspetto molto importante e complesso, ma soprattutto
necessario poiché “l’autenticità” è un bisogno da individuare per poter dare un
valore alle nostre vite; in modo particolare quando ci troviamo davanti
angosce, dolori, frustrazioni (ad esempio: una perdita di una persona a noi
cara, la perdita del lavoro, il complesso rapporto con i figli, sperimentare un
tradimento, l’inganno, la violenza e così via...); oppure ancora quando ci troviamo davanti a
parole di cui non sappiamo come definirle autentiche. E proprio Vito Mancuso
nel suo saggio si pone tutto questo. Un aspetto che non può passare inosservato
agli occhi di nessuno, tanto meno, non può passare inosservato da parte di chi
si occupa di aiutare gli altri. Al contrario degli psicologi (che si orientano
sui processi mentali), che trascurano l’animo dell’individuo, i filosofi puntano
molta attenzione proprio all’individuo considerando il suo animo, la sua
sensibilità e fragilità; e questo aspetto è molto importante, è proprio il
punto vero di partenza della cura dell’essere umano. La filosofia guarda
l’uomo, sa molto bene quello di cui ha bisogno: dare una validità o autenticità
alla propria esistenza. Per tale ragione definisco il saggio di V.M. “La vita
autentica” il punto di partenza di come aiutare l’uomo; poiché solo partendo
dal principio i problemi non esistono, sono solamente una creazione
dell’individuo (attraverso la propria libertà) e ancora, partendo con la
consapevolezza che ogni essere umano è speciale, è un’opera d’arte o come dice
V.M. “autentico”- si può trovare la vera strategia di cura per l’uomo sensibile
e fragile. Per il bene dell’uomo nel processo d’aiuto dobbiamo avere la
conoscenza e la consapevolezza che la vita è sempre autentica anche quando non
riusciamo a non trovare un valore ad un determinato evento doloroso che ci
appare come impossibile da superare; la vita è ugualmente autentica, proprio
come quando lo è anche quando la ci presenta le gioie.
L’individuo di fronte
ai dolori non riesce a conciliare o a vedere la bellezza e il sublime della
vita. Ci abbattiamo e crolliamo così in uno stato depressivo. Qui non riusciamo
più a conciliare che la vita è autentica, bella sia con gli aspetti negativi e
sia con quelli positivi, è autentica davanti alle gioie e anche davanti ai
dolori; se non ci fossero questi aspetti la vita non sarebbe un’opera d’arte,
come non lo sarebbe nemmeno l’uomo. Senza entrambi gli aspetti, infatti, l’uomo
non sarebbe stato autentico, non sarebbe nemmeno egli autentico. In una parola,
la vita è bella davanti ad un qualsiasi aspetto, non esiste la vita brutta, non
esistono problemi, non esiste l’inautenticità come sottolinea Vito Mancuso nel
suo saggio. Se riflettiamo, prendendo per esempio un romanzo, questo è definito
al fine bello perché dopo tante sventure c’è una conclusione felice (o lieto
fine) e qui si svela la sua autenticità: quella di un’opera d’arte; è vero che
è difficile definire anche un’opera d’arte stessa autentica, ma se riflettiamo,
cosa sarebbe stato quel romanzo senza le vicende brutte? La stessa identica
cosa vale per l’esistenza umana. Se in quel romanzo tutto, sarebbe stato
perfetto, non ci sarebbe nulla di bello, di conseguenza i problemi sono
pensieri, credenze dell’uomo, ma non esistono. L’unica cosa che esiste è
solamente la vita autentica, l’uomo autentico, l’uomo sublime perché fragile e
sensibile. I filosofi al contrario degli psicologi questo lo sanno bene.
Conoscono l’uomo, non c’è nel rapporto con lui un sentimento di alterità, al
contrario da ciò che avviene con lo psicologo, che vede un paziente e quindi un
malato. Non esistono problemi, non esiste un malato e per questo la filosofia è
amore per la vita, amore per l’altro, poiché vede questo, un’autenticità anche
con la sua sensibilità e fragilità, che è anche un aspetto della vita che fa di
lei una bellezza unica. Però davanti a questi l’uomo debole ha bisogno degli
intellettuali capaci di orientarli a trovare un significato alla vita, capaci
di aiutarli a svelare l’autenticità della vita in qualsiasi istante e anche la
loro. Solo i filosofi possono far questo, ovvero far scoprire a un singolo uomo
che egli è un’opera d’arte, che tutta la sua vita diversa da quelle degli altri
è un’opera d’arte unica e autentica.Curare una depressione conciliandola come
un problema psicologico è un fallimento: il fallimento della psicologia, una
scienza al mio giudizio fredda, stupida, incapace ed inferiore, una generatrice
di alterità e quindi dannosa per l’individuo fragile e sensibile, che deve
essere considerato, ammirato nella sua nobiltà (sensibilità e fragilità), per
il suo cuore. Un individuo che necessità di essere aiutato per fare della sua
vita un’opera d’arte, la filosofia, che non è fredda ma, calore e amore è
l’unica a saper aiutare l’uomo. Questo aspetto può apparire a molti
un’affermazione banale, ma non lo è, la filosofia c’è sempre stata, mentre la
psicologia è arrivata molti secoli dopo, e non solo, ha origine dalla
filosofia. Un tempo, quando la psicologia non esisteva ancora, era la filosofia
che si occupava delle depressioni umane. In questo itinerario la filosofia è
superiore perché è fatta da uomini, con grande cuore, che svegliandosi in
questa esistenza si sono innamorati di essa, la vita, un bel fiore bello da
costruire e saper vedere. L’innamoramento di essa fa sviluppare la saggezza,
quella di fare anche degli aspetti brutti una bellezza, e questo aiuta a curare l’uomo, che non
riesce a trovare la sua autenticità. La psicologia non è fatta d’amore, ma di
medicina. Dove non c’è amore resta solamente l’infelicità, dove non c’è amore,
c’è malattia, quella dei membri della psicologia, che credono che sono gli
unici a stare bene, a essere sani di mente, ma non c’è più malato di chi crede
di essere sano mentre chi ha davanti è un paziente con un x disturbo. Questa è
solo ipocrisia e stupidità e allontanamento dalla verità e cioè che l’uomo è un
essere sublime, e in questo nessuno è escluso; a volte ci si dimentica che
l’uomo non sa che è un essere sublime, a
volte è complesso trovare il proprio sublime del proprio sé, quando è pieno
d’angoscia e dolore, e qui l’uomo vive in una caverna (come diceva Platone) e
si domanda chi è? Che senso ha la sua vita? A chi dove ringraziare o maledire
per essere qui? Che cosa fa qui? Quale è il suo posto qui? È davanti alla
morte, l’uomo sensibile, fragile si chiede il perché, dove si va, quando si
morirà? Tutti questi interrogativi
possono sembrare un riassunto del dipinto di
Paul Gauguin intitolato “Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?” del
1897, ma non vuole essere questo un riassunto. L’arte è un modo di esprimersi,
l’arte è anche un modo per descrivere la filosofia e l’uomo. Nell’arte, come
nella scrittura, nella musica, ecc. c’è anche filosofia, nell’arte ci sono
anche i filosofi, che descrivono il loro pensiero, cosa invece che non esiste
nella psicologia. Nell’arte c’è anche il desiderio di raccontarsi, nell’arte
c’è anche un mezzo per aver cura di sé. Nell’arte c’è la vita di un individuo e
degli altri, che la racconta e racconta, che ha bisogno di raccontarla; e tale
bisogno nasce sia nei momenti belli o brutti della propria vita. L’arte è
autenticità, come lo è del resto anche l’uomo, e com’è complesso definirci
autentici è difficile definire anche un’opera d’arte autentica, come afferma
Mancuso. E proprio perché esiste la complessità che l’uomo vive le sue ansie
depressive, e mai per problemi psicologici, come affermano gli psicologi. E
proprio la filosofia lo sa bene, solo la filosofia conosce l’uomo, sa guardare
veramente l’uomo e non la psicologia. La filosofia, perché pone uno sguardo
alla vita, mentre la psicologia pone gli sguardi sulla base della medicina, ma
l’animo di un singolo individuo non si cura e non si può curare con questa, ma
solo attraverso la saggezza.
Solo con la
consapevolezza che l’uomo cerca un senso al suo stato precario, e cerca un
conforto, una comprensione. Il bisogno proprio di essere capito, considerato e
aiutato, poiché nelle sue domande, nello stato depressivo, non riesce a trovare
un senso, e quindi ha bisogno d’aiuto, che solo il filosofo gli può dare. La
filosofia è nata per tali ragioni, per l’individuo. E’ nata dall’amore verso
l’altro, per l’umanità, e mai per cercare o giustificare un problema
psicologico, come fa la signora psicologia. Questa a confronto è nulla, e
continuerà ad esserlo, finché non guarderà la verità, finché non guarderà
l’arte della vita autentica, come fa la filosofia, che non viene mai
dimenticata, che vive con l’uomo fin dall’origine di questo, lo accompagna.
Il Mito della Caverna di Platone |
In quest’itinerario
non affronto solo una riflessione personale nuova svolta con tanta osservazione
e ricerca; non affermo nulla che non è nuovo. Infatti, dagli anni ottanta del
secolo scorso, in Italia e precisamente ad Arezzo è nato il centro di “terapia
breve strategica” di Giorgio Nardone (laureato in filosofia e specializzato in
psicologia e psicoterapeutica in America), che rappresenta a prima vista un
grande rinnovamento nel campo della psicologia, ma questo non significa che
Giorgio Nardone abbia fatto un grande passo, ma semplicemente un passo
propagandistico. Non si tratta di una personalità professionale di poco valore,
poiché egli ha una formazione in cui l’approccio allo studio della mente non si
basa sulla tradizione medica o psichiatrica, ma su quella della logica,
dell'antropologia, della filosofia e dello studio della comunicazione, di
conseguenza ha un orientamento giusto, per quello che serve all’individuo in
stato depressivo. In altre parole, si è compresso in un certo senso che
l’individuo non può essere curato attraverso la medicina; ma ciò non fa di G.
N. a mio giudizio un professionista di grande valore, non sto parlando di una
personalità di poco conto o valore, ma credo che non abbia creato niente
d’importante, ma solamente una copia del suo maestro Paul Watzlawick esponente
della Scuola di Palo Alto, negli Stati Uniti, in cui si fa, appunto, “terapia
breve”, la stessa che lo psicologo ha trasportato in Italia insieme a Nardone;
non c’è nulla di male nell’importare un nuovo orientamento, una diversa
visione, non c’è nulla di male nell’avere un modello o un esempio, ma ritengo
che dove c’è una copia non esiste professionalità. Tale giudizio può essere
comunque errato, e ciò che critico a G. N. non è questo, ma il fatto che da
un’ispirazione bisogna apportare nuove idee; da un’ispirazione bisogna volgere
uno sguardo al tempo in cui l’esigenze umane cambiano e una copia non permette
questo, ma piuttosto una chiusura a non trovare nuovi approcci per affrontare i
nuovi ostacoli depressivi e, di conseguenza, la copia non fa ricerca, cosa molto necessaria e di
primaria importanza. La parte peggiore e dannosa del centro di Nardone è il
fatto che i suoi collaboratori sono stati studenti, dentro il suo stesso
centro; ciò non va bene, poiché
diventano solamente altre imitazioni, non costruiscono una loro identità
professionale, ma solo la continuità del maestro, una chiusura a nuove visioni
e a nuove prospettive di cura. Un vero centro ha collaboratori di diverse
scuole, mai quelli che provengono dalla formazione del centro stesso. Parliamo
di un centro il quale si afferma che la terapia psicologica si basa sulla
logica e sulla filosofia, ma di questa cosa c’è? Qui c’è la presenza solo di
psicologi e psicoterapeutici e quindi personalità che si basano sulla medicina;
la dove si dice terapia breve basata sulla logica e sulla filosofia, ci
dovrebbero stare anche filosofi, ma non ci sono, allora che cos’è la scuola di
Nardone? Senza la filosofia, senza un filosofo non c’è terapia strategica breve
basata su questa. Un centro che si occupa soprattutto della persona in stato
depressivo non deve essere solamente fondato da psicologi, ma ci vogliono
filosofi veri, non persone laureate in filosofia e specializzate in psicologia:
ci vogliono filosofi, ci vogliono sociologi, pedagogisti… che non vengono dalla
stessa scuola. Per la cura dell’essere umano c’è bisogno di presenze diverse,
di veri filosofi, veri psicologi, veri pedagogisti, sociologi… veri nel senso
che bisogna essere o psicologo o filosofo, non si può essere entrambe le cose,
o uno o l’altro. Bisogna essere, non bisogna avere lauree, queste non fanno
professionisti. Per la cura della persona
bisogna avere saggezza, bisogna essere aperti al mondo quotidiano, bisogna
avere un cuore, bisogna essere artisti, far emergere il proprio talento, ma non
essere la continuazione del talento di un professore, non è possibile chiudersi
in centro, non è possibile fare dei propri studenti i propri collaboratori, non
è possibile la mancanza di un’autonomia delle nuove figure professionali; nella
cura dell’individuo non esiste un supervisore. Se non c’è questo, dov’è sono i
professionisti? Dove sono i veri ricercatori? Dove l’autenticità del centro di
terapia breve strategica di Nardone? Come si può definire autentico un docente
che non lancia i suoi studenti, ma li chiude nelle sue strutture, come
collaboratori? Chi sono questi, che non si creano la propria professione, che
stanno dietro al proprio docente senza creare una propria identità
professionale? Chi è colui che crea una istituzione con un suo vecchio
professore? Che professionista è questo? Cosa crea? Sono molto critico e duro
nelle mie parole contro Nardone, che ha comunque la mia stima e ammirazione. In
ogni caso c’è molto da riflettere su ciò, per il bene e per la cura
dell’umanità e anche per la creazione dei futuri professionisti. L’apertura, la
ricerca di diverse figure con scuole diverse in un centro sono di primaria
importanza. Se un mister fa dei suoi allievi i suoi collaboratori, questi non
crescono, ma danneggiano loro stessi e anche i loro pazienti. Pensiero,
riflessione personale, ma su cui c’è molto da riflettere. Tale aspetto non è
importante solo per Giorgio Nardone e per suoi collaboratori, ma è importante
per ogni singolo uomo. Nei nostri giorni ad esempio abbiamo una Lady Gaga
(cantante) che ha iniziato ad imitare la gran regina della musica dance
Madonna, questa un mito, una grande artista, ma copiando, imitando Lady Gaga
cosa costruisce, quale identità ha costruito? Ha avuto comunque successo, ma
cosa si costruisce copiando? Non sarà mai una diva, se continua a copiare. La
stessa cosa vale, dal punto di vista professionale, per qualsiasi professione.
L’umanità deve fare della sua vita un’opera d’arte, mai una copia, deve pensare
all’arte che deve diventare la propria vita, mai al potere, al denaro, al
prestigio, alla posizione. Queste cose non fanno la ricchezza, non fanno la
professionalità, non fanno l’autenticità umana di ogni singolo uomo.
In ogni modo la
psicologia è inferiore, ma non per questo non è autentica, come ogni scienza è
anch’essa autentica, ma lo è quando lo psicologo non si serve solo degli
insegnamenti e delle istruzioni che gli sono stati dati, ma lancia uno sguardo
al mondo, quando pone a critica quello che gli è stato insegnato, quando crea
una sua autonomia, una sua personalità, quando comprende che ha bisogno di
avere prima di tutto un talento: dottori ci si laurea, ma non si diventa
dottori; dottori si nasce, con un talento si nasce, non si costruisce, ma si
forma e si migliora. Un titolo, un documento non ci fa dottori, ma ogni essere
umano è un dottore autentico del proprio talento; questo è un tutt’uno con la
filosofia, se non c’è questa, non ci si conosce nel proprio essere e nel
proprio talento. Se manca filosofia non c’è arte autentica. La mia riflessione
vale per tutti. Non è arte, dunque, quello che è una copia. Non è artista chi
copia il suo maestro o modello. È un artista chi rappresenta un esempio, ma mai
una copia, è un artista chi spinge i suoi allievi a non diventare la sua copia,
ma a creare la loro arte. In questo itinerario è da ricordare sempre che l’uomo
nel percorso della sua esistenza deve scoprire la sua autenticità e rendersi
conto che il suo contrario non esiste. Un invito questo, che propongo a tutti;
un invito che si estende anche agli emergenti centri di filosofia, che non
siano una copia del grande maestro tedesco Gerd B. Achenbach, fondatore della
consulenza filosofia è fondatore della scuola “Philosophische Praxis”. Solo con
tale principio chi sceglie di occuparsi dei suoi simili riuscirà nel suo
intento di trovare la sua arte autentica, solo così giungerà alla sua filosofia
di vita e dell’esistenza. Nardone, quando ha fatto e fa dei suoi allievi suoi
collaboratori, non fa filosofia, e dove non c’è un uomo che fa questa c’è solo
psicologia antica, altro che terapia che si basa sulla logica e sulla
filosofia. Si tratta solo di speculazione. Non c’illudiamo che un centro sia
valido solo perché ha degli affiliali ad Arezzo ad Ancona, Bologna, Firenze… e
perfino a Malta. Non è arte la copia; non è arte chi non crea un proprio stile,
ma chi segue un filo, una catena. Al di là di ogni riflessione giusta o errata
che sia, al mio giudizio l’unica scienza superiore a tutte le altre è la
filosofia; l’unica in grado di aiutare l’uomo, l’unica ad essere amore della
saggezza; e come dice Ivano Fossati “l’amore fa l’acqua buona”. La filosofia è
la cura buona, perché nasce dall’amore di un uomo verso la vita e i suoi
simili, un uomo buono e vero, e quindi un vero filosofo: una personalità
consapevole che ogni uomo ha dentro la sua specialità, che sa che deve trovare
in se stesso la sua autenticità, autenticità che fa di esso un’arte. Il
filosofo, come un pittore dipinge la vita, aiuta chi è in difficoltà a
dipingere la sua vita, nel mondo, mai nei centri, attraverso anche l’arte, o la
pittura, la musica... Il filosofo rimane in eterno, non muore mai, lo psicologo
sì. La filosofia non muore mai, perché sa che l’uomo è un’opera musicale
autentica, da costruire, da formare, da scoprire e svelare; tutto questo la fa
superiore alla psicologia, che è nulla. La filosofia infine non muore mai,
perché essa fa parte di ogni singolo uomo, e si rinnova, con pensieri nuovi, in
contemporanea con il quotidiano.
Giuseppe Sanfilippo
Sei un mostro
RispondiEliminabastoni senza pietà
RispondiEliminaSei una bestia zio! Minkia li spacchi tutti!!!
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