Il film diretto da
Sacha Gervasi affida a Anthony Hopkins il ruolo del più famoso Maestro del
brivido e della suspence. A supportarlo c’è la moglie Alma (Helen Mirren):
donna talentuosa e dall’invidiabile carisma. Il taglio registico decide di
ripercorrere un momento preciso della vita del sovra citato genio della storia
del cinema Alfred Hitchcock: siamo alla fine degli anni cinquanta.
In quel periodo
Hitch, (era questo il diminutivo che preferiva gli fosse attribuito), aveva già
portato a casa numerosi successi con film quali Rebecca la prima moglie, Io ti
salverò, Nodo alla gola, Paura in palcoscenico, Notorius, Vèrtigo- la donna che
visse due volte-, La finestra sul cortile e Intrigo internazionale.
Si prepara dunque a
cambiare genere con un’opera filmica ispirata a eventi di cronaca nera: il
personaggio di Norman Bates è ispirato alla figura di Ed Gein che, tra il 1947
e il 1957, uccise due persone nella zona di La Crosse e Plainfield (Wisconsin),
creando decorazioni casalinghe con i resti delle vittime.
Tale lavoro, per il
quale decide di provvedere personalmente ai finanziamenti, prende il nome di
Psycho.
La Paramount Pictures
prova ad ostacolare e persuadere il regista affinché non porti a termine un
prodotto avente come tema un argomento tanto macabro e riprovevole, ma non c’è
niente da fare: Hitch vuole concludere e mostrare agli spettatori il suo ultimo
capolavoro, a tutti i costi.
Sebbene sia stato un
uomo dallo spiccatissimo senso dell’ironia e dall’indubbio ingegno, Alfred
necessitava sempre e comunque dell’unica donna più preziosa delle bionde
attrici: sua moglie.
Compagna di vita e di
lavoro, intelligente e astuta, Alma è la fonte di energia e la perla di
saggezza; tutto ciò che un uomo può ricercare e richiedere. Pronta a
sorreggerlo nei momenti di crisi riponendo in lui piena fiducia, la consorte è
l’anello necessario affinché la catena non si spezzi più volte.
Probabilmente non
basterebbero sei pellicole per descrivere pienamente la vita di un Maestro
quale Hitchcock sia stato e non sarebbe sufficiente alcun tempo definito.
Tuttavia scegliere di raccontare un così breve frammento può avere le sue ovvie
giustificazioni: in novantotto minuti il regista mostra tutte le facce di una
persona comune e fragile quanto quelle di un individuo dalle pregevoli abilità;
delineandone, dunque, pregi e difetti.
Le magistrali
interpretazioni dei due protagonisti sono il contorno di un lavoro che richiama
l’attenzione e una giusta vena di malinconia, ricordando una fetta di quella
torta che Hitch stesso bramava di poter gustare.
Francesca Saveria Cimmino
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