Milano,
Campo Teatrale. Dal 22 al 24 marzo 2013
Sempre più spesso si
vedono in scena attori reggere da soli il peso di drammaturgie contemporanee
sofferte e problematiche, fornendo prova della loro capacità nel rappresentare
personaggi difficili e scomodi, che hanno a che fare con pazzie, solitudini,
incapacità di affrontare la realtà, o immersi in essa fino al collo, o meglio,
alla morte.
In un certo senso
possiamo ringraziare la crisi se il teatro si è quasi ridotto al minimo
indispensabile, riportando i testi alla loro essenzialità e sostanza, dando la
possibilità agli attori di offrirci il meglio di se stessi, su palchi quasi
privi di scenografia. Insomma la lezione
di Grotowski è sempre valida e attuale.
È quello che succede
in Misterman, testo del drammaturgo irlandese Enda Walsh che aveva visto
il debutto nel 1999, e che prevede sulla scena un solo attore, ma dalle molte
personalità, un caso clinico interessante, specialmente perché tra tutte c’è
anche quella di un angelo sceso sulla terra per portare moralità, pace e la
parola di Dio.
Sul palco pochi
elementi di una specie di laboratorio da inventore pazzo, la ruggine regna
sovrana, la polvere pure, tape recorder
da ogni parte da cui sentiamo le voci che Thomas ha registrato. Sono quelle dei
suoi vicini di casa, abitanti del villaggio immaginario di Inishfree.
Il ragazzo si aggira
tra di loro un po’ come “lo scemo del villaggio”, e allora ci viene in mente il
protagonista di Ordet, lo stupendo film di Dreyer o quello di Beckett “Krapp’s
last tape”. Forse troppo? Forse una speranza…
O semplicemente
quegli insopportabili preacher che
vanno per la strada maledicendo a destra e a manca, in nome di un Dio punitivo.
Insomma la follia è tutto e anche il suo contrario.
Thomas dialoga con
tutti per captarne i lati oscuri, sporchi, nascosti e far pulizia tra questi
personaggi a lui ostili, che si divertono a prenderlo in giro, perché lui è
diverso, nella sua semplicità e innocenza ma anche nella testarda ostinazione a voler predicare il
bene, diffondere la musica di Dio, lui “unico gatto in un paese di cani”.
La madre è assente
presente, amorevole e servizievole, il padre sta al cimitero, ma il suo vestito
è appeso da un lato, come a indicare che potrebbe tornare a indossarlo. Ma sarà
Thomas a infilarselo per andare sotto la poggia, come un battesimo
purificatore.
Eppure Thomas non è
sempre l’angelo che ci fa credere. Quando per esempio prende a calci dei cani
arrabbiati che forse nella sua mente rappresentano il vicino ubriacone, la
donna tentatrice, il bastardo di turno che si diverte a deriderlo per le sue
idee. E allora sfoga la sua latente
aggressività con una violenza inaudita, come se glielo avesse ordinato Dio. In
fondo anche Gesù Cristo prese a calci i Farisei ,senza tanti complimenti.
E alla fine da bravo
predicatore eccolo salire su un palco a forma di sedia gridando “Vi ho
ascoltato quando nessuno vi ascoltava e voi ridevate di me. ORA ASCOLTATE ME!”.
Povero Thomas, che
nessuno ascolta, destinato a portare sulle spalle quel registratore legato a un
palo, come una croce, una penitenza per la sua arroganza mista a innocenza, di
cui va tanto fiero.
Bravo Alessandro Roja
che misurando sorrisi e aggressività, recita questo testo che è più una prova
d’attore che di originalità e di chiarezza drammatica.
Forse è il nuovo
corso dei drammaturghi di oggi che, perduti in un mondo che ha perso quasi
tutto, portano sulle spalle la mancanza di messaggi, risposte e speranze. Anche
questo, in fondo, ha il suo fascino.
Daria D.
Misterman
dal
22 al 24 marzo 2013 ore 21 (dome 18.30)
di
Enda Walsh
con
Alessandro Roja
regia
Luca Ricci
musiche
originali ed effetti sonori Antonello Lanteri
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