Tralasciando per un
attimo il panorama degli spettacoli del Festival dei Due Mondi, concentriamoci
un momento sulla città di Spoleto e, precisamente, sulla Rocca. È la simpatica
Cinzia che porta me e Valeriya a visitare un percorso molto interessante e anche
stupendo dal punto di vista monumentale e paesaggistico. Inizialmente entriamo
nella Fortezza spoletina, dove Cinzia ci mostra i bellissimi affreschi del
Quattrocento ritrovati non molti anni fa sotto strati di calce, per poi
portarci a visitare il Museo Nazionale del Ducato, dove si ripercorre l’antica storia
della Rocca; Rocca che per molti anni era stata adibita a carcere, ed è
veramente emozionante rintracciare sulle mura le scritte dei carcerati,
sensibilmente lasciate nei lavori di ristrutturazione. All’esterno è presente
anche un bellissimo e arioso spazio aperto, un tempo luogo di esercitazioni
militari. Dalla Rocca si gode di una bellissima vista panoramica sulla città e
sulle montagne spoletine, una vista che meraviglia lo sguardo.
Uscendo dal forte,
Cinzia ci mostra un sentiero straordinario: il “Sentiero dei condotti”, utile
sia per una tranquilla promenade,
come per una corsa sportiva. Il percorso parte dal ponte dell’acquedotto –
luogo indimenticabile, visto che si tratta di un enorme acquedotto in seguito
trasformato in ponte, un ponte che forse può essere considerato, insieme alla
Rocca, la struttura più bella di Spoleto – e, girando intorno alla Rocca,
tramite una strada circondata da boschi, si risbuca a Spoleto bassa, da dove,
volendo, si possono prendere le scale mobili per recarsi nuovamente nella parte
alta.
Foto di Marco Allegri. Veduta di Spoleto da un aereo ultraleggero guidato dal Maresciallo Luigi Faiella |
Finita la passeggiata
ce ne torniamo verso l’ufficio, salutiamo la gentilissima Cinzia, quando ormai
è giunta l’ora di pranzo. Mi reco alla Taverna dei Duchi, dove mi mangio una
pizza accompagnata da una birra – ci tengo a complimentarmi con il ristoratore,
perché è stato l’unico a inserire nell’apposito meno E20Umbria il mio pasto preferito: la pizza appunto!
Mi alzo soddisfatto,
non prima di avere preso un buon caffè però, e mi dirigo al mio albergo, il
piacevole e accogliente Hotel Aurora, dove comincio a scrivere, e dove ancora
sto scrivendo, visto che in ufficio aspettano un mio articolo in modo
abbastanza urgente, ma, come promesso, non vi lascerò senza prima avervi
raccontato la “vera” storia della mitologica casa tra le montagne.
La
Casa tra le montagne
La casa tra le montagne (cerchiata in rosso) |
Molti anni fa, in un’epoca
indeterminata, si poteva vedere, come oggi, lo straordinario acquedotto che
collegava Spoleto alla valle montuosa, che rappresentava, e rappresenta, la flora
naturale più vitale della città umbra.
Tra alte e boscose
montagne che si scorgevano non distanti dall’acquedotto, bagnato ai suoi piedi
da un torrente, emergeva una piccola costruzione in pietra abitata da un
personaggio di cui nessuno ricorda il nome. Si trattava del custode dell’acquedotto,
ed è a lui che era stato affidato un solo compito, quello di salvaguardare la
preziosa struttura dai guasti e dalle intemperie.
Erano molti anni che
faceva questo lavoro ed era costretto a farlo in una condizione di solitudine,
sperduto tra le montagne della città. Questa situazione, lontano dal contatto
umano, l’aveva portato a una riflessione profonda sulla vita, a cercare di
capire quello che la vita “nasconde”. Passava ore e ore a contemplare la Natura
in attesa di una risposta che non sembrava giungere; contemplava il Cielo, ma
anche questo non sembrava aiutarlo nella sua ricerca. Nonostante tutto non si
arrese e cercò di proseguire la sua ricerca attraverso la filosofia, ma
soprattutto attraverso la magia e l’alchimia. Era convinto che esistesse
qualcosa d’inconfessabile che si sarebbe professato quando meno se lo aspettava,
evidentemente ancora non era arrivato il momento.
Una sera, come tutte,
aveva letto un grande volume di formule alchemiche, ma, non riuscendo a
trovarne una soluzione, se n’era andato a dormire. Durante la notte, si rese
conto che dal libro che aveva lasciato aperto sopra il tavolino da studio proveniva
una strana aura spirituale; percependo questa particolare energia si alzò di
soprassalto e si diresse verso il volume. L’aura che aveva avvertito non c’era
più, tuttavia, dirigendo il suo sguardo verso la finestra, fu sorpreso di
vedervi un pappagallo dalle piume luminose. In quella foresta non aveva mai
visto un volatile del genere e si avvicinò incuriosito. Non si trattava di un
pappagallo comune; di solito i pappagalli conoscono solo poche parole umane,
mentre quello era in grado di fare discorsi filosofici e articolati. Il custode
stava lì ad ascoltarlo e parlarono delle forme “invisibili” del mondo tutta la
notte, argomento in cui il pappagallo sembrava essere molto ferrato. I discorsi
andarono avanti per ore, fino a quando il pappagallo non si professò essere un
mediatore dell’ “invisibile” del mondo. Il custode all’inizio rise, poi chiese
una prova della sua forza divina e il volatile, rapidamente, volò verso il
torrente al di sotto dell’acquedotto, e, in una sola beccata, lo prosciugò
completamente.
L’uomo fu frastornato
da tutto questo e anche spaventato, ma si rese conto di essere riuscito ad
afferrare la chiave dell’ “invisibile”.
Il pappagallo propose
al custode di seguirlo nei suoi viaggi, dove avrebbe potuto ottenere l’intera
conoscenza “invisibile”. Nonostante tutti i problemi che questa Conoscenza gli
avrebbe potuto creare, lui rispose di sì, che non avrebbe mai rinunciato all’occasione
della vita.
Un giorno, un gruppo
di contadini che si erano resi conto del prosciugamento del torrente e della
mancata manutenzione dell’acquedotto, decisero di fare visita al custode, ma,
giunti là, furono terrorizzati nel vedere pezzi della casa che si alzavano e si
abbassavano volando, come oggetti semoventi, come spiriti che avessero preso la
forma della materia. Allora scapparono tutti in corsa da quella casa, che non
era più umana.
Stefano Duranti
Poccetti
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