Verona, Sguardi_
Festa/vetrina del teatro contemporaneo veneto. Giovedì 19 settembre 2013
“L’incisivo tentenna sulla gengiva come se fosse
incerto
sul da farsi ma poi si stacca. Si
stacca per sempre. Si stacca per fare spazio a qualcosa di nuovo che un giorno
sarà dente. Questa notte di vento è un momento di separazione, è il delicato funerale di un minuscolo
osso…”
L’anima? Il
cervello del cuore
La morte? E’ solo un trasloco
Parlare della morte, non è mai semplice. Separarci da
qualcosa, da qualcuno, ammettere che è arrivata la fine di qualcosa, che si è
giunti ad un capolinea ipotetico o concreto fa sempre “paura”, ci porta
tristezza, malinconia, ci fa sentire impotenti davanti al naturale “declino” di
un percorso, di un rapporto, della vita. Ammettere che esiste una fine a cui
nessuno può scampare è sempre visto come un fatto tragico e inconcepibile. Il
non voler lasciare andare spesso ci reca più danni che gioie.
Se facciamo fatica a capirlo noi adulti, come poterlo
spiegare a un bambino?
Una storia delicata, semplice, poetica. La storia di
una separazione, di un “lutto”, la storia di una bimba, Minna, che non vuole
separarsi dal suo dente da latte traballante. L’incontro con il “fato”
(sostituto della fatina dei denti, oppure no?) le farà capire che la vita è
sempre un continuo trasloco, un continuo cambiamento, una continua evoluzione.
Denti e persone possono assumere connotati simili?
In questa storia si.
“20 denti da latte, come è comparso un buco nel mio
sorriso” per la regia di Marta Dalla Via con in scena Susi Danesin e Gaetano
Ruocco Guadagno de Il Libro con gli stivali, si parla di separazioni e si parte
da un fatto che capita a tutti, da piccoli, il primo vero trauma: la caduta di
un dente.
E’ morto? Ha lasciato un vuoto? Non rimane che
accettare questo nuovo spazio, dove la lingua si ostina ad andare, dove ogni
volta che s’inceppa ci ricorda di quella mancanza, di quella assenza. Presto
quel vuoto sarà riempito da un altro dente, più forte e più grande.
La scelta di usare la caduta di un dente per trattare
il tema del lutto ai più piccoli funziona, senza scivolare nei labirinti della
religione, o in discorsi più difficili.
“20 denti da latte” affronta un tema delicato e lo fa
come un viaggio, un viaggio di una notte con il “ciclocomodino”, un viaggio nel
coraggio, nei sogni, un viaggio “paeseggiando il paesaggio”.
Susi Danesin e Gaetano Ruocco Guadagno si
contraddistinguono in scena per la loro presenza poetica, con il loro stile
unico nel linguaggio fisico ed espressivo che caratterizza da sempre i loro
lavori che parlano, con semplicità e profondità, ad un pubblico di grandi e piccoli
nonostante uno sguardo diverso, quello di Marta Dalla Via, che li ha diretti, e
che ha saputo creare in ogni scena un quadro, che ha saputo tessere i fili
difficili che muovono i sentimenti più complessi riguardati la perdita, il
cambiamento, l’evoluzione.
Altre volte mi sono trovata a vedere spettacoli per
ragazzi, ce ne sono alcuni che però si diversificano dagli altri proprio perché
parlano anche al pubblico adulto attraverso delle metafore che fanno bene anche
allo spirito ormai vaccinato, spesso un po’ troppo indurito dalla vita
quotidiana e dai “fatti per i grandi”.
E come dice Marta: “Questa favola è un piccolo atto di
coraggio. La paura è uno sforzo inutile”.
Cristina Zanotto
20
denti da latte, come è comparso un buco nel mio sorriso
testo
e regia di Marta Dalla Via
con
Susi Danesin e Gaetano Ruocco Guadagno
scenografia
Alberto Nonnato
costumi
Licia Lucchese
musiche
Carlo Cialdo Capelli
luci
Nicola Fuochi
progetto
grafico Roberto Di Fresco
con
il Patrocino dell’Associazione Nazionale Dentisti Italiani
durata
60 minuti
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