17 aprile, 2013

“Cherry Doc’s”, Sette fili per Sette giorni: al Teatro dei Conciatori una bella regia di Antonio Serrano. Di Mario di Calo


Roma, Teatro dei Conciatori. Ancora dal 3 all’11 maggio 2013

“Cherry Doc’s” è il titolo dello spettacolo in scena al Teatro dei Conciatori fino al 14 Aprile e che replicherà dal 3 all’11 maggio visto lo straordinario successo ottenuto. Il titolo del testo di David Gow prende spunto dalle scarpe a diciotto buchi che indossano gli skin heads per caricare contro le loro vittime.
Qui l’azione scenica si svolge durante un processo, o l’attesa di un processo, siamo in una cella dalle grate sbilenche – scena di Dario Dato - dove Dan, il protagonista, attende di essere processato per un tentato omicidio di un pakistano, e Mike, il suo avvocato difensore, nell’arco di quattro mesi e di sette incontri, tenta una strategia di difesa credibile affinché il ragazzo possa essere scagionato dall’accusa.
Ma c’è un’implicazione non indifferente, l’avvocato difensore è un osservante e devoto ebreo, ed è un valore aggiunto a tutta la storia che ha dell’incredibile e che riesce in pieno nel suo intento. La tematica ricorda un po’ quella del fortunato film di Nicolo Donato “Fratellanza’”del 2009, ma lì le implicazioni erano di tipo sentimentale, qui sempre di sentimenti si tratta ma di natura filiale. Mike, come un vero ed appassionato padre, conduce per mano il ragazzo in una possibile redenzione, e ci riesce non senza però scontri e contrasti molto profondi. “Che tempo fa fuori?” chiede il ragazzo e l’adulto risponde “Più freddo che all’interno!”, come a sottolineare lo stato emozionale vissuto da entrambi. L’avvocato coinvolto all’inverosimile avrà, a parte incubi ed allucinazioni, seri problemi familiari per questa difficile difesa, ma la sua battaglia sarà portata fino alla fine e con una clamorosa vittoria.
La pièce è scritta in un concitato clima molto coinvolgente e in un’ora o poco più riesce ad emozionare e a coinvolgere nel gioco drammaturgico. Le ragioni e le tesi sono valide e il protagonista lotta con tutte le sue forze per trovare una ragione dentro di sé per risalire la china e ricominciare laddove il circuito si è interrotto, la lettera di una vittima infine lo porterà verso una definitiva via di uscita.
La scena sbilenca, come si diceva, per altro semplice ma molto efficace - una poltrona e un letto - converge con una leggera pendenza verso il centro, come un vortice, ed è esemplificativa dal percorso esistenziale che i due personaggi svolgeranno nell’arco di quei quattro mesi, entrambi infatti fanno parte di quel vortice che li porterà inevitabilmente verso la salvezza o verso l’annientamento.
Il finale è una piacevole sorpresa.
La regia di Antonio Serrano inizialmente sembra prendere le distanze dall’assunto naturalistico dando direzioni interpretative discordanti e dissonanti agli interpreti, che spesso volutamente sono sfalsati, ma poi i percorsi si incrociano irreparabilmente e spesso gli attori si scontrano viso contro viso in contrasti sempre più violenti e in un ritmo incalzante e travolgente. I regista inserisce delle figure senza volto, delle mitiche meduse di bianco vestite, dove peraltro all’inizio, sul loro gruppo scultoreo, saranno proiettate immagini di violenza, probabilmente un instant-movie di quanto accaduto al povero pakistano vittima dell’aggressione di Dan. Sono le stesse proiezioni del nostro sub-conscio, mostri che rappresentano di quanto male ci si possa portare dentro?
Antonio Bonanotte interpreta il suo avvocato con scioltezza linguistica di rara efficacia, e il suo tormento è credibile fino alla fine, le sue incertezze danno un così alto spessore umano al personaggio da renderlo perfino toccante, il processo che tecnicamente inscena è il suo verdetto finale, la sua forza è nella sua incertezza di uomo, di ebreo e di difensore. Ma il vero motore dello spettacolo è Pierfrancesco Ceccanei, che fin dall’inizio, fin da quel bellissimo pezzo sui piedi che calzano le scarpe citate nel titolo, in cui l’attore vomita sul pubblico, esordisce con il suo carisma, aiutato forse dal training fisico che si impone in scena: corse, flessioni; suda, implora, impreca, possiede quella tensione che non smonta mai, è sempre in salita, ed è tenero alla fine vestito di tutto punto, con cravattino e gilet, in cui tenta con ogni mezzo a sua disposizione una possibile autodifesa. Sguardo intenso e torvo, ma che cela un’inquietudine ed una tenerezza infinite. Vittima sì, ma di sicuro riscatto!

Mario Di Calo


CHERRY DOC’S
di David Crov
con Antonio Bonanotte, Pierfrancesco Ceccanei
Lisa Bruscolini, Jessica Fainelli
scena Dario Dato
musiche originali Flavio Manella
regia Antonio Serrano
dal 5 al 14 aprile
e dal 3 all’ 11 maggio
TEATRO DEI CONCIATORI
Via dei Conciatori 5 Roma

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