05 luglio, 2013

"To The Wonder": l’amore in tutte le sue forme. Di Francesca Saveria Cimmino


Sesto film diretto da Terrence Malick, il regista di “The tree of life”, Palma d’oro del Festival di Cannes 2011.
Neil (Ben Affleck)e Marina (Olga Kurylenko) sono una coppia innamorata. Una storia che di amore si nutre. C’è l’appartenenza, il desiderio, la passione, la voglia di essere un’unità. Ma l’Amore, quello vero e assoluto, è composto da due facce: la gioia e il dolore. Un sentimento la cui forma ricorda un elettrocardiogramma: inevitabilmente comporta picchi di benessere quanto devastanti crolli in abissi. Iniziano le discussioni, i tradimenti, la ricerca di altro che possa soddisfare bisogni o solo addolcire una pillola tanto amara da far contorcere lo stomaco. Si diventa estranei, si perde ogni tipo di contatto con l’altro e con se stessi. Si osserva una vita che scorre come il tempo o come l’acqua di un fiume da spettatori e non più da protagonisti. Marina guarda fuori dalla finestra, Neil gira per casa, ma quelle mura sembra non riconoscerle e quelle pareti sono sempre più bianche e asettiche. Si passa, dunque, da un concetto come:<l’amore ci rende uno.



Due. Uno. Io in te, tu in me. Andrò ovunque andrai>, alla fase in cui consapevolezza, rimpianti e ragione prendono il sopravvento:<Che cos’è quest’amore che ci ama? (…)Pensavi che avessimo tutta la vita, che il tempo non esistesse>; per poi vivere il distacco totale:<tu non hai bisogno di niente, tu sei libera>. Tre stadi che caratterizzano un ciclo. Non si può riempire un abisso di aria, diceva Emily Dickinson. Malick non utilizza solo parole per esprimere il concetto d’amore, bensì si avvale del supporto visivo: l’uso di immagini sublimi e di sfumature cromatiche atte a rendere il colore l'elemento che rappresenta al meglio, in un prodotto filmico, il senso narrativo. Tramonti e giornate soleggiate si intervallano a stagioni autunnali e invernali. Poi vengono girare scene in ambienti chiusi, cupi e bui. Tutto ciò non è casuale. Emmanuel Lubezki è il direttore della fotografia di “The tree of life” come di  “To the wonder”. Il regista e il suo director of photography conoscono perfettamente l’importanza dell’impatto sensoriale: lo spettatore deve immergersi nelle inquadrature lasciandosi cullare dalle note che accompagnano l’immagine. Ancora una volta un contenitore esteticamente impeccabile e un contenuto dall’indubbio spessore. Si parlava del ciclo della vita nel film precedente; adesso Malick mostra l’amore in tutte le sue forme e non dà scampo a nessuno:<l’amore non è solo un sentimento, l’amore è un dovere. Si deve amare. L’amore è un comando>. Sono queste le parole del prete che ascolta la confessione di tutti i fedeli in dubbio o in crisi. Ed egli stesso invoca l’amore di Dio; l’unico suo grande amante. È egli stesso che in un momento di titubanza deve appellarsi a una forza energetica più potente, capace di dare e togliere serenità con la stessa rapidità e imprevedibilità.  


Francesca Saveria Cimmino

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