Giuseppe Verdi è da
molti conosciuto come fonte di genialità straordinaria che ha permesso l’uscita
della musica dalle corti e dalle cappelle, che ha fatto diventare protagonisti
del dramma umano una prostituta (la Traviata), uno zingaro (il Trovatore), un
deforme (il Rigoletto) e che ha cercato di unificare i valori della patria
esaltandone proprio le sue diversità a livello personale e sociale. Questo aspetto
infatti era rispecchiato anche nella scelta dell’accordatura.
In quell’epoca
infatti ogni città accordava gli strumenti secondo gli usi e le abitudini locali, non esisteva
un’accordatura condivisa. Questo significava che il compositore doveva tenere
conto del luogo in cui la sua opera veniva eseguita, affinché questa avesse una
resa ottimale. I classici della tradizione italiana precedenti a Verdi avevano
prediletto un’accordatura bassa e calda che si confacesse meglio ad una
percezione del suono più piena, come del resto aveva fatto anche W. A. Mozart, ma
tuttavia questa usanza si era persa col tempo. Egli infatti non apprezzava le
sonorità troppo acute e squillanti così
diffuse tra i suoi contemporanei, poiché queste avrebbero potuto far
perdere la ricchezza della pluralità dei timbri dei diversi strumenti. Verdi su
questa linea di pensiero sosteneva, scrivendo alla Commissione musicale del Governo
Italiano dell’epoca, che “l’abbassamento
del corista non toglie nulla alle sonorità ed al brio dell’esecuzione, [… ] che
non potrebbero dare gli strilli di un corista troppo acuto”. Egli quindi si
batté per ottenere un’accordatura più grave, accettata a livello nazionale,
cosa che riuscì ad ottenere con non poche difficoltà solo nel 1884 grazie ad un
Regio Decreto.
La filosofia
Wagneriana invece parte da tutt’altro presupposto. Nota è l’esaltazione del singolo,
dell’eroe che può distinguersi dalla massa e diventar un esempio da seguire per
i più, anche col sacrificio della sua stessa vita. Basti pensare a come
Nietzsche abbia inizialmente preso spunto da lui per formulare l’ideale del
Superuomo (Ubermensch). Wagner dunque decise di adottare un’accordatura
decisamente più acuta e squillante che riuscisse ad invadere e a permeare
l’ascoltatore travolgendolo in un fluire di sonorità del tutto nuove per
l’epoca.
Risulta evidente come
questi due “mostri sacri” avessero concezioni molto diverse per la loro musica:
Wagner più improntata ad una unificazione seguendo il principio dell’idolatria
di un uomo superiore alla norma, Verdi invece di come nell’accettazione della
diversità si potesse trovare un’unità. Così le loro sonorità rispecchiano
appieno il loro ideale: l’uno con la scelta di una tonalità più calda e
accogliente, l’altro più tagliente e decisa.
Marco e Massimo
Montella
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