In
gara: Ernesto di Massimo Stinco; Lettere di una madre di Claudia De Biase e Le (s)confessioni di
Fabio Pisano.
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Foto Flaviana Frascogna |
Ernesto,
ispirato al romanzo di Umberto Saba e diretto da Massimo Stinco. Interpretato
da Giuseppe Villa, Dario Tucci, Claudia Nesti e Natale Calabrò. Ideazione,
scenografia e costumi di Massimo Stinco. Ernesto è un uomo qualunque, un
ragazzo come tanti. Eppure negli anni ’20 il suo gusto sessuale era
inconcepibile, intollerabile, deplorevole da parte di sua madre, una donna
“casa e chiesa” a tutti gli effetti. Costretto a nascondersi, a mentire, a
negare; costretto perché viceversa il prezzo da pagare sarebbe stata
l’emarginazione, la derisione, l’isolamento. È questa la condizione cui un uomo
deve sottostare per appartenere ad una società con i paraocchi e con delle
regole ben precise: gli omosessuali non erano (e speriamo di dover usare solo
il verbo al passato) ben accetti. <E fu mare, e fu cielo, e fu amore e fu
Ernesto.> sono queste le ultime parole pronunciate prima della chiusura del
sipario. Un corto intenso, dedicato a tutti i giovani vittime del pregiudizio
che, troppo spesso, non hanno la forza di combattere.
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Foto Flaviana Frascogna |
Lettere
per una madre, scritto da Claudia De Biase, diretto da
Diego Sommaripa. Interpretato da Gabriella Cerino, Claudia De Biase, Pasquale
Termini. Scene di Armando Alovisi; costumi di Gabriella Cerino; musiche di
Pasquale Termini. <Mamma spiegami cosa significa amare, cosa significa
soffrire(…). A che serve dare la propria anima a qualcuno che la butterà via
senza nessun riguardo? Dove ho sbagliato mamma?>. Vi sono questi due periodi
tra le prime battute dell’attrice Claudia De Biasi nel suo monologo. <Lascia
che il tuo cuore respiri, senta, viva>, di contro, una delle risposte della
madre, posta all’altra estremità del palco. Un affetto spezzato dalla scelta
della donna di divorziare dal marito. Una prolissa partita di ping-pong tra madre
e figlia, in cui ognuna con le proprie ragioni ed esigenze, tenta di rompere un
silenzio e vincere l’incomunicabilità. Ci sono legami indissolubili ed
indistruttibili, e spesso i rapporti di
sangue rientrano in questa categoria. Non si spezza mai realmente l’atomo. La
voce bassa, con cui sono state recitate le battute, non ha favorito
l’attenzione e la concentrazione degli astanti.
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Foto Flaviana Frascogna |
Le
(s)confessioni scritta e diretta da Fabio Pisano. Gli
interpreti: Ciro Giordano Zingaro, Edoardo Sorgente. Una sedia sul palco e
niente più. Padre Finnegan seduto; Johsua si appresta ad entrare, trascinando
la sua sedia. Chiede di poter confessare i peccati di una vita. Un peccato
genera un altro peccato, forse è vero. <Quello che si fa per amore va sempre
al di là del bene e del male>, sono queste le parole del giovane che in un
modo o nell’altro, in preda al panico o all’isteria, pronuncia; cercando di
giustificare un gesto per il quale non c’è perdono, ma redenzione. L’uno di
fronte all’altro a fare i conti con un passato che non può esser cancellato, né
dimenticato. L’uno che dell’altro è parte, consapevolmente o meno. Il vero nome
di Johsua è Nolan ed ha ucciso la sua compagna e suo figlio. Ma prima di essere
un assassino è stato un bambino. Un bambino stuprato, traumatizzato e sedotto
proprio da un prete; e, non uno qualunque. Dunque, la confessione diviene
duplice: ognuno prova a motivare le scelte folli di ciascun uomo che al peccato
non sa o non ha saputo, resistere. Nolan non è stato l’unico bambino con cui il
prete ha voluto e potuto soddisfare le proprie personali perversioni: sono
state 58 le anime innocenti. Vite abusate e poi spezzate. Entra in scena un
ragazzino di nove anni, con un sacco pieno di peluche. Prega Finnegan e porge
la pistola nelle sue mani, aspettando la morte. Il piccolo continua a lasciar
cadere in terra quei pupazzi, simboli di purezza, innocenza, fanciullezza persa
e distrutta nel passato. Il finale sospeso è stata la scelta migliore con cui
questo corto, magistralmente interpretato dagli attori, potesse concludersi.
L’arresto nello svolgere azioni, il rifiuto nel trovare parole ed interrompere
un processo nel silenzio, può essere la peggiore vendetta.
La
giuria popolare premia, per la terza serata, il corto teatrale “Le (s)confessioni”.
Francesca Saverio
Cimmino
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