Roma, Teatro de’ servi.
Dal 15 ottobre al 3 novembre 2013
Màrtiri. Sullo sfondo una società,
quella attuale, decadente non solo dal punto di vista economico. Tutti màrtiri,
nessuno escluso. Ce lo rammenta durante tutto lo spettacolo l’incombenza, sulla
scena, del grande ritratto di San Sebastiano martire, appunto, che sembra quasi
guardare le vicissitudini di una famiglia in grande crisi nella casa ricolma di
mobilia antica. I personaggi disegnati dalla penna di Roberto D’Alessandro,
prolifico commediografo di Montalto Uffugo e attivissimo nella capitale, in
questa sua nuova opera “una casa di pazzi”,
riescono a miscelare comicità e drammaticità in modo sorprendente. Una
coppia di coniugi, Attanasio (Enzo Casertano) e Maria Alberta (Maria Cristina
Fioretti), già scivolati verso un rapporto al lumicino, vedono precipitare la
situazione a causa del loro trasferimento in casa del fratello di lui, Remigio
(Roberto D’Alessandro), disabile psichico, per mantenere la promessa fatta al
padre in punto di morte, di prendersene cura.
Argomento delicato e attualissimo che viene trattato con realismo e reso divertente dalla bravura degli interpreti e da un testo con perfetti tempi comici. Màrtiri, tutti, alle prese con le problematiche tremende di situazioni simili.. “la faceva facile Basaglia”, esclama Attanasio in un momento di sconforto. Come nel dipinto che sovrasta la scena, le frecce del martirio trafiggono ogni personaggio, dal povero Remigio al fratello suo tutore, un Casertano assoluto mattatore, dilaniato dalle preoccupazioni per il fratello e per una moglie in fuga da quello che era stato un grande amore ormai spento, interpretato da una Fioretti convincente e sensuale. Frecce che non risparmiano nemmeno Gina (Maria Lauria), la vulcanica vicina di casa, che si innamora di Attanasio senza essere corrisposta. In tutto questo, la riflessione su cosa è veramente la follia, se davvero quella di Remigio, felice tra le sue provole, o quella del resto dei personaggi, risucchiati in un vortice dal crollo di ogni certezza, economica, sentimentale, di valori. Forse è una condizione che riguarda tutti, come affermava appunto il dottor Basaglia (“La follia è una condizione umana. In noi la follia esiste ed è presente come la ragione”). Avvalora questa tesi l’epilogo della commedia, in cui Maria Alberta decide di abbandonare la casa dopo aver cinicamente accollato al marito una pesante cartella esattoriale per un negozio gestito insieme in passato: “è intestata a te”. Sorprendentemente tragico il finale, che fa di questa commedia, a tratti dai ritmi “Scarpettiani” un’occasione di riflessione da non sprecare, in cui tutti i personaggi in scena trasmettono una grande umanità, ognuno alle prese con le proprie fragilità. Suggestiva l’ultima scena, con il buio che scende sul palco e un’unica luce a far risaltare, guarda caso, il grande quadro di San Sebastiano a ricordarci il senso di quanto visto.
Argomento delicato e attualissimo che viene trattato con realismo e reso divertente dalla bravura degli interpreti e da un testo con perfetti tempi comici. Màrtiri, tutti, alle prese con le problematiche tremende di situazioni simili.. “la faceva facile Basaglia”, esclama Attanasio in un momento di sconforto. Come nel dipinto che sovrasta la scena, le frecce del martirio trafiggono ogni personaggio, dal povero Remigio al fratello suo tutore, un Casertano assoluto mattatore, dilaniato dalle preoccupazioni per il fratello e per una moglie in fuga da quello che era stato un grande amore ormai spento, interpretato da una Fioretti convincente e sensuale. Frecce che non risparmiano nemmeno Gina (Maria Lauria), la vulcanica vicina di casa, che si innamora di Attanasio senza essere corrisposta. In tutto questo, la riflessione su cosa è veramente la follia, se davvero quella di Remigio, felice tra le sue provole, o quella del resto dei personaggi, risucchiati in un vortice dal crollo di ogni certezza, economica, sentimentale, di valori. Forse è una condizione che riguarda tutti, come affermava appunto il dottor Basaglia (“La follia è una condizione umana. In noi la follia esiste ed è presente come la ragione”). Avvalora questa tesi l’epilogo della commedia, in cui Maria Alberta decide di abbandonare la casa dopo aver cinicamente accollato al marito una pesante cartella esattoriale per un negozio gestito insieme in passato: “è intestata a te”. Sorprendentemente tragico il finale, che fa di questa commedia, a tratti dai ritmi “Scarpettiani” un’occasione di riflessione da non sprecare, in cui tutti i personaggi in scena trasmettono una grande umanità, ognuno alle prese con le proprie fragilità. Suggestiva l’ultima scena, con il buio che scende sul palco e un’unica luce a far risaltare, guarda caso, il grande quadro di San Sebastiano a ricordarci il senso di quanto visto.
Una commedia al suo esordio nel Teatro
de’ Servi di Roma, forse da limare in qualche tempo eccessivamente lungo, ma si
sa che una prima è il vagito di un neonato che avrà il tempo di crescere.
Paolo Leone
“Una casa di pazzi” – scritto e diretto da
Roberto D’Alessandro
Con: Roberto D’Alessandro, Enzo
Casertano, Maria Lauria, Maria Cristina Fioretti.
A proposito di Basaglia, ti consiglio di leggere un libro interessantissimo pubblicato da un autore preparato in materia delle Edizioni Psiconline, poi ti scrivo in privato. Hai fatto bene a sottolineare attraverso questa attenta recensione il problema dimenticato di tanti poveri martiri che arrancano in questa ingiusta società, dove non c'è posto per loro: E ognuno, in fondo, andrebbe fatto santo in vita, per la forza interiore che possiede nella lotta alla sopravvivenza.
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