Buongiorno Alfredo, potresti
per favore parlarmi in breve della tua formazione d’attore?
La mia formazione è
stata sul campo. È sul set e sul palcoscenico che mi sono formato. Ho iniziato
prestissimo, a 18 anni, quando presi la parte di poco più di una comparsa al
film di Francesco Maselli sul movimento studentesco “Roma 70”. Frequentavo l’istituto
d’arte di pittura che lasciai per il corso di arti sceniche tenuto da
Alessandro Fersen. Incontrai Marco Bellocchio che preparava “Nel nome del
padre” e mi offrì un piccolo ruolo. Intanto facevo provini per la RAI e per il
cinema e appena un anno dopo eccomi protagonista in un film prodotto da Carlo
Ponti, “Cugini carnali” di Sergio Martino. Dopo il successo del film la Medusa
mi scritturò per ben altri cinque film: il primo con Edwige Fenech,
“L’insegnante”, fece un botto! L’incasso all’epoca fu di tre miliardi. Poi
entrai nel cast de “L’Agnese va a morire” di Giuliano Montaldo, in quello di
“Caro Michele” di Mario Monicelli e via via in numerose coproduzioni spagnole e
americane. intanto per la RAI interpretavo il protagonista di “Dramma d’amore”,
un grande sceneggiato come si diceva all’epoca, e molti altri ruoli in
importanti produzioni, come: “La piovra”, “Incantesimo”, “Orgoglio”, e per
Mediaset, i più recenti: “R.I.S”, “Il capo dei capi”, “Squadra antimafia”. Sono
stato fortunato, ma c’è sempre da imparare.
Hai lavorato molto nel mondo
del cinema, puoi ricordare un’esperienza particolarmente positiva per te?
Sicuramente il film
franco-belga “Max et Bobo” di Frèdèric Fonteyne. Lui aveva appena diretto il
bellissimo “Una relazione privata”. Venne in Italia per trovare il protagonista
ed io, che all’epoca non parlavo nemmeno una parola di francese, mi presentai
al provino facendolo in italiano. Ero convinto che fosse finita là! Invece… mi
chiamò dopo due settimane: il ruolo era mio. Due mesi di prove a Bruxelles, lo
studio della lingua e la sorpresa di ritrovarmi addirittura a improvvisare
alcune scene in francese, una sintonia assoluta con la troupe e con il regista.
Ora puoi parlarmi di una tua
esperienza che ricordi positivamente nel mondo della televisione, altro
ambiente in cui hai lavorato molto?
Interpretare il
giovane ebreo Charlton Myatt ne “Il treno per Istanbul”, di Gianfranco
Mingozzi, fu una grande occasione per recitare questa volta in inglese e da
protagonista in una drammatica spy story, tratta da un romanzo di Graham Greene, e fu
un’occasione anche per avere il piacere di vivere per due mesi a bordo
dell’Orient Express.
Il Teatro invece? L’hai mai
fatto?
Sì, ho avuto anche la
fortuna di farlo con due grandi registi quali Mario Missiroli e Sandro Sequi,
interpretando due imperatori, Cesare Ottaviano in “Antonio e Cleopatra” e
Nerone in “Britannicus”.
Puoi parlarmi di un
personaggio che hai interpretato che ti è rimasto impresso?
Vito Ciancimino ne
“Il Capo dei Capi”, è stato un banco di
prova.
Ti piacerebbe un giorno
darti alla regia?
Non sarò originale,
certo che mi piacerebbe. Da sempre quando leggo una sceneggiatura disegno
bozzetti, inquadrature e veri e propri story boards.
Come vedi la situazione
attuale italiana riguardo alla cultura?
Scandalosa se penso
che si possa ancora dire che “Con la cultura non si mangia”. È la cultura il
vero nutrimento dello spirito e della vita, ne sono convinto.
Chi è Alfredo in pochi
aggettivi? Tre positivi e tre negativi…
I tre positivi:
preciso, puntuale,
fiducioso.
I tre negativi:
fiducioso, puntuale,
preciso.
Progetti attuali e futuri?
Presto uscirà “Il
peccato e la vergogna 2” e poi… cambio casa…
Curata da Stefano Duranti
Poccetti
Da quante persone sei stato raccomandato, per poi, fare l'attore?
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