Milano, Teatro Franco
Parenti. Dal 22 ottobre al 3 novembre 2013

Eppure Luca Barbareschi, regista e nello stesso tempo
follemente Lionel, non ha esitato a lanciarci una sfida, consapevole che quel
scivolare sul sicuro non sarebbe stato poi così matematicamente sicuro. Perché
nessun successo è mai garantito al 100%, checché se ne dica, anche se tutti gli
elementi lo farebbero pensare, sennò quel “ bello è il rischio” di cui parla Platone, sarebbe un’idiozia. Invece, no. Certamente il rischio rende la vita piccante
e molto molto più interessante. Barbareschi lo sa, tant’è vero che di rischi ne
ha presi anche in altri campi, o forse erano solo delle distrazioni, sta di
fatto che sono servite a rafforzare la sua convinzione che niente appaga, alla
fine, quanto l’Arte. E per fortuna ora ce ne offre un po’. Aspettiamo il seguito…
Il futuro re,
interpretato ottimamente da Filippo Dini, capace di simpatia e umanità,
decisione e fierezza, timidezza e introspezione, è affetto da balbuzie, difetto
che nella sua posizione complica ancora di più le cose, soprattutto alle soglie
dell’avvento della radio, che come dice Giorgio V “costringe a strisciare nelle
case puzzolenti dei sudditi“, e cui è affidata la diffusione dei discorsi alla
nazione.
Albert, Duca di York,
o familiarmente Berty, ha avuto un’infanzia infelice, per problemi alle gambe
che erano tenute ritte da stecche, un fratello sofferente di epilessia,
governanti tiranniche, e tutto un insieme di circostanze che lo mettono in
condizione d’inferiorità, fin da piccolo. Balbettare lo rende timido e
insicuro, oggetto di umiliazioni e battute umoristiche, insomma un essere
infelice che vive all’ombra di cotanto padre e del fratello, Edoardo, viveur
cui piace dare scandalo, in privato, unendosi a una borghese americana
pluridivorziata, Wallis Simpson e in
pubblico, manifestando simpatie per il Fuhrer.

Più di una volta,
vedendo proiettato su un pannello gigante un filmato di Hitler inneggiante alle
folle, ho pensato alla forza distruttrice o benefica delle parole, quando per
esempio sono messe in bocca a un pazzo criminale oppure a un profeta che
predica l’amore. Oppure, come nel caso di Giorgio VI per dichiarare la guerra
alla Germania, nel 1939. Perché senza
quella guerra, non ci sarebbe mai stata la pace: Si vis pacem, para bellum,
come dicevano i latini.
Durante quello
storico discorso Giorgio VI parlerà al
suo popolo di lealtà, patriottismo, ideali,
dedizione al dovere e al sacrificio, libertà e giuste cause. E Lionel dopo averlo aiutato
a preparare il discorso, lo ascolterà seduto a Buckingham Palace fiero del
lavoro fatto, di cui è valsa la pena
perché ora anche lui è sul “palcoscenico del mondo” invece che in un misero
teatrino di provincia.
Uno spettacolo
divertente, ironico, intelligente, mai
volgare, o di ambiziose e inutili sperimentazioni (Dio ce ne scampi!) raffinati
i costumi, inventive le scenografie fatte da prismi rotanti e pannelli mobili.
I molti applausi, anche a scena aperta, hanno decretato il successo dello
spettacolo.
Ottimi anche gli
altri attori: Chiara Claudi, Ruggero Cara, Roberto Mantovani, Astrid Meloni,
Giancarlo Previati, Mauro Santopietro.
Grazie a tutti e un
brindisi vittoriano… magari corretto con whisky…
Daria D.
di David Seidler
con Luca Barbareschi e
Filippo Dini
e con Ruggero Cara, Chiara
Claudi, Roberto Mantovani, Astrid Meloni, Giancarlo Previati, Mauro Santopietro
regia di Luca Barbareschi
produzione Casanova
Multimedia
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