Cari
lettori del Corriere dello Spettacolo,
oggi
la vostra redattrice Claudia Conte ha il piacere di intervistare il
sorprendente regista toscano Massimiliano Mauceri, che proprio oggi ha ricevuto il prestigioso Award of Merit al Los Angeles Cinema Festival of Hollywood per la sua sceneggiatura Luther's Gang!
Ciao Max. Sei pronto a rispondere alle mie domandine? Bene. Iniziamo dalla prima. Sogni ed aspirazioni di Massimiliano bambino. Si tratta di lontane reminiscenze ormai (rido), ma ti chiedo… cosa volevi fare da grande?
Ciao Max. Sei pronto a rispondere alle mie domandine? Bene. Iniziamo dalla prima. Sogni ed aspirazioni di Massimiliano bambino. Si tratta di lontane reminiscenze ormai (rido), ma ti chiedo… cosa volevi fare da grande?
A dispetto dei miei
39 anni, mi sento in effetti ancora molto bambino, con le stesse aspirazioni e
la stessa voglia di sognare di quando ero piccolo, di quando avevo un sogno:
fare il regista. Credo che la mia passione per il cinema sia nata intorno ai
dieci anni. Passavo serate fantastiche con i miei genitori a vedere vecchi film
in b/n davanti alla tv, e per me l’atmosfera di quelle sere aveva qualcosa di
magico: tuffarmi in quelle storie prima di quella che io consideravo una noia
mortale, cioè dover andare a letto presto come tutti i bambini, solcava il
confine tra il piacere e il dovere. A quattordici anni ho poi ricevuto in
regalo la mia prima cinepresa Super8 e ho iniziato a vagare per la città
(Firenze ndr) girando filmini senza capo nè coda ma che mi divertivano molto.
Il rumore della pellicola Super8 quando giri, è qualcosa di unico. Percepisci
l’importanza di ogni secondo di inquadratura, di ogni fotogramma, sai che ogni
cosa che stai riprendendo sta venendo impressa sulla pellicola. E’ qualcosa di
difficile da spiegare, qualcosa che quando usi una telecamera digitale non
avverti. Una specie di magia che attraverso il rumore scandisce il tempo delle
immagini, e ti fa percepire la forza del cinema.
Parlaci
del tuo primo lavoro cinematografico.
Avevo diciannove
anni, era il lavoro finale del corso di regia di una scuola di cinema che feci
a Firenze. Tanto per rimanere in tema col mio essere ancora bambino, presi il
titolo dalla sigla del cartone animato Pinocchio: “La fantasia è solo una
bugia”. Una storia d’amore, d’incomunicabilità. Avevo iniziato quella scuola
con l’aspirazione di poter fare da cameraman ai matrimoni, cosa che in effetti
feci pure una volta, e mi sono trovato invece con un corto, scritto e diretto
da me, vincitore di 6 premi e trasmesso dalla Rai. Era poco, era solo un
piccolo passo, ma nel mio piccolo, ero felice.
Quali
sono i tuoi registi preferiti? Qualcuno ti ha influenzato in modo particolare
nella tua formazione?
Senza dubbio
Hitchcock. Credo che rappresenti la forma più alta di cinema sotto tutti i
punti di vista, anche se mi rendo conto che il parere è del tutto personale.
Era un regista che “parlava” con la macchina da presa. Riusciva a raccontare
sentimenti, emozioni e storie, soltanto con un movimento di macchina o con uno
sguardo dell’attore. Aveva, secondo me, colto l’essenza del cinema. Spesso
infatti i dialoghi dei suoi film, perfetti, essenziali ed ironici, erano
semplicemente pretesti per far muovere i personaggi sulla scena e far andare
avanti la storia, ma quasi mai erano descrittivi di qualcosa. Quando doveva
“spiegare” qualcosa, lo faceva con la macchina da presa o con la mimica degli
attori. Un modo di fare cinema unico, che nessun altro ha mai avuto. Gli ho
reso omaggio nel mio corto “C’era una volta un re”, un piano sequenza di dieci
minuti in cui cito “Nodo alla Gola”. Ci sono poi altri registi che amo molto,
come Kubrick, Woody Allen, Sergio Leone. Se invece penso al presente, il
regista vivente che ammiro di più è Tarantino, un vero genio, con un senso
estetico incredibile e una capacità formidabile di scrivere, unite ad una
profonda capacità di capire l’animo umano. Un regista spesso guardato di sbieco
da un certo tipo di critica che non riesce ad accettare che si possa fare
grande cinema facendo il pieno al botteghino.
L’evento
che ritieni il più importante per la tua carriera.
Mi viene da sorridere
a sentirti pronunciare la parola “carriera”. Siamo realisti, dai. Non ho ancora
fatto niente e non lo dico con falsa modestia, è la verità. Forse potrò
risponderti meglio fra una quarantina di anni, non so. Ho incontrato tante
persone, alcune porte aperte e altre chiuse in faccia. Ed è normale che sia
così. L’evento più importante è sempre quello che deve ancora arrivare, o
almeno così la vedo io. E’ il mistero del futuro che regge il mondo, viviamo
solo perché non sappiamo cosa succederà domani.
So
che hai scritto e diretto otto cortometraggi, vincendo ben 67 premi fra Italia,
Europa e Stati Uniti. Quale credi sia il segreto del tuo successo?
Ecco appunto... se mi
faceva sorridere la domanda di prima, figurati sentirti parlare di successo.
Sei molto gentile ma io e il successo non siamo accostabili al momento. Che poi
bisognerebbe capire cosa è il successo. Credo che l’obiettivo di tutti sia
quello di cercare la felicità, ma pure chi la raggiunge dice che dura poco
quella sensazione. E quindi forse la vera felicità sta nell’avere almeno la
possibilità di cercarla. Questo è già un successo, e non è poco. Non tutti
hanno la fortuna di averlo, specialmente di questi tempi. Il successo invece
inteso come riconoscimento del tuo lavoro, anzi della tua passione, fa
immensamente piacere, è vero, ma come dicevo, la tua gentilezza va ben oltre la
realtà, in fondo stiamo solo parlando di cortometraggi, la vera sfida
cinematografica sarà confrontarsi con il cinema “vero”: i lungometraggi.
Nell’ambito
del cinema italiano in che misura è possibile proporre delle nuove idee e
quanto invece si deve venire a patti con i produttori e i gusti del grande
pubblico?
Qui purtroppo manca
una vera industria cinematografica. Per ricrearla come un tempo, bisognerebbe
ripartire dai film di genere che sono il pilastro di questa industria e formare
nuovi produttori che rischino qualcosa di loro scegliendo progetti secondo il
proprio gusto e non secondo strane logiche di convenienza. Riscoprire l’aspetto
umano e artistico del produttore, significherebbe ridare lustro al cinema
italiano e proiettarlo verso un futuro migliore. Credo che ce ne siano di
produttori pronti a mettersi in gioco con coraggio e convinzione ma vanno
aiutati altrimenti si scontrano contro un sistema chiuso su se stesso e perdono
fiducia. Gli spettatori andrebbero trattati meglio, serviti con più scelta. Se
nel menù c’è solo un piatto, scegli sempre e solo quello. Il grande pubblico
non è solo quello che va al cinema per il cinepanettone, è anche quello che
vede Sorrentino o Tornatore. I grandi registi non fanno film per pochi. Quindi
il problema non è il gusto degli spettatori, ma il sistema che è alla base di
tutto.
Ora
conosciamo un po’ meglio Massimiliano dal punto di vista umano. Svelaci… un tuo
pregio ed un tuo difetto!
Forse l’essere
perfezionista.
Questo
è il pregio o il difetto?
Tutte e due le cose.
Spesso aiuta ad evitare di fare sciocchezze, ma ancora più spesso risulta un
ostacolo inutile e pesante, ché tanto la perfezione non esiste e può diventare
solo l’alibi della paura di sbagliare.
Cosa
pensi dell’amore? La pensi come me oppure “Una vita senza amore è ugualmente
degna di essere vissuta”?
La penso decisamente
come te. L’amore regola tutta la percezione delle cose, degli accadimenti e
della vita stessa. E’ la misura della felicità. Che sia l’amore per una persona
o per qualcosa di più astratto, è comunque necessario per sentirsi vivi. Amare
significa esserci. Avere un senso per se stessi e dare un motivo agli altri. I
periodi senza amore, sono come interminabili fluttuazioni nel vuoto senza
tempo.
Progetti
futuri.
Fare il mio primo
film “vero”. Di quelli che escono al cinema, di quelli che pure gli amici e i
parenti devono pagare il biglietto per vederlo. Ma scherzi a parte, ho pronte
due sceneggiature. Un thriller e un gangster movie. Vorrei girarlo in inglese
ma con produzione tutta italiana. Sto valutando alcune proposte e alcune
strade. Vedremo.
Grazie
Max per il tempo che ci hai dedicato e in bocca al lupo per la tua già
brillante carriera. L’intervista si è conclusa ma ti invito a mandare un saluto
ai nostri lettori!
Crepi il lupo e
grazie a te Claudia per la tua cortesia e simpatia. Un saluto e un abbraccio ai
lettori del Corriere dello Spettacolo.
Curata da Claudia Conte
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