Parigi, Théâtre de la
Bastille. Dal 18 septembre al 13 octobre 2013
Si
chiama “Antiteatre”, ma in realtà non si tratta di un solo spettacolo; infatti
“Antiteatre” fa, per così dire, da “copertina” a una serie di quattro pièce,
che Gwenaël Morin porta in scena rielaborando in modo originale le drammaturgie
dello scrittore tedesco Rainer Werner Fassbinder (1945 - 1982). Le opere
rappresentate in questione sono, per ordine di messa in scena: “Anarchie en
Bavière”, “Liberté à Brême”, “Gouttes dans l’océan” e “Le Village en flammes”.
"Anarchie en Bavière", foto di Marc Domage |
In “Anarchie en Bavière” (Anarchia in
Baviera) troviamo un palco praticamente vuoto, dove bastano un tavolo e qualche
sedia, unici elementi scenici utili agli attori per raccontare una vicenda che
vede una famiglia proclamare “L’anarchia”. “Abolire
i soldi, abolire la Chiesa, abolire il matrimonio, abolire il lavoro…”,
recita il testo: più niente di niente di niente, l’inizio dell’anarchia
coincide con la fine delle istituzioni e con la nascita di quella che i
personaggi della scena chiamano “Libertà”.
Libertà cosa significa secondo loro? Semplicemente due cose: facoltà di non
lavorare e possibilità di fare ciò che si vuole. È proprio questo che accade,
ma è anche proprio per questo che mano a mano che si andrà avanti con l’opera
ci renderà conto che l’anarchia al suo stato completo è, non solo nociva, ma
peggio di una democrazia. Sulla scena si assiste a scene di violenza che
possono essere attuate in nome dell’ “Anarchia
e della Libertà”; si assiste poi a storie di Amore che finiscono a causa di
questo stile di vita, che in fin dei conti diventa veramente una dittatura vera
e propria.
La pièce è
rappresentata come uno spettacolo da circo, visto che un’attrice armata di
tamburo (Virginie Colemyn), a bordo scena, detta le vere e proprie azioni che i
personaggi devono svolgere e chiama queste azioni “numeri”, proprio come i numeri da circo. In effetti l’elemento
circense e comico è molto forte in questo spettacolo di Morin, dove temi
profondi vengono trattati con una spensieratezza veramente divertente, senza
che questa spensieratezza faccia perdere di spessore allo spettacolo. I
personaggi si ritrovano volentieri attorno al tavolo per discorrere dello
statuto dell’anarchia con al naso delle palline rosse: veri e propri clown in
scena dunque, che riescono a infondere al dramma questo elemento circense,
senza che quest’ultimo invada il decorso meramente drammaturgico e teatrale del
dramma.
“Liberté à Brême”, foto di Marc Domage |
“Liberté à Brême” (Libertà a Brema) è invece la storia di una donna
alla ricerca della sua libertà. Per tutta la vita è costretta a subire i
consigli o gli ordini degli altri (partner, mamma, sorella, figli) e la ragazza
non trova modo migliore, per uscire da queste situazioni di sottomissione, di uccidere
chiunque cerchi in qualche modo di ostacolare la sua indipendenza e lo fa con
il veleno. Sarà una serie continua di omicidi (ucciderà anche la madre e i
figli) e di confessioni – la ragazza infatti è religiosa e va sovente a pregare
sotto la statua di una ipotetica Madonna, interpretata con un ché d’ironia da Virginie
Colemyn, che vediamo dunque in questo spettacolo sotto altri panni. Tutto
questo però non porterà niente alla ragazza, costretta all’infelicità eterna,
proprio perché la libertà non si ottiene cambiando ciò che ci circonda, ma
cambiando sé stessi.
Anche in questo caso
troviamo una scena pulita: un tavolino, due sedie, un quadro (che può valere
anche come finestra) sullo sfondo, dove però viene anche sfruttato il fuori
scena; per rappresentare infatti la sottomissione della ragazza ai suoi uomini
è stato creato un “percorso” che va dal palcoscenico fino all’inizio della
platea – che ha valore di cucina –, dove la protagonista va a prendere da bere
o da mangiare per soddisfare la fame o la sete di chi l’attende sul palco. Anche
in questo caso l’autore non rinuncia a un registro comico per raccontarci in
modo grottesco una storia dai valori in realtà così importanti.
“Gouttes dans l’océan”, foto di Marc Domage |
In “Gouttes dans l’océan” (Gocce
nell’oceano) viene rappresentata una storia di promiscuità sessuale. S’inizia
con la storia dei due protagonisti - Léopold e il giovane Franz -, della loro
conoscenza e del loro innamoramento omosessuale; si passa per i problemi della
loro relazione, per arrivare infine al ritorno delle rispettive ex-fidanzate.
La vicenda si conclude tragicamente, con la scoperta da parte di Franz del
tradimento di Anna (la sua ragazza) con Léopold. È per questo che il ragazzo
decide di suicidarsi con il veleno.
Per questa pièce
Morin fa uso di un registro più tragico, non rinunciando comunque alla
comicità, per uno spettacolo sul “disorientamento sessuale”, dove i
protagonisti della scena sembrano veramente spaesati davanti alle loro scelte
relazionali.
In quest’ambito rimane
il gioco del fuori scena (così com’era stato per “Liberté à Brême”), ma appare un nuovo elemento scenografico: un
sipario chiuso sullo sfondo, che prende spesso e volentieri la valenza di
alcova amorosa da dove i protagonisti escono, spesso seminudi, dopo l’ipotetica
effusione. La nudità esibita, come in altri spettacoli di “Antiteatre”, è un elemento forte in Morin; nudità che prende
diverse forme e si carica di diversi contenuti: nudità in quanto godimento
sessuale (“Gouttes dans l’océan”),
nudità in quanto ricerca di libertà (“Anarchie
en Bavière”)… Si tratta di una nudità che può assumere dunque un aspetto
libidico, come del resto può assumere
benissimo un valore comico e delle volte extradiegetico al testo.
“Le Village en flammes”, foto di Marc Domage |
“Le Village en flammes” (Il Villaggio in fiamme), ultimo atto di
questa “tetralogia”, è il racconto di una cittadina spagnola, il cui nome è
Fuente Ovejúna. Qui il popolo vive in una situazione di povertà, mentre il
comandante e il suo esercito vivono in una condizione di lusso, sottomettendo
con il loro potere il villaggio. Alla fine il popolo deciderà di vendicarsi di
tutto questo e lo farà uccidendo il comandante. Quando i giudici chiederanno
agli abitanti del villaggio chi è stato a fare ciò tutti risponderanno insieme:
“Fuente Ovejúna!”.
Sullo sfondo dei
quadri, in secondo piano una fila di teste di manichini che guardano gli
spettatori, in primo piano gli attori stessi, perfettamente allineati
orizzontalmente e che a turno si alzano dalla loro sedia per recitare la
propria parte. Si tratta di una grande prova di concentrazione da parte dei
personaggi, una prova per raccontarci la classica storia del boia e della
vittima, del carnefice e dello sfruttato. È la storia poi degli abitanti di un
villaggio (vicenda realmente accaduta e ripresa da Lope De Vega - 1562-1635 - per la sua pièce “Fuenteovejuna”) capaci
di rimanere uniti e di reagire insieme e non individualmente davanti a un
oltraggio.
In definitiva dirò
che “Antiteatre” è un paradosso,
proprio perché niente di questo spettacolo ha dell’antiteatro, ma invece
possiede tutto del Teatro. Del Teatro ha soprattutto la bravura attoriale, in
tutte le sue componenti: azione, gesto, mimo, parola, per una serie di
spettacoli in cui ritmo e timing sono veramente perfetti. Gli attori (tutti
eccellenti) riescono, supportati da un grandioso testo drammaturgico, a tenerci
incollati alle poltrone per circa cinque e ore e mezzo di Teatro, recitando in
degli spazi praticamente poveri di scenografia, costretti dunque loro stessi a ricreare
l’intera complessità delle azioni e delle scene attraverso i loro stessi
strumenti. Vogliamo trovare degli antenati per questo genere di Teatro di
Morin? Certo, come non pensare al “Teatro
povero” di Jerzy Grotowski (1933 - 1999), dove era l’attore che creava lo
spettacolo (supportato da pochissimi elementi scenici), tramite la sua abilità
e la sua concretezza e creava tramite
un gesto di Amore. Ecco: Concretezza e Amore, su questi due elementi potremmo dedicare qualche riga anche
parlando del Teatro di Morin. Concretezza
intesa come “verità” dell’attore, che riesce ad andare oltre la forma e a
portare così il “suo” personaggio interiore verso il pubblico, e lo fa
veramente, concretamente, in un atto di Amore, aprendosi agli spettatori
e non chiudendosi dentro una finta forma. D’altra parte, se vogliamo parlare di
altre personalità del Teatro francese contemporaneo, non fa una cosa molto
diversa la sua collega Irina Brook, per la quale, certo, il Teatro è anche un
luogo favoloso di elementi scenici e di colori, ma senza rinunciare mai alla concretezza e alla verità attoriale.
Altro antenato di
Morin? Forse direi la Commedia dell’Arte,
proprio per la capacità di questi attori, seppur senza maschera, di saper
reagire da maschere, da maschere vere
e concrete, dove è la personalità
dell’uomo (non solo dell’attore) a fondersi armonicamente con la maschera
portata in scena, che non è una maschera scenografica da carnevale, ma una
maschera così pura da sembrare umana. Della Commedia
dell’Arte c’è anche la velocità, il ritmo, il timing perfetto, il rapporto scambievole
di conflitto e di accordo tra i personaggi, così rapido, improvviso e
repentino.
Morin ha sicuramente
degli antenati, ma la cosa più importante è che Morin è Morin e basta e che
questo “Antiteatre” non è antiteatro,
ma Teatro.
Stefano Duranti
Poccetti
Antiteatre
d’après Rainer Werner
Fassbinder
mise en scène Gwenaël Morin
Anarchie en Bavière suivi
deLiberté à Brême (3 h)
les 18, 19, 20, 25, 26, 27 septembre et
les 2, 3, 4, 9, 10, 11 octobre à 21 h
Anarchie en Bavière (1969)
avec
Renaud Béchet,
Mélanie Bourgeois,
Virginie Colemyn,
Julian Eggerickx,
Barbara Jung,
Ulysse Pujo,
Natalie Royer,
Brahim Tekfa
Liberté à Brême
(1971)
avec
Renaud Béchet,
Mélanie Bourgeois,
Virginie Colemyn,
Kathleen Dol,
Julian Eggerickx,
Pierre Germain,
François Gorrissen,
Barbara Jung,
Ulysse Pujo,
Natalie Royer,
Brahim Tekfa
L’intégrale (6 h) :
Anarchie en Bavière,
Liberté à Brême,
Gouttes dans l’océan,
Le Village en flammes
les samedis 21, 28 septembre et 5, 12 octobre à 17 h
Le Village en flammes (1970)
avec
Renaud Béchet,
Mélanie Bourgeois,
Kathleen Dol,
Julian Eggerickx,
Pierre Germain,
François Gorrissen,
Barbara Jung,
Ulysse Pujo,
Virginie Colemyn,
Natalie Royer,
Brahim Tekfa
Gouttes dans l’océan (1965) (1 h 40)
les dimanches 22, 29 septembre et
6, 13 octobre à 15 h
avec
Mélanie Bourgeois,
Pierre Germain,
Ulysse Pujo,
Natalie Royer
assistante à la mise en
scène et dramaturge
Elsa Rooke
Production Théâtre du Point du Jour/compagnie
Gwenaël Morin. Coréalisation
Théâtre de la Bastille,
Festival d’Automne à Paris.
Avec le soutien du
DIESE#Rhône-Alpes. Avec le
soutien de l’Adami.
Le Théâtre du Point du Jour
est conventionné par le
Ministère de la Culture/DRAC
Rhône-Alpes, la Région
Rhône-Alpes et la Ville de
Lyon.
site du Théâtre du Point du jour
L’Arche est éditeur et agent théâtral du texte
représenté.
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