Festival dei Due Mondi,
Spoleto. Teatro Caio Melisso, Venerdì 5 luglio 2013
Foto Fabian Cevallos |
Cosa significa soffrire per amore al femminile?
Raramente abbiamo trovato una risposta tanto efficace quanto ce la danno i due
famosi monologhi di Jean Cocteau “La Voce Umana” e il “Bell’indifferente”, due
drammi, spesso e giustamente rappresentati insieme, che ci raccontano
scenicamente il significato che ha per una donna essere abbandonata dall’uomo amato;
oppure che cosa significa convivere con uomo per cui la donna è soltanto un
oggetto non degno di considerazione.
“La voce umana” è un monologo dove la protagonista
parla al telefono con l’amante che l’abbandonata. La donna – che non ha nome –
si muove disperata tra un tavolino e un letto, unici oggetti scenici. È
combattuta tra l’accettazione della situazione e il non capacitarsi di come
tutto sia potuto accadere; vorrebbe rialzarsi, ma senza di lui non ce la può
fare, “Sono come un pesce senz’acqua”,
dice la protagonista. Accetta, si ribella, accetta e ancora si ribella,
vorrebbe addirittura suicidarsi, ma non lo farà. La chiamata finisce e le luci
si spengono, lasciando la donna nel suo sconforto.
Adriana Asti, al contrario di altre sue colleghe, dà
vita a una “Voce Umana” dalla “intima disperazione”; non recita in modo
isterico, non corre come un forsennata per il palco, ma sfoga la sua afflizione
solo con la voce, con uno sguardo espressivo che cattura il pubblico più di
qualunque isterico e rabbioso sforzo gestuale.
Così l’attrice, anche nel secondo monologo “Il
bell’indifferente”, continua con la sua intimità, con la sua “turbata
tranquillità”, questa volta confrontandosi con una persona in carne e ossa
(Mauro Conte); si tratta dell’amato che non la considera, che non appena arriva
a casa si butta sul letto per leggersi il giornale. Lei parla per tutta la
durata del monologo, mentre lui sta lì, disteso, in silenzio, con la sua faccia
coperta dai fogli del quotidiano; lei parla dell’amore che prova per lui, della
disperazione in cui cade mentre non è in casa, della disperazione che prova
perché lei sa che lui ha un’altra, lei sa che lui la tradisce. Parla e parla
del loro rapporto arrivato a una situazione insostenibile e, infine, quando gli
toglie il giornale dalle mani, si rende conto che si è addormentato – non ha ascoltato
una parola di quanto gli ha detto. Nel finale l’uomo si alza e, senza parlare,
apre la porta e se va via, lasciando la donna sola, con il suo sconforto.
Sono due donne senza nome quelle de “La Voce Umana” e
de “Il Bell’Indifferente”, due donne unite dal comune denominatore della
costernazione per amore; un comune denominatore efficacemente portato in scena
dall’intima performance di Adriana Asti e dalla pulita regia di Benoît Jacquot,
che insieme a un arredamento scenico asciutto e ridotto, a ragione, ai minimi
termini – bastano un tavolino e un letto per entrambe le messe in scena – danno
luogo a un insieme organico e soddisfacente.
Stefano Duranti Poccetti
Adriana Asti
Benoît Jacquot
LA VOCE UMANA
IL BELL’INDIFFERENTE
di Jean Cocteau
traduzione René de
Ceccatty
con Mauro Conte
regia Benoît Jacquot
scene Roberto Platé
costumi Nicoletta
Ercole e Christian Gasc
luci Daniele Nannuzzi e
Jacques Rouveyrollis
assistente alla regia
Geneviève Dufour
assistente alle scene
Luisa Paglialunga
assistente alle luci
Jessica Duclos
assistente Adriana Asti
Chiara Mogavero
costumi realizzati da
fbg 22-11 studio de costumes, D’Inzillo Sweet Mode s.r.l., Agnès Dominique Dit
Cabannes
scene realizzate dal
laboratorio di scenotecnica e pittura del Festival dei 2Mondi di Spoleto
un progetto di
Spoleto56 Festival dei 2Mondi
coproduzione Spoleto56
Festival dei 2Mondi, Teatro Metastasio Stabile della Toscana, Mittelfest
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