Il film diretto da
Oliver Hirschbiegel è il primo a mostrare la sfera sentimentale e scavare nei
meandri della mente di Diana Spencer, principessa del Galles. Lady D (Naomi
Watts) ha vissuto dal '95 al '97 una storia d’amore con Hasnat Khan, un
abilissimo cardiochirurgo. Un uomo comune, una persona come tante: il medico
vive nella semplicità e nella riservatezza. Diana, separata da Carlo, è vincolata ai
formalismi e regolamenti di una famiglia Reale, forse quella più esposta alle
telecamere e macchine fotografiche.
Chiede affetto, brama
l’amore, desidera solamente una persona vogliosa di starle al fianco ed è
disposta a tutto pur di averla. Una vita complessa, dove l’abbandono e il
tradimento sono stati i fili conduttori di un rapporto protratto per anni: un
matrimonio che la stessa principessa ha definito “un po’ troppo affollato”. Ma anche Khan sembra non poterle regalare quella
vita felice a cui Diana mira e aspira. Il suo lavoro, la sua famiglia pakistana
e la sua vita sono necessariamente un ostacolo e il chirurgo non può
prescindere da una scelta: l’amore o la professione.
La principessa di
tutti, la donna umile disposta a visitare ospedali, stringere la mano alla
gente sofferente e girare il mondo in
missioni umanitarie è la stessa che dentro, probabilmente, sente un vuoto e una
solitudine impagabili e incolmabili. Nella triste consapevolezza di ciò, Lady D
decide di immettersi in un ulteriore pettegolezzo, un po’ per distogliere le
attenzioni da Khan e un po’ per dare l’immagine di una donna audace, sicura di
sé, capace di gestire scoop e sentimenti. Non funziona realmente così: quando
la maschera può esser tolta, quando torna tra le mura di casa, il suo primo
pensiero vola verso quel medico e quel telefono che non squilla mai. Dodi Al
Fayed, l’uomo al cui fianco Diana muore nel tragico schianto a Parigi, nel
tunnel di Pont de l'Alma, è un amore, oppure, forse, solo un diversivo. È
questo il dubbio che il regista lascia nello spettatore ed è questa l’ipotesi
più amara sulla vita di una donna che avrebbe potuto avere tutto, ma si è
ritrovata a piangere la miseria del cuore. <Tutta la mia vita è stata
drammatica: scandita dal rumore di porte sbattute in faccia.>, sono queste le
testuali parole che Naomi Watts pronuncia, ed è quest’immagine a richiamare
l’attenzione sull’esistenza paradossale di un essere umano. Chiunque avrebbe
voluto vivere una vita da principessa, nessuno con questi presupposti.
Interessante la
scelta narrativa e l’impronta registica, sebbene la cernita attoriale lasci a
desiderare: la Watts non assomiglia a Lady Diana e ciò impedisce allo
spettatore di immedesimarsi e lasciarsi coinvolgere realmente all’interno di
una storia che potenzialmente avrebbe avuto più motivi e ragioni per attrarre.
Francesca Saveria
Cimmino
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