Un duello all’ultimo sangue
tra due cavalieri. È con questo racconto, fatto a due voci, che si apre la pièce Siamosolonoi di
Marco Andreoli, creando un’atmosfera in bilico tra il contesto immaginario del
mondo cavalleresco e l’ambiente reale, quotidiano della cucina dove si svolge
l’intera vicenda. Un duello che dalla parola passa rapidamente all’azione
scenica dei due protagonisti, che iniziano a rincorrersi saltando letteralmente
da un mobile all’altro, arrampicandosi sul frigorifero, e nascondendosi infine sotto
il tavolo. Un gioco di corpi agili e giovani, l’inseguimento di due bambini che
nel corso dello spettacolo passano dal giocare a fare gli adulti all’intraprendere
insieme – ma da posizioni diverse e con modi differenti - un percorso di
crescita che li porterà a diventare adulti. Lei è Ada, una bambina che sembra
una bambola per certi aspetti della sua gestualità (come quel modo di stare
seduta per terra o di muoversi durante un breve ballo) e per quel suo vestito
rosso che la fa assomigliare ad una regina di cuori delle favole. Lui è Savino,
un ragazzetto che vorrebbe festeggiare perché è il giorno del suo compleanno,
un momento fortemente simbolico che lo porta a porsi delle domande e a
scalpitare per conoscere cosa c’è fuori dalle mura domestiche.
Ma le mura della cucina di
Ada e Savino sono alte, così come gli oggetti sono grandi e i mobili enormi,
tutto è gigante rispetto a loro – e non soltanto perché inizialmente si tratta
della prospettiva di due bambini che si muovono in un contesto da adulti. La
cucina è uno spazio chiuso, accessibile solo ai protagonisti e sbarrato
dall’interno, perché ciò che è fuori non possa entrare e, al tempo stesso, ciò
che è dentro basti a se stesso. Questo perlomeno è il punto di vista di Ada,
che motiva la sua ferma chiusura verso l’esterno poiché fuori c’è la guerra,
una guerra non ben identificata, che si manifesta attraverso rumori di bombe e
luci, ma che viene ripetutamente chiamata in causa da lei. Quando però iniziano
ad arrivare segnali dall’esterno, nello specifico dei messaggi indirizzati a
Savino, allora i pericoli del fuori diventano quelli delle tentazioni, dei
richiami di un mondo che si muove secondo schemi diversi rispetto a quelli
della coppia. Ed è così che la contrapposizione con lo spazio della cucina si
fa man mano più forte e drammatica. La cucina infatti, se da un lato
rappresenta la sicurezza casalinga, dall’altro è la scena in cui si sviluppa la
relazione tra Ada e Savino, che dalle sfumature di un gioco infantile passa
alle ombre di un confronto serrato tra due modi differenti di intendere la vita
di coppia e di impostare il rapporto.
Tutto lo spettacolo si svolge
sulla linea di un gioco di coppia: due giocatori che, confrontandosi e
scontrandosi, fanno emergere atteggiamenti e aspettative distinte nei confronti
dell’amore, in quella che per entrambi, al di là dell’esito del gioco, diventa
una presa di coscienza di sé e dei propri desideri. Per buona parte dello
spettacolo Ada rappresenta il personaggio più birichino tra i due: stuzzica
Savino, indirizza la sua attenzione dove vuole lei e ne influenza le mosse; è
un’abile giocatrice e dà l’impressione di essere lei a condurre il gioco. La strategia
di Ada per tenere accanto a sé Savino, dandogli stimoli che mantengano dinamico
il loro rapporto, è l’immaginazione, a cui dà vita attraverso la parola. Così
come è lei in apertura a tenere le fila del racconto del duello tra cavalieri,
è quasi sempre lei a scatenare un susseguirsi di situazioni, progetti, persino
visioni che generano una catena di immagini e che dovrebbero servire a
compensare ciò che manca all’interno della cucina. Perché per Ada il loro mondo
è e deve essere tutto lì dentro, e il suo creare tante realtà con
l’immaginazione diventa una sorta di catena amorosa che dovrebbe tenere Savino
legato a quel microcosmo, distraendo la sua attenzione dai richiami
dell’esterno. Perciò in questa parte dello spettacolo è la quotidianità che la
cucina rappresenta a dominare, ed è un contesto che non solo si fa sempre più
autoreferenziale ma che, unito alla fissità di certi luoghi comuni che emergono
man mano, s’ingigantisce tanto da sovrastare i protagonisti e il loro rapporto.
Da questo punto di vista le proporzioni delle scenografie aiutano a dare l’idea
di uno spazio incombente.
Gli schemi e i piani in cui
si muove Ada però cominciano ad andare stretti a Savino, poiché in lui vince la
spinta verso l’esterno, la curiosità di conoscere quello che c’è fuori,
provocando l’inevitabile rottura. Se Ada rimane intrappolata in una tipologia
ben precisa di personaggio, – prima giovane innamorata, dopo sposa felice e
quindi donna di casa – Savino al contrario ha la possibilità di scappare dal
ruolo statico di fidanzato e poi marito dedito alla famiglia e al lavoro. E qui
si rintraccia una disparità nel gioco di coppia che si rivela un vero e proprio
disequilibrio drammaturgico, perché lo scontro non è più quello dell’ottica
femminile versus quella maschile, bensì diventa una contrapposizione tra un
personaggio che cresce (Savino) e uno che resta fermo a carattere (Ada). È
fondamentale la scena in cui viene rappresentato il duello finale tra i due
cavalieri, perché si scopre la loro identità: sono entrambi Savino, uno è il
protagonista da bambino e l’altro da adulto, ed è quest’ultimo ad avere la
meglio. Il duello quindi si può leggere come una metafora per mostrare il
passaggio all’età adulta del protagonista, che vince la sua parte infantile e
raggiunge un traguardo importante nel percorso di formazione. Ciò che colpisce
è che questo non accade per Ada che, pur essendo abile a manovrare il gioco, resta
ancorata ai suoi iniziali sogni e progetti di bambina. Non a caso, quasi a
rafforzare ulteriormente l’evoluzione solo del protagonista maschile, è Savino
stesso a portare in scena il duello tra cavalieri e a raccontarlo ad Ada, che
in questo caso è sostituita da una bambola.
È in questo duello che si
trova il vero colpo di scena dello spettacolo, dal momento che viene svelato il
ruolo della protagonista: Ada è la bambola di Savino - come spiega l’autore
stesso. Da questo momento in poi il gioco tra i due non è più ad armi pari, ed
è ormai chiaro che la prospettiva dominante è quella maschile. Bisogna però
notare che, dal punto di vista sia della costruzione scenica che della scrittura
drammaturgica, la parte femminile non è totalmente subordinata a quella maschile,
perché Ada non è il giocattolo di Savino, al contrario ha una sua identità ben
definita che la rende protagonista a tutti gli effetti della storia, e le sue
mosse hanno un peso notevole nell’andamento della vicenda. Lo spettatore di
fatto è preso dalla contrapposizione maschile-femminile, tanto che può anche
non accorgersi che Ada è una bambola, poiché non è questo aspetto che provoca i
conflitti della coppia.
Del testo drammaturgico di
Marco Andreoli funziona l’idea di un racconto di formazione a due voci, così
come sono convincenti il confronto uomo-donna costruito sulla base della teoria
dei giochi, e il contrasto tra lo spazio interno della cucina e il mondo
esterno. Tuttavia nel corso dello spettacolo si rintracciano situazioni esageratamente
stilizzate riguardanti il rapporto di coppia, che tendono ad appiattire la
competizione tra Ada e Savino, e soprattutto troppi luoghi comuni sull’amore al
maschile e quello al femminile. Per quest’ultimo basta l’immagine del velo
bianco di Ada che si dirige verso l’altare declinando i punti fermi del suo
matrimonio e le regole della sua futura vita casalinga, a cui fa da controcanto
la cravatta da lavoro di Savino che torna a casa ed è sempre più attratto dalle
tentazioni dell’esterno. Ne risultano due personaggi fuori dal tempo, -
volutamente da parte dell’autore – ed è un peccato che siano un po’ troppo distanti
dalla contemporaneità degli spettatori. La fissità di alcune loro
caratteristiche e, soprattutto, di certe situazioni si scontra fortemente con
la dinamicità scenica dei personaggi e con lo slancio generato dall’uso
continuo dell’immaginazione; ma è l’emergere dei luoghi comuni che penalizza
maggiormente il testo teatrale, poiché blocca le potenzialità costruttive contenute
nell’idea del gioco di coppia, facendolo cadere in scelte o posizioni
prevedibili. Se da un lato quindi lo spettacolo è lodevole per l’ottima
interpretazione degli attori e per la messa in scena (la scenografia in
particolare), dall’altro il testo è discutibile per la fermezza di certe posizioni,
per il sapore a volte poco contemporaneo, e per l’immagine complessiva che ne
risulta del rapporto di coppia, ovvero quella di una relazione chiusa e stretta
nella morsa di una quotidianità a due.
Sara Nocciolini
SIAMOSOLONOI
drammaturgia di Marco Andreoli
con Michele
Riondino e Maria Sole Mansutti
regia: Circo Bordeaux
scene: Fabrizio Darpino
trucco e costumi: Eva Nestori
disegno luci:
Luigi Biondi
musiche: Teho Teardo
produzione Artisti
Riuniti e Palomar – in collaborazione con PAV
Una storia meravigliosa. La mia storia non è così interessante. Tutto è semplice e semplice. Il mio ex-mandò le sue foto nude ad altre donne, e portò intrighi dalla parte. Ho interrotto tutto con l'aiuto di un programma unico http://topcellularispia.com/, che ha chiarito la mia relazione.
RispondiEliminaOra non permetterò che questo accada di nuovo. Ora ho un nuovo matrimonio con un marito eccellente, e un ottimo programma per il controllo, è sempre lì.
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