Milano,
Elsinor Teatro Stabile d’Innovazione, Teatro Sala Fontana dal 4 al 21 aprile
2013
Raffaella Boscolo. Foto Sonia Santagostino |
Vorrei partire da una
scena quasi sul finire dello spettacolo che ricordo particolarmente rilevante,
viva, anche se porta in sé la morte e poi, andare a ritroso. Come a far rivivere
Veronika Voss.
Forse è proprio lei a chiederlo, anzi a
implorarlo. Come quando sulla scena
chiedeva, implorava applausi e lodi.
L’attrice, la
morfinomane, la diva sul viale del tramonto, la collaborazionista del Reich, la
donna innamorata, la prigioniera, interpretata da una sensibile Raffaella Boscolo è in grembo alla sua
dottoressa, e le loro bocche si
scambiano quel bacio che era nell’aria fin dall’inizio. Un bacio di Giuda,
apparentemente tra due donne perché molto creativa è l'idea di far recitare la
dottoressa Marianne Katz a un giovane attore,
Riccardo Buffonini ambiguo e
crudele, untuoso e malignamente
sorridente, e allora siamo attirati da questo rapporto quasi lesbico e ci
colpisce quell’immagine che assomiglia alla Pietà, così terribilmente,
incredibilmente, positivamente stravolta.
“Morirai solo quando
te lo permetterò io” dice la dottoressa a Veronika Voss, che da lei ha comprato
felicità sotto forma d’ iniezioni di
morfina, perché gli attori hanno fama di essere deboli, ambiziosi, depressi,
sempre in cerca di successo, non si rassegnano quando finisce lo spettacolo,
sia sulla vita sia sulla scena.
Allora ricorrono all’alcol, alle droghe, agli
eccessi. Veronika sta per affrontare un
provino, forse l’ultimo, quello che potrebbe riportarle il successo, ma senza
l’aiuto della morfina non ce la farebbe mai.
Intorno a lei ruotano
figure nere come avvoltoi, pronte a dilaniarle la carne, eccetto un giornalista
sportivo, che una notte di pioggia le offre riparo sotto il suo ombrello. E
lei, inevitabilmente, da donna fragile e sognatrice qual è, se ne innamora, ci
va anche a letto, pur sapendo che è fidanzato.
Lui, solo contro
tutti, cerca di capire quale mistero ci sia dietro la vita dell’attrice, così
terribilmente fragile, eppure sempre pronta a ottenere quello che vuole, come
una bambina viziata e viziosa. Ma questa sua curiosità lo porterà a
mettersi nei guai e perfino, ad
assistere alla morte della sua ragazza.
Uno spazio scenico
rivestito di legno, pedane e scalini, niente di più, agli attori il compito di
portarci in ambienti diversi, dalla clinica alla villa dell’attrice, dal
negozio di antichità alla centrale di polizia al set cinematografico. In più alcuni attori rivestono o svestono
differenti parti. Una scelta registica quella di Pasquale Marrazzo di cui si
apprezza l’impegno e l’essenzialità. Come la semplicità del legno, su cui si
muovono i personaggi che, a parte Veronika, indossano il nero di giacche e
calzoni di pelle, alti stivali, tuniche ecclesiastiche invece di candidi camici,
lugubri richiami alle SS naziste. Le scelte musicali sono molto buone e non
disturbano la regia totalmente priva di sfarzo.
Veronika sembra quasi
cercare il dolore, la sofferenza, il vittimismo, per continuare a essere al
centro dell’attenzione, un’attenzione che sa benissimo pagherà a caro prezzo.
Ma è stata anche una donna assetata di denaro e di successo, durante la vita e
la carriera, e anche tutti gli altri personaggi vivono in un mondo dove si
sfrutta più che si può, dove la parola “amore” stride come le chiavi di una
cella in un campo di concentramento.
I super uomini e le
super donne sono intrisi di cinismo e di materialismo, desiderio di innalzarsi
su gli altri, mietendo vittime innocenti, eppure quanta fragilità si nasconde
dietro a tali atteggiamenti! Peccato che milioni di persone abbiamo perso la
vita per questa spaventosa “fragilità”.
Da sinistra: D.
Silvestri, R. Buffonini, R. Boscolo.
Foto Sonia
Santagostino
|
Un gioco al massacro
di esseri senza ideali se non quello di credere che la felicità si trovi in una
siringa riempita di morfina, per sentirsi forti e potenti, per trovare il
coraggio di provare un po’ di amore o quello che a loro sembra tale, per
affrontare folle, per dare ordini alle masse ignare e altrettanto prive di
ideali, se non quelli di ubbidire a capi sbraitanti e troppo sicuri di sé.
Eppure sono tutte
facce della stessa medaglia chiamata uomo, diviso tra libertà e determinismo,
fragilità e solidità, ateismo e fanatismo, perdono e punizione.
Imputata Veronika
Voss: colpevole o innocente?
A voi spettatori la
sentenza su questa tragica storia di uomini e donne, come loro, come noi…in
fondo.
Il mio percorso a
ritroso finisce con Veronika che sul set recita la parte di una
tossicodipendente.
Sta aspettando i
nostri applausi...
Daria D.
“Veronika
Voss”
soggetto di Rainer Werner Fassbinder. Regia di Pasquale Marrazzo.
sceneggiatura
Peter Märthesheimer e Pea Fröhlich
soggetto
Rainer Werner Fassbinder
traduzione
Giovanni Spagnoletti
con
Raffaella
Boscolo – Veronika Voss
Emiliano
Brioschi – Robert Krohn
Valeria Perdonò - Henriette
Michele
Radice – Pratorius/Max
Riccardo
Buffonini – Dottoressa Katz
Davide
Silvestri – Signora Treibel/Josefa
Francesco
Meola – Signor Treibel/Regista/Segretaria
Gabriele
Bajo – Caporedattore/Ispettore/Commesso/Giardiniere
Andrea
Romano – Dottor Edel/Proprietaria
spazio
scenico Daniele Maliconti
costumi
Lucia La Polla
light
design Claudine Castay
sound
design Roberto Mozzarelli
aiuto
regia Luca Ligato
regia
Pasquale Marrazzo
durata
1 h 30 min
inserito
in INVITO A TEATRO
Veronika Voss è il penultimo lavoro di
Rainer Werner Fassbinder, prima della sua scomparsa, in cui l’autore appare per
l’ultima volta sul grande schermo nel 1982
Nessun commento:
Posta un commento