Copertina del libro di Gian Pietro Calasso |
Una maschera di giovane
donna del Teatro Nō ci guarda dalla copertina del libro, è magnetica e
misteriosa, porta con sé il segreto del teatro e della recitazione. Noi
lettori, potenziali spettatori, attori, registi, drammaturghi, ma anche
semplicemente esseri umani dotati di senso estetico, non riusciamo a staccare
gli occhi dal suo viso, ma poi, non per stanchezza ma curiosità, è tempo che
apriamo il libro…
Nomi a noi sconosciuti, ma scopriamo legati
all’Autore da un sentimento di affetto,
amicizia e perfino amore. Il primo nome che significa “ porto di felicità”
corrisponde alla violinista giapponese moglie dell’Autore, deceduta molti anni
fa, in tragiche circostanze. Il secondo al drammaturgo e critico che Gian
Pietro Calasso ha conosciuto quando frequentava Yale University e autore del
testo “Zeami” messo in scena prima alla Japan House di New York e poi al Maggio
Fiorentino con la regia dell’Autore stesso, e il terzo, all’attore discendente
diretto dopo seicento anni del fondatore del teatro Nō, Zeami Motokiyo
Kanze.
Sono di quest’ultimo le mani
che tengono con rispetto e delicatezza la preziosa maschera della copertina,
oggetto d’inestimabile valore, che l’Autore ha fotografato nel camerino del
teatro della Scuola Kanze, prima di una rappresentazione di Nō. Calasso racconta con commozione e semplicità,
direi che è un magnifico storyteller
che suscita la voglia di ascoltarlo per ore, quando ha visto l’attore sollevare
la maschera, come fa il prete con l’ostia, fissarla in silenzio, per un tempo imprecisato,
quasi a chiederle la benedizione, l’ispirazione, il segreto della “
trasmissione del fiore”. Avviene allora
un fenomeno di transustanziazione, l’attore indossando la maschera diventa la
maschera stessa, come l’ostia si trasforma nel corpo di Cristo.
Citiamo in proposito le
ultime battute della pièce che dà il
titolo al libro:
Calasso con Yamasaki Masakazu, autore di Zeami |
“Prima di morire Zeami ha
scritto: «Dimenticando il risultato vedete il Nō; dimenticando il Nō vedete
l’attore, dimenticando l’attore vedete la mente; dimenticando la mente vedete
il fiore».
E Calasso aggiunge: “Per penetrare il segreto
del fiore, un attore come un maestro di kendo, deve entrare nello stato della
‘non mente’, del vuoto mentale, del non-io, lo spazio privilegiato, dove è
invulnerabile e inaccessibile a ogni condizionamento. Là dove il dualismo non esiste più, dove l’io
è uguale al tu, dove l’ombra è luce e la luce ombra, Dove l’attore e il
pubblico sono la stessa cosa. Allora lo
spettacolo e la vita torneranno ad apparire per quello che sono: un sogno e un
gioco”.
Piano piano cominciamo a
capire cos’è questo fiore che tanta importanza riveste nell’ affascinante
volume che contiene una pièce
contemporanea, un dramma Nō di sei secoli fa, due libretti di opera lirica, due
saggi sul teatro più moderno. E’ lo stesso fiore che accomuna il teatro
occidentale contemporaneo al Nō e a tutta la cultura classica giapponese, fino
ad arrivare allo Zen di cui il Nō è permeato.
Il fiore è l’arte della
recitazione, di cui parla Zeami il fondatore del teatro Nō nei suoi trattati
segreti, e che ha tre fioriture: “il fiore della gioventù” che sfiorisce con
l’età, “il fiore permanente” che diventa ancora più bello dopo essere sfiorito
e “il fiore meraviglioso” quello che non sfiorisce mai perché l’attore non
recita più ma “E’. E’ tutta una cosa con il pubblico”.
Calasso parla del Giappone
con sensibilità, rispetto e grande competenza, senza quell’’ammirazione cieca,
acritica e alla moda di tanti intellettuali occidentali. L’Autore ha vissuto e lavorato nel lontano
paese, quando era ancora più lontano dalla nostra cultura e conoscenza.
Circostanze fortunate, l’hanno portato a dirigere in giapponese prima “Enrico
IV” di Pirandello che ottenne il premio della critica come la miglior regia
dell’anno e subito dopo “Re Ubù” di Jarry, protagonista Eiji Okada, interprete
indimenticabile del famoso film “Hiroshima mon amour” di Alain Resnais. Fu un’esperienza lavorativa e umana che
Calasso ricorda con orgoglio, commozione e gratitudine. Dopo la morte della
moglie gli chiesero di lasciare l’Italia e di trasferirsi in Giappone ma il
pensiero doloroso di ritornare su quei passi, dove avevano camminato insieme,
forti del loro amore e dei successi ottenuti, era così insopportabile che fu
costretto a declinare l’invito.
Lo spettacolo “Zeami” del
Maggio Fiorentino, fu il prosieguo di quel filo fortissimo che lo legava alla
terra del Sol Levante. Fu uno spettacolo senza precedenti, per il testo
esotico, la regia, il cast, l’impegno scenografico, il successo che ebbe.
Calasso con Albertazzi e Gora alle prove di Zeami |
Giorgio Albertazzi era il protagonista,
ma nel cast c’erano altri attori famosi, Claudio Gora, Anna Maria Guarnieri,
Mariangela Melato, Gabriele Lavia, i costumi e le scene del pluridecorato Piero
Gherardi, collaboratore anche di Fellini, e la musica era improvvisata ogni
sera da cinque compositori in scena in kimono, del calibro di Ennio Morricone,
Egisto Macchi e Franco Evangelisti. Uno spettacolo incentrato sulla leggendaria
figura del fondatore del teatro Nō che il potente e mecenate shogun Yoshimitsu
Ashikaga, colpito dalla sua bravura, aveva tolto dalla strada dove recitava con
una compagnia di girovaghi e portato a corte, segnando con quell’atto la
nascita del teatro Nō. Calasso afferma
senza ombra di dubbio che si possa considerare il teatro più moderno del mondo,
perché, immutato da seicento anni, portato sulla scena solamente da sei
compagnie formate da sei famiglie di attori per tradizione, possiede
un’identità teatrale irripetibile tramite i mezzi concorrenti della
drammatizzazione: il teatro e il cinema. E’ assolutamente irriproducibile. In
questo sta la sua identità e grandezza.
Oltre che la sua magia.
Il libro ha la semplicità e
la profondità della poesia capace di toccarci
il cuore e di commuoverci per la sua bellezza, ma se dovessimo spiegare
il perché, saremmo persi. Persi nel
mistero della vita, non solo del teatro e dell’arte della recitazione.
La presentazione del libro è
avvenuta a Roma al Teatro Argentina il 18 marzo 2013.
Oltre all’autore era
presente Giorgio Albertazzi che Calasso, tenendo ancora tra le dita quel filo
invisibile e resistente, mai spezzato, nonostante siano passati quarant’anni da
quel maggio fiorentino, ha reso il protagonista di questa pièce, facendogli indossare di nuovo il kimono di Zeami. Noi, molti
spettatori, amanti del teatro, ma soprattutto di storie ben raccontate, dirette
e interpretate, e che non abbiamo avuto la possibilità di esserci quarant’anni
fa, ci auguriamo che, al di là della lettura, si possa vedere messa in scena
questa pièce, unica nella storia del
teatro, dove un grande attore è chiamato a interpretare il personaggio di se
stesso.
Calasso finisce l’intervista
dicendomi che i giapponesi lo avevano soprannominato “Il regista dagli occhi
azzurri”.
Dopo tanti racconti
affascinanti e avvincenti sono quasi piacevolmente frastornata, e forse non mi
sono accorta che ha gli occhi azzurri…eppure, mi sembravano color nocciola…
Guardo meglio e oso dirgli
“Scusi se mi permetto, maestro, ma lei non ha gli occhi azzurri”.
“Per i Giapponesi che
geneticamente non possono nascere con gli occhi azzurri, sono simbolo dello
straniero,di chi viene da lontano. E così anch’io quand’ero là m’illudevo di
averli dello stesso colore dei suoi”.
Esotica lontananza, fiore,
mistero, teatro, segreto, azzurro…mi sembra tutto un sogno, o forse, un gioco.
Ho l’impressione che fosse
proprio questo lo scopo del nostro Autore…
Daria D.
anche in versione ebook
Lovely, I do wish I could have seen this with my own blue eyes.
RispondiEliminabellissimo racconto di Daria a questo nuovo libro che ci trasporta...in un sogno..un mondo che durante la lettura ho sentito con gli occhi dell'anima...un mondo che oggi, con la frenesia della vita, non si assapora più..andrò a comprarlo!Laura
RispondiElimina