Roma, Teatro Ambra Jovinelli. Dal 4 al 14 aprile 2013
C’è una frase
emblematica che pronuncia all’inizio della commedia Jimmy, il protagonista di
RICORDA CON RABBIA di Johm Osborne, ed è: “Io
mi domando perché passo così tutte le domeniche, persino le recensioni dei
libri sembrano le stesse della settimana scorsa, il libri cambiano, le
recensioni no!”.
Questo è l’empasse in
cui si trova spesso il recensore, gli spettacoli cambiano, le recensioni no o
l’esatto contrario? Spero di dimostrare il contrario. In realtà credo che
Luciano Melchionna, mettendo in scena per il Teatro Bellini di Napoli, che ne è
il produttore, lo spettacolo che abbiamo visto in prima romana al Teatro Ambra
Jovinelli (a cui auguriamo di cuore di trovare una giusta soluzione con le
istituzioni preposte vista l’imminente chiusura e di avere ancora lunga vita e
presenza nel quartiere Esquilino che ha urgente bisogno di cultura e di una
illustre presenza teatrale), abbia trattato il famoso testo di John Osborne
andato in scena per la prima volta nel 1956, al tempo appartenente al gruppo
degli Angry Young Men, come un classico e non come una rivisitazione, e di
conseguenza ne è venuto fuori uno spaccato epocale, per quanto l’azione si
svolga in un hangar, deposito di elettrodomestici, autorimessa o magazzino che
sia, contemporaneo ed attualissimo, (bellissima la scena di Francesco Ghisu). La
rabbia di Jimmy è una rabbia generazionale, chi non è stato arrabbiato e
contestatore verso i venti anni per poi omologarsi nella maturità? Tutto questo
nello spettacolo è ben evidenziato da una regia puntigliosa e precisa a tratti
onirica, quasi quasi si lascia contagiare dalla rabbia di cui è intriso il
testo ormai divenuto rappresentativo per quella generazione.
Jimmy è sposato da
tre/quattro anni con Alison e gestisce con il fedele amico Cliff un banco al mercato
rionale, ma, nonostante il lavoro gli vada bene, pare che la sua unica
preoccupazione sia di inveire contro il suo prossimo e a quanto pare anche il
matrimonio è stato solo una scenata: la moglie sopporta con amore devoto fino a
quando non scopre di essere incinta e, incoraggiata dall’amica Elena, trova il
coraggio di abbandonare marito e casa, ma così facendo non fa altro che
condurre nelle braccia dell’amica l’amato marito, viene così a riproporsi un
menage, ma l’aborto spontaneo fa ritornare Alison a casa e la coppia può
ricominciare laddove il rapporto si era interrotto.
“Quante energie si sprecano per le donne” quindi “Tanto vale farsi distruggere dalle donne”,
questo è l’assunto del bellissimo taglio dato dalla regia di Luciano Melchionna
che, insieme a Gabriella Schina, ne cura anche la traduzione e l’adattamento
del testo, e in omaggio all’ente produttore infarcisce il dialogo anche di riferimenti
partenopei con quel “killer della parmigiana”, o bancarella al mercato, o con
quel profumo di caffè che si effonde per la sala che un attore prepara durante
la scena, elementi che ben si integrano nell’agile spettacolo, e anche il
finale del primo tempo, il cambio di coppia ribalta e capovolge la situazione
ed è di sicuro effetto quell’inversione di prospettiva data dalla metafisica
sospensione di oggetti fin ad allora disposti in un ordine prospettico…
improvvisamente ci troviamo in una dimensione surreale ed astratta.
Sylvia De Fanti è una
Elena canterina e realista nel difficile compito di guastafeste, mentre Marco
Mario De Notaris, “terra di nessuno” come si autodefinisce, l’amico di sempre,
probabilmente anche lui innamorato di Jimmy, rempie il suo personaggio di
autocontrollo e di contegno ad oltranza, ma probabilmente vorrebbe urlare anche
lui la sua rabbia al mondo. Stefania Rocca riassume la sua bella e commovente
interpretazione nelle parole che Alison, il suo personaggio, dice ad Elena
riferendosi a Jimmy: “Lasciagli la sua
sofferenza, io vorrei solo un po’ di pace”, è compassata e giustamente
devota al marito, a testa china sempre subisce e incassa ogni attacco e furia
del marito, ma il fulcro ed il motore della serata è Daniele Russo, che ha lo physique du rôle del giovane arrabbiato,
rasato e con barba da black bear americano, con felpa smanicata e spesso
incappucciato, ottimo suonatore di sax come richiede il testo, è sempre teso e
presente nelle tre ore di durata dello spettacolo, si dimena, si contorce,
piange, accusa, ma purtroppo il vero inquisito è lui con le sue problematiche e
mancanze affettive, e il riscatto per entrambi avviene nello straziante finale
quando con uno scoppio di rabbia Alison/Stefania Rocca confessa l’attaccamento
e tutto il suo amore a Cliff/Daniele Russo e la scena è invasa da centinaia di
orsetti di peluche. Mentre si ritrovano giocando come eterni bambini, cala
dall’alto, in proscenio, un’enorme grata fitta, che è per tutti la gabbia dei
sentimenti in cui volutamente o no ogni essere umano ci si va a imprigionare.
Mario di Calo
RICORDA
CON RABBIA di
John Osborne
Prodotto
da Teatro Bellini - Teatro Stabile di Napoli
con
Stefania
Rocca, Daniele Russo,
Sylvia
De Fanti, Marco Mario De Notaris
regia
Luciano
Melchionna
consulenza
musicale di Giovanni Block
scene
Francesco
Ghisu
dal
4 al 14 aprile al teatro Ambra Jovinelli di Roma
il testo è meraviglioso...ma ho seri dubbi sulla rocca....scusate!!! Adriana
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