Milano, OCA- Officine
Creative Ansaldo. Dal 4 al 9 marzo 2013
Con (in ordine alfabetico) Alessandro
Baldinotti, Alberto Baraghini, Diego Giannettoni, Enzo Giraldo, Michele
Mariniello, Antonella Morassutti, Ettore Nicoletti, Sergio Paladino, Silvia
Rubino. Le bellissime foto sono di Elia Festa.
Un fotogramma fisso, come una lama
conficcata negli occhi e nelle teste degli spettatori attoniti, impotenti: un
muro biancastro di un edificio distrutto dalle bombe, su cui si allarga una
macchia di giovane sangue.
È quello di una vittima, una delle tante di
questa storia: una ragazzina semi cieca
uccisa, dopo presumibilmente uno stupro, da un suo coetaneo dall’aspetto di un
angelo, ma che porta dentro di sé una violenza demoniaca, una rabbia giovane,
un’aggressività che chiede solo di essere sfogata ma nel peggiore dei
modi. Per un tempo che ci sembra
infinito, mentre ci chiediamo se davvero siamo figli di Dio, un corpo in fin di
vita giace a terra, un altro sta in piedi e ci fissa, con aria di sfida. E
nessun rimorso.
Sembra un film, per la crudezza,
il realismo, la veridicità. E quel palco non è semplicemente un palco, ma
è un pezzo di città, quella che è rimasta dopo esplosioni, battaglie, attacchi
terroristici. Una città ovunque nel mondo moderno, in cui si svolge una storia
cupa, inquietante, che porta con sé la violenza primordiale sui deboli, gli
inermi, gli indifesi.
Personaggi come la ragazzina cieca e affamata,
la moglie costretta a prostituirsi, e che a sua volta sfoga il suo amore
malconcio e malato sul figlio, il marito che prende entrambi a botte, il
soldato che ha ammazzato per ubbidire agli ordini, l’uomo d’affari perbene
fuori e marcio dentro, intrecciano le loro vicende, sfogano le loro voglie, sfruttano
e sono sfruttati, coscientemente o incoscientemente. Tutti esseri umani, nati
allo stesso modo, da una vagina su cui si è depositato lo sperma di un uomo
programmato per procreare, dopo probabilmente essere entrato a forza nel corpo
di una donna. Tutti destinati a morire, a soffrire, a lottare per la propria
sopravvivenza, e felicità, se mai sappiamo cosa sia e se esista davvero.
Non posso pensare a nessun’altra location se non questo straordinario
spazio delle ex Officine Ansaldo di Milano, per raccontare questa storia che il
drammaturgo svedese Lars Norén dedica ad Anna Politkovskaja, anche se ci tiene
a precisare che non è la storia della sua vita, ma di tutte le persone che come
la giornalista hanno avuto il coraggio di smascherare, portare alla luce e
condannare gli orrori di ogni tempo, regime, luogo.
Spesso, come nel caso della
Politovskaja hanno pagato con la propria vita, ma il loro esempio, i loro
scritti, le loro battaglie non moriranno mai. Il regista Salvino Raco mantiene
con la sua regia, quel nero assoluto, quella mancanza di luce che è nel testo
originario, quell’impotenza che ci prende quando la violenza è più grande di
noi, e non sappiamo combatterla. Oppure non vogliamo, per paura di esserne
contagiati, senza sapere che anche noi ne portiamo dentro il germe. Il regista
non teme di usare un linguaggio forte, volgare, ogni parola un colpo allo
stomaco di chi s’illude che tutto accada lontano da noi, dalle nostre
tranquillità borghesi. Ma mai come qui
questo linguaggio porta con sé la poesia della disperazione, del realismo,
della più feroce violenza.
Due parole sentiamo pronunciate dagli
attori, Russia e Ucraina, per collocare la storia in quell’ambiente invece che
in un altro, per rispettare forse quel in
memoriam, ma poi le dimentichiamo e ci facciamo trasportare in altri
luoghi, in altri scenari.
Non c’è crescendo nello spettacolo,
perché è già tutto climax. Fin dalla prima scena siamo già al punto massimo, un
punto che non sta in alto, però, ma negli inferi delle anime umane e delle
città senza volto.
Ottimi attori, un ensemble di varie
età, esperienze, provenienze, che hanno il difficile e provocante compito di
mostrare il peggio dell’essere umano.
Potrei dire che assomigliano alle bestie, ma mi sentirei di offenderle,
visto che loro, le bestie, sono prive di quel peccato originale che, a
crederci, tanta terribile e negativa influenza ha sulle nostre educazioni,
comportamenti, rapporti.
Né Norén né Raco elargiscono speranze,
siamo noi che dobbiamo conquistarcele, siamo noi che dobbiamo uscire ricordando
che “fatti non fummo per viver come bruti ma per seguir virtute e
conoscenza”. E denunciare, come ha fatto
Anna, violenze e soprusi, schiavitù e mortificazione della dignità, ogni volta
che ci capita l’occasione, oppure sforzarci di essere noi più bestie e meno
uomini…
C’è soltanto una battuta come una rosa
in un mare di letame che mi risuona ancora in testa, ed è quella di Stoijko, il
figlio: “Io voglio sorridere” anche se “Fa male sorridere”.
Dopo tutto, nessun artista ci lascia senza
speranza.
Daria D.
A seguito la traduzione in inglese dello stesso articolo. Traduzione effettuata da Daria D.
Anna Politovskaja in memoriam. Play by Lars Norén. Staging by
Salvino Raco.
Milan, OCA- Officine Creative Ansaldo. From 4th to 9th of March 2013
Actors (in alphabetical order):
Alessandro Baldinotti, Alberto Baraghini, Dioego Giannettoni, Enzo Giraldo,
Michele Mariniello, Antonella Morassutti, Ettore Nicoletti, Sergio Paladino,
Silvia Rubino.
A still frame, like a knife stuck in the eyes and the mind of the
powerless and astonished spectators :
the whitish wall of a building destroyed by the bombs, on which widens a stain
of young blood.
It’s the blood of a young victim, one of many in this story: a
half-blind girl is killed after presumably being raped, by a peer who looks
like an angel, but who carries inside himself a devilish violence, a young
rage, an aggressiveness that just begs to come out, in the wrong way, though.
For a moment that seems endless,
while we ask ourselves if we are actually children of God, a lifeless body lies
on the pavement, another one is on his
feet and stares at us, defiantly. With no remorse.
It looks like a movie because its crudeness, realism, truthfulness. And
the stage is not simply a stage but a piece of what remains after explosions,
battles, terrorist attacks. A city that can be everywhere in the modern world,
a theater where a disturbing graphic story has been told, with its burden of
primitive violence against weak,
defenseless and unarmed people.
Characters like the starving girl, the wife forced into prostitution and
who, in turn, unleashes her sick and
battered love on her minor child, the husband who beats them both, the soldier
who killed to obey the orders, the
business man decent outside but rotten inside, mingle their stories, let out
their cravings, exploit and are exploited, consciously or unconsciously. They
are all human beings born in the same way, from a vagina in which the sperm of
a man scheduled to procreate is deposited, allegedly after entering violently the woman body. They are all
destined to die, to suffer, to struggle for survival and happiness, if we ever
know what it is and if really exists.
I cannot think of another location if not this extraordinary space of
the former Officine Ansaldo in Milan, to tell this story that the Swedish
playwright Lars Norén dedicated to Anna
Politovskaja even he points out that is not specifically about her life, but
about all the people like the female
journalist who had the courage to expose, bring to light and condemn the
horrors of all time, place and regime.
Often these people paid with their life, dying or been killed like happened to Anna Politovskaja but their
example, writings, battles will
never be forgotten.
Salvino Raco, the director, maintains,
with his stage work, the darkness
and gloominess that are in the original
play, and also the impotence we feel when the violence is so big that we cannot
counteract. Or, we don’t want to, to fear of being infected, unaware that we as
well carry within us the dangerous germ.
The director is not afraid to use a strong, graphic and vulgar language,
every world is a stub in the stomach of whom is under the illusion that all is
happening not in his backyard, far away from his quiet bourgeois existence. But like never before this language brings
the poetry of the desperation, realism and the most ferocious violence.
Russia and Ukraine are words pronounced by the actors that collocate the
story in that part of the world, may be to respect the in memoriam but then we
easily forget the allegedly location and we are transported to other places,
scenarios, societies.
There is not climax in the performance because it’s already climax from the first scene. We are at the maximum
point since the beginning but that point in not high above but in the hell
of human souls and faceless cities.
Excellent actors, an ensemble of different ages, working experiences,
origins, have the difficult and provocative task to show the worst side of the
human being.
I could easily say they look like beasts, these men, but I would feel to offend the beasts, because they do not carry the original sin, like us. If we do believe in it, we should admit how terrible and negative
influence the original sin has on our education, behaviors, relationships.
Neither Norén nor Raco bestow any hopes, they let us find them, maybe
going out the theater remembering the famous Dante’s words “we are not born to
live like brutes but to follow virtue and knowledge”. And so to denounce, like
Anna did, violence and abuses, slavery and humiliation of dignity, any time we
have the occasion, and possibly to behave more like beasts and less like men…
There is only one line, Stoijko’s line, the son, that like a rose in the middle of a sea of dung echoes in my head : “I want to smile” even if
“It hurts”.
After all no artist let us be without a fleck of hope.
Daria D.
Translation of her Italian version by Daria D.
Anna Politkovskaja in memoriam
Testo di LARS NOREN,
trad. A. Palme Sanavio, regia S. Raco
sound director Nicola
Tripaldi,video di Giulio Dimitri, fotografia Black Lights di Elia Festa, con
Alessandro Baldinotti, Alberto Baraghini, Diego Giannettoni, Enzo Giraldo,
Michele Mariniello, Antonella Morassutti, Ettore Nicoletti,Sergio Paladino,
Silvia Rubino.
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