Il film d’esordio di
Sophie Chiarello affronta una tematica interessante, senza mai sfiorare picchi
emozionali significativi.
Eva (Angela
Finocchiaro), dipendente di un negozio di cosmetici, è tormentata dalle rughe
che iniziano ad emergere e stanziarsi sul suo volto. Ogni mattina svolge una
lunga serie di esercizi per migliorare la mimica facciale e distendere la
pelle.
Il suo dirigente è
pignolo e severo: controlla ossessivamente la puntualità, le vendite
effettuate, l’abbigliamento, l’eleganza e la capacità di nascondere chili e
anni. Stanca, stressata e depressa per i suoi cinquant’anni alle porte, Eva
lavora anche per sostentare l’ex marito (Stefano Belisari, in arte Elio) incapace
di badare a se stesso sia economicamente sia moralmente. In una società in cui
l’invecchiamento, soprattutto se rapportato all’immagine della donna, risulta
una condanna, l’incarnazione del rimosso, l’elemento debole e fragile. La
giovinezza è una condizione sociale: il corpo risulta essere lo schermo, il
biglietto da visita tra l’io e il mondo.
Un sistema
competitivo e concorrenziale nel quale è impensabile presentarsi senza una
forma fisica smagliante e un viso luminoso e dove ciò che si mostra risulta
essere più importante di ciò che si ha dentro.
Anna Magnani esponeva
con fierezza le sue grinze, dicendo di aver atteso tanto per poterle guardare.
Qui ci troviamo nella
situazione diametralmente opposta: Eva pur di non esibirle è disposta a sottoporsi
a lifting e trattamenti capaci di trasformarla in una maschera che senta
d’ispirarsi a quella di Jocker come a quella di V per Vendetta.
Uno specchio della
società moderna ben rappresentato, con una Finocchiaro dalle buone e
apprezzabili capacità recitative, senza però riuscire realmente a fare breccia
nel cuore del suo spasimante come in quello del suo spettatore. Fanno da sfondo
personaggi dall’indubbia simpatia come Giovanni Storti e Aldo Baglio, i quali
ci invitano a ricordare i vecchi tempi: quando la loro commedia era un sicuro
successo di sorrisi.
Citati film di
rilievo come “Provaci ancora Sam” di W. Allen o “Full Metal Jacket” di S.
Kubrick, un po’ per non dimenticare e un po’ per arricchire questa trama
semplice dal tema delicato che scivola piattamente e piacevolmente verso il suo
the end.
Francesca Saveria
Cimmino
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