Milano,
Teatro Oscar. Dall’1 al 17 marzo 2013
La prima immagine che
la scenografia mi ha evocato, è stata il quadro di Edward Hopper “People in the
Sun” del 1960 e se il titolo non ci ricordasse una certa inquietante realtà,
che Virginio Liberti accomuna, non per
caso, con il Grand Guignol, teatro che a Parigi ebbe la sua nascita e sviluppo
tra il 1896 e il 1952, per opera di Oscar Métenier, mi sarei aspettata un
tranquillo ensemble di pensionati, villeggianti, tubercolotici in viaggio da
Davoz alla Florida o viceversa, invece che su un’isola d’infame memoria come
Alcatraz.
I tre personaggi,
seduti sulle sdraie a leggere giornali intellettualmente poco profondi,
mostrano subito la loro appartenenza a una sottospecie di umanità dedita alle
più feroci nefandezze, dal traffico di droga, armi e organi, all’omicidio
plurimo, al cannibalismo, alla ricerca e soppressione d’individui diciamo così
“inutili e pericolosi alla società”, vestiti in maniera volgare e assurda
parlano, spettegolano, si sentono superiori, godono anche fisicamente ai
racconti di stupri, violenze, assassini.
Gli attori, tutti
molto bravi, specialmente Maria Eugenia D’Aquino e Annig Raimondi, il cui
monologo finale, disperato e intimista, ci fa rivivere le sensazioni di una
donna tradita e umiliata che tenta di uccidere il marito, mentre prima si era
scatenata in un twist come una ragazzina, portano sulla scena il peggio delle
paure, delle distorsioni, delle aberrazioni del genere umano, in questo testo
originale ma che per essere fedele a un linguaggio e a delle immagini
granguignolesche, si lascia sfuggire qualche chiarezza sullo svolgimento dei
fatti.
Liberti parla di
Alcatraz nelle sue note al testo, come l’isola simbolica su cui si ritrovano i
personaggi, e da qui ovviamente non si può scappare, qui si è venuti per
scontare le pene, per rifarsi i connotati, per eludere l’INTERPOL, per
dimagrire, per guarire. Sono tutte
illusioni di cui si ciba il genere umano o disumano che sia.
Il dottore che
dovrebbe essere quello più sano, ovviamente, non ci risparmia le sue
nevrastenie e ansie, i suoi metodi geniali
che invece di basarsi sulla somministrazione dei farmaci, in questo caso
antidepressivi, usa come terapia le feci e le urine degli stessi pazienti, che
vengono rimessi in circolo nei corpi stessi da cui sono stati espulsi.
Forse potrebbe essere
una terapia da lanciare sul mercato, farebbe risparmiare denaro al Servizio
Sanitario Nazionale e andare in rovina le plurimiliardarie case farmaceutiche.
Che bello sarebbe. Per non parlare
dell’utilità del riciclo.
Di chirurgia plastica
si parla alla fine, poco, poteva essere il pretesto per dimostrare quanto siano
da Grand Guignol tante facce sottoposte a interventi cosiddetti estetici, che
non necessariamente appartengono a trafficanti, uxoricidi o infanticidi. Per
questo ci aspettavamo che i bravi attori impersonassero l’attrice famosa, il
modello tutto muscoli e niente cervello, l’imprenditore
al top, il politico corrotto, la contessa Serbelloniviendalmare. Ma il regista rimane coerente al Grand
Guignol e giustamente non vuole avventurarsi sul terreno del realismo, per cui
lascia tutto sospeso, e a noi il compito di fare le dovute associazioni con
tanti personaggi disgustosi che popolano la televisione, la politica, i media.
I quattro interpreti
sono diretti giustamente come persone sane e sensate che recitano le loro
pazzie, su quest’isola immaginaria cui almeno una volta nella vita, siamo tutti
quanti approdati.
Daria D.
Prima
assoluta
L’ISOLA
DEI RIFATTI
Di Virginio
Liberti
Omaggio
al Grand Guignol
Regia
Virginio Liberti
Con
Maria
Eugenia D’Aquino,
Riccardo
Magherini,
Annig
Raimondi,
Carlo
Decio
Spazio
scenico e luci Fulvio Michelazzi
Costumi
Horacio De Figuieredo
Suono
Tommaso Taddei
Produzione
PACTA, . dei Teatri, Compagnia Gogmagog
In collaborazione
Con Regione
Toscana
Spettacolo
inserito nell’abbonamento ‘Invito a teatro’
Nessun commento:
Posta un commento