E si sposta a Roma,
per la precisione. Sì, perché la giuria presieduta dal grande regista Bernardo
Bertolucci ha decretato con verdetto unanime la vittoria di "SACRO
GRA", film ideato e realizzato in solitudine dal documentarista
quarantanovenne Gianfranco Rosi e dedicato al racconto della variopinta umanità
che anima l'enorme cerchio d' asfalto che cinge la capitale, il Grande Raccordo
Anulare (GRA). A rendere importante e significativa la scelta di questo film,
prescindendo da ovvie considerazioni patriottiche - il successo italiano a
Venezia mancava dal 1998, anno dell' affermazione dell' ottimo "COSI'
RIDEVANO" di Gianni Amelio, peraltro in concorso in questa edizione con il
discusso "L'INTREPIDO"- è il fatto che ci si trovi di fronte al primo
successo in assoluto di un documentario, genere tradizionalmente trascurato
dalla manifestazione veneziana (e dal pubblico italiano), approdata quindi ad
una svolta epocale che lascia intravedere segnali di apertura per il futuro.
Il documentario, del
resto, si è sempre collocato ai margini del cinema come genere di nicchia e
anche negli Stati Uniti, nonostante l'istituzione dell' apposita categoria ai
premi Oscar (dal 1942), i documentari non hanno mai goduto, salvo eccezioni, di
enorme popolarità. Questo, almeno, fino all' irruzione del ciclone Michael
Moore, i cui film-inchiesta sui molti lati oscuri del sogno americano
("FAHRENHEIT 9/11", "SICKO", "CAPITALISM", giusto
per citare i più recenti), carichi di indignazione e di ironia, hanno
inaspettatamente riportato il genere al centro della ribalta un po' in tutto il
mondo, come non accadeva forse dai tempi del muto (mi viene subito in mente
"NANUK" di Flaherty, ma eravamo appunto nel 1922!). Un altro film che
ha fatto il botto (anche da noi, grazie ad un'abile campagna pubblicitaria e
soprattutto alla presenza strategica di Fiorello come voce narrante) è il
francese "LA MARCIA DEI PINGUINI" (2005), poetico documentario sulla
vita dei simpatici animali in livrea, pensato per i più piccoli ma alla fine
amato anche dagli adulti; buona accoglienza ha ricevuto circa venti anni fa un
altro progetto francese, "MICROCOSMOS- IL POPOLO DELL'ERBA" (1996),
sulla vita degli insetti. Per quanto riguarda l'Italia, anche da noi negli
ultimi anni si è registrato un maggior interesse per il genere, grazie ai
lavori di registi quali Luigi Faccini ("LE MANI RACCONTANO", sulla
vita delle donne al lavoro; "IL PANE DELLA MEMORIA", sugli ebrei
italiani), la coppia Angela Ricci Lucchi/Yervant Gianikian ( "SU TUTTE LE
VETTE E' PACE" e gli altri lavori dedicati alla grande guerra), Marco
Turco ("IN UN ALTRO PAESE": il maxiprocesso di Palermo e i rapporti
tra stato e mafia), il trio Calabria-D'Ambrosio-Ruggiero ("BIUTIFUL
CAUNTRI", dedicato al problema dei rifiuti in Campania e delle ecomafie)
e, forse la più conosciuta, Sabina Guzzanti ("VIVA ZAPATERO!", sul
tema della libertà di stampa in Italia dopo l' "editto bulgaro"
berlusconiano, e "DRAQUILA", denuncia in stile Moore della
malapolitica e delle speculazioni edilizie che si sono abbattute su L'Aquila
dopo il terremoto).
Tornando al
vincitore, Bertolucci ha motivato la scelta di "SACRO GRA" come
miglior film di VENEZIA '70 con grande entusiasmo e convinzione, definendolo
un'opera di "purezza francescana", ricca di stile e poetica, un'
opera che è riuscita a conquistarlo nel suo essere così sorprendente, ed è
proprio la capacità di sorprendere, secondo il Maestro parmigiano, la dote che
conta di più in un lavoro cinematografico. A Rosi è stato dunque riconosciuto
il merito di aver raccontato le sue storie di emarginazione -frutto di 3 anni
di presenza sul campo a bordo di un camper- con delicatezza e rispetto per le
persone che hanno liberamente deciso di mettergli a disposizione la propria
esistenza, in virtù di un rapporto basato su reciproca fiducia e amicizia.
A questo punto, non
resta che vedere il film!
Francesco Vignaroli
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