30 aprile, 2013

“Oblivion”, o l’eterno dissidio tra forma e sostanza. Di Alessandro Ferri


Visto al Teatro Signorelli di Cortona


Anno 2077. Il pianeta Terra, a sessant’anni dall’invasione aliena che l’ha devastato e ne ha decimato la popolazione, sta per essere abbandonato: la popolazione si è già trasferita in larga parte su Titano (luna di Saturno) o sta per farlo, attendendo l’ultimo viaggio del Tet, gigantesca astronave sospesa sopra l’atmosfera. Jack Harper è un tecnico che si occupa, assieme alla collega Victoria, di riparare i Droni, robot che si occupano di difendere le grandi idro-trivelle con cui il Tet sta risucchiando l’acqua e l’energia necessarie al viaggio su Titano. L’attività dei Droni è resa necessaria dalla presenza, sul pianeta, di un gruppo di alieni resistenti, i cosiddetti Scavenger, la cui principale attività è il sabotaggio delle idro-trivelle.
Quando Jack riesce a salvare fortunosamente Julia, astronauta di origine misteriosa, dal naufragio della sua navetta, scopre molte cose: la sconosciuta è una vecchia conoscenza, gli Scavenger non sono quello che sembrano e il Tet è tutt’altro che un’ancora di salvezza.
Oblivion è il secondo lungometraggio diretto da Robert Kosinski, regista con una formazione in computer-grafica e in architettura, arti che non faticano ad emergere nelle sue opere. Il primo film diretto da Kosinski è il controverso Tron:Legacy, del 2010: un film, come ebbe a dire il compianto Rogert Ebert, “incomprensibile, ma forte”.




Come per ogni film fantascientifico che si rispetti, Oblivion dovrebbe essere giudicato secondo due piani differenti: quello della sceneggiatura e quello degli effetti visivi e dell’aspetto diciamo “fenomenico”. Partiamo dal secondo, che si guadagna il nostro plauso per una fotografia curata e mai banale (merito dell’italo-americano Claudio Miranda, quest’anno premiato con l’Oscar per Vita di Pi), oltre che per l’efficacia degli effetti speciali e la magnificenza delle ambientazioni. Degna di nota anche la colonna sonora, curata dai francesi M83 (band di musica elettronica/shoegazer), così come i Daft Punk si erano occupati delle musica di Tron:Legacy. La scelta di una band in luogo di un compositore tradizionale appare significativa, a dimostrazione di una volontà di rinnovarsi non così comune nella produzione dei grandi studios hollywoodiani. Gli attori danno una prova convincente, sebbene non eccelsa. In particolare Cruise, protagonista assoluto della pellicola (essendo solo in scena per gran parte del film), sembra eccedere a tratti in gigionerie poco utili alla trama.
È sul piano della trama che Oblivion perde consenso. La tematica, quella di una Terra abbandonata in cui pochi uomini si trovano a dover combattere per la salvaguardia della propria specie e del pianeta (con una spruzzata di ecologismo 2.0 oggi così di moda), è ormai più che usurata in sf.  La stessa scelta di un film con pochissimi personaggi e lunghi monologhi richiedeva forse una maggiore attenzione nella scrittura delle battute e dei dialoghi. Come in Tron:Legacy, Kosinski si è fatto trascinare dall’attenzione all’aspetto esteriore e ha tralasciato dettagli essenziali nella costruzione del film, rimanendo troppo legato alla tradizione della fantascienza da grande major. Come hanno osservato alcuni, Jack Harper è, nel suo superomismo, l’ennesimo supereroe proposto dal cinema d’azione degli ultimi anni, e ciò determina il carattere “fumettoso” del film.
Come giudicare allora Oblivion? Una pellicola che parte da buoni spunti ma che si perde nella superficialità con cui si è trattato l’intreccio, troppo poco vivo per resistere alle oltre due ore di montato. Sotto il profilo tecnico non ci sono appunti da fare, ma un libro, come sono soliti dire gli anglofoni, non si giudica dalla copertina.

Voto: 5 ½.

Alessandro Ferri

3 commenti:

  1. Fantastici, assolutamente da vedere... Romina

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  2. RISULTATO RECENSIONE:OTTIMO! Marisa

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  3. eppure forma e sostanza non possono esistere l'una senza l'altra. Giuliano

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