Film d’esordio per
l’attore Luigi Lo Cascio le cui doti e potenzialità risultano evidenti. Michele
Grassadonia, un architetto palermitano interpretato dal medesimo Lo Cascio, si
trasferisce dalla sua città natale a Siena: terra valutata per l’educazione
civica e il tenore di vita medio-alto.
In una notte piovosa
in cui doveva raggiungere una collega ad un appuntamento, Michele ecologista
convinto, si fa prestare la macchina da un collega. Ad un tratto vede un’ombra
sfrecciare davanti e urtare contro il mezzo di locomozione di cui in quel
momento era in possesso: si ferma impaurito, scende dalla vettura ma non c’è
nulla per terra. Prosegue il cammino ma probabilmente lo shock e la tensione
gli fanno perdere il controllo, così cozza contro un altro veicolo parcheggiato
al quale lascia un biglietto per il risarcimento dei danni.
Non finisce qui
l’avventura dello sfortunato architetto: per terra qualche metro più avanti
trova un oggetto non ben definito lungo il bordo della strada. Prosegue, ma i
sensi di colpa lo costringono a fare retromarcia e capire di che cosa si
trattasse: è un uomo, uno dei più importanti di Siena. Chiama il 118 e
all’arrivo della polizia la sua vita inizia un nuovo e inquietante capitolo: da
soccorritore ad indagato.
Agli occhi di tutti è
già un colpevole. Discriminato, emarginato e diffamato, Michele vive una fase
confusionale sul proprio status e su quel che gli sta accadendo.
Non c’è nulla che gli
dia la consapevolezza di aver sbagliato o le giuste attenuanti, dal momento in
cui non ricorda né riesce a decodificare l’oggetto contro cui è avvenuta la
collisione.
In un mondo in cui
tra la giustizia e l’ingiustizia il passo è breve e dove l’arroganza predomina,
il disperato architetto non trova le parole per esprimere il suo disagio: le
giornate trascorrono con macigni da trascinare, le notti con incubi da
sopportare. Michele trema come una foglia gialla d’autunno prima di cadere, ma
allo stesso tempo la sua forza interiore e il bisogno di dimostrarsi innocente
gli danno la determinazione per proseguire un calvario estenuante.
Gli interrogatori del
magistrato hanno una valenza comunicativa sia per quanto concerne i dialoghi,
sia per quanto riguarda la scelta registica dell’utilizzo delle immagini:
l’indagato è ripreso dall’alto, schiacciato dal reato e dalla vergogna,
l’indagatore è ripreso dal basso, in quanto autorità e simbolo del potere. Così
come rilevanti risultano essere le inquadrature dall’alto della scala a
chiocciola: come se Michele fosse in trappola e non ci fosse alcuna via di
fuga.
L’unica scelta
discutibile del regista può essere sullo smascheramento di quell’oggetto che ha
provocato un tremendo equivoco. La forza del film sarebbe potuta restare tale
pur senza dover dare tutte le risposte ai quesiti: il senso del mistero è la
chiave per mantenere la concentrazione e anche per stimolare una rilettura e
un’interpretazione del tutto personale.
Lottare per la verità
quando i più avrebbero scelto l’omertà; lottare per la verità quando il
cervello degli uomini in realtà ricerca solo la vittoria. Ed è qui che la
domanda postagli dall’ultimo avvocato a cui si affida risulta essere pregna di
valenza e meditazione: <ma alla luce di quel che è accaduto, Lei lo
rifarebbe?>.
Francesca Saveria
Cimmino
sullo smascheramento del "corpo imprecisato" che ha causato l'equivoco però non sono d'accordo...secondo me accresce la beffa e la chiusura in un guscio di incomunicabilità di Michele, portatore di una verità che è vera ma assolutamente indimostrabile... comunque un bel film. Mariateresa
RispondiEliminaSono contenta del Tuo commento. Potersi confrontare è sempre importante e formativo sia per chi scrive sia per il lettore. Io credo che effettivamente nel cinema si debba giocare tra un detto e non detto, lasciando allo spettatore il beneficio del dubbio o una personale interpretazione. I registi, a mio modestissimo parere, devono sempre chiedersi qual è il messaggio che deve arrivare e devono cercare di ottenere il loro fine con tutti i mezzi a disposizione. In questo caso specifico ritengo fosse già chiaro il senso del film e quel dettaglio poteva non essere svelato lasciando un pò di mistero, che, in realtà, non fa mai male. Infondo chi avrebbe voluto credergli l'avrebbe comunque fatto. Ad ogni modo questo è davvero un pelo nell'uovo discutibile e soggettivo, nulla di più. Il regista merita tutte le attenzioni e il tema è assolutamente rilevante. Grazie per avermi contattata!
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