Milano, Teatro Franco
Parenti. Dal 22 ottobre al 3 novembre 2013
Portare in teatro un
play la cui trasposizione cinematografica con la regia di Tom Hooper, ha
ricevuto quattro premi Oscar nel 2011,
potrebbe essere da una parte, uno scivolare sul sicuro, dall’altra, una sfida
pericolosa soprattutto se ricordiamo gli straordinari Colin Firth e Geoffrey
Rush, il primo nei panni di Albert, Duca di York e futuro Giorgio VI Re
d’Inghilterra e il secondo, di Lionel Logue, il suo logopedista, nonché attore
fallito, o quasi.
Eppure Luca Barbareschi, regista e nello stesso tempo
follemente Lionel, non ha esitato a lanciarci una sfida, consapevole che quel
scivolare sul sicuro non sarebbe stato poi così matematicamente sicuro. Perché
nessun successo è mai garantito al 100%, checché se ne dica, anche se tutti gli
elementi lo farebbero pensare, sennò quel “ bello è il rischio” di cui parla Platone, sarebbe un’idiozia. Invece, no. Certamente il rischio rende la vita piccante
e molto molto più interessante. Barbareschi lo sa, tant’è vero che di rischi ne
ha presi anche in altri campi, o forse erano solo delle distrazioni, sta di
fatto che sono servite a rafforzare la sua convinzione che niente appaga, alla
fine, quanto l’Arte. E per fortuna ora ce ne offre un po’. Aspettiamo il seguito…
Il futuro re,
interpretato ottimamente da Filippo Dini, capace di simpatia e umanità,
decisione e fierezza, timidezza e introspezione, è affetto da balbuzie, difetto
che nella sua posizione complica ancora di più le cose, soprattutto alle soglie
dell’avvento della radio, che come dice Giorgio V “costringe a strisciare nelle
case puzzolenti dei sudditi“, e cui è affidata la diffusione dei discorsi alla
nazione.
Albert, Duca di York,
o familiarmente Berty, ha avuto un’infanzia infelice, per problemi alle gambe
che erano tenute ritte da stecche, un fratello sofferente di epilessia,
governanti tiranniche, e tutto un insieme di circostanze che lo mettono in
condizione d’inferiorità, fin da piccolo. Balbettare lo rende timido e
insicuro, oggetto di umiliazioni e battute umoristiche, insomma un essere
infelice che vive all’ombra di cotanto padre e del fratello, Edoardo, viveur
cui piace dare scandalo, in privato, unendosi a una borghese americana
pluridivorziata, Wallis Simpson e in
pubblico, manifestando simpatie per il Fuhrer.
Ma il compito che si
assume Lionel di aiutarlo in qualità di sedicente logopedista, non è dettato da
nessun tornaconto per la sua vita, in fondo misera e semplice, ma da grande
generosità e fede nei suoi metodi così poco ortodossi, più da insegnante di
recitazione e di vita, compagno di giochi e di bevute, confidente ed
estimatore. Tutto questo è riassunto
dalla battuta finale di Albert, diventato Giorgio VI dopo l’abdicazione del
fratello Edoardo, “Grazie amico mio”.
Più di una volta,
vedendo proiettato su un pannello gigante un filmato di Hitler inneggiante alle
folle, ho pensato alla forza distruttrice o benefica delle parole, quando per
esempio sono messe in bocca a un pazzo criminale oppure a un profeta che
predica l’amore. Oppure, come nel caso di Giorgio VI per dichiarare la guerra
alla Germania, nel 1939. Perché senza
quella guerra, non ci sarebbe mai stata la pace: Si vis pacem, para bellum,
come dicevano i latini.
Durante quello
storico discorso Giorgio VI parlerà al
suo popolo di lealtà, patriottismo, ideali,
dedizione al dovere e al sacrificio, libertà e giuste cause. E Lionel dopo averlo aiutato
a preparare il discorso, lo ascolterà seduto a Buckingham Palace fiero del
lavoro fatto, di cui è valsa la pena
perché ora anche lui è sul “palcoscenico del mondo” invece che in un misero
teatrino di provincia.
Uno spettacolo
divertente, ironico, intelligente, mai
volgare, o di ambiziose e inutili sperimentazioni (Dio ce ne scampi!) raffinati
i costumi, inventive le scenografie fatte da prismi rotanti e pannelli mobili.
I molti applausi, anche a scena aperta, hanno decretato il successo dello
spettacolo.
Ottimi anche gli
altri attori: Chiara Claudi, Ruggero Cara, Roberto Mantovani, Astrid Meloni,
Giancarlo Previati, Mauro Santopietro.
Grazie a tutti e un
brindisi vittoriano… magari corretto con whisky…
Daria D.
di David Seidler
con Luca Barbareschi e
Filippo Dini
e con Ruggero Cara, Chiara
Claudi, Roberto Mantovani, Astrid Meloni, Giancarlo Previati, Mauro Santopietro
regia di Luca Barbareschi
produzione Casanova
Multimedia
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